002 - Soufflé afflosciati

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Per una volta nella vita l'appartamento numero dodici nella palazzina era in perfetto silenzio, sebbene non per volontà degli inquilini che lo abitavano.

Poco prima Tony stava tranquillamente strimpellando la sua chitarra, mentre Peggy gli inveiva contro dal letto che poteva pure sforzarsi di suonare qualcosa di decente. Per tutta risposta Tony si mise a cantare ancora più forte qualcosa di estremamente malinconico come «Did you see me bleeding out?» al che Peggy gli tirò contro uno dei suoi cuscini.

Svegliata e contrariata, lanciò uno sguardo al letto a castello vicino al suo, dove Robin stava dormendo. Sebbene all'inizio volesse lasciarlo dormire, annoiata, lo strattonò mettendogli un piede in faccia, il quale l'altro quasi morse, infastidito, facendo lanciare a Peggy un urletto a metà tra l'impaurito e il disgusto.

«Non me ne frega un cazzo, non rompere» brontolò il fratello.

Questo avvenne prima che Philip Orwell imponesse il suo governo e fece ammutolire tutti. Ma come ci riuscì? Non fu per niente facile, in realtà, ma quando Philip aveva uno scopo a cui teneva più di ogni altra cosa, riusciva a tirar fuori lo spirito che risiedeva in lui e a imporsi.

E qual era questo scopo? I suoi soufflé.

Approfittando che Theodore quella mattina era a liceo e che lui per una volta non aveva nessuna lezione, si era messo in testa di cucinare qualcosa di carino. Beh, in realtà Philip cucinava sempre cose carine, ma nel senso che voleva fare qualcosa di particolare, ecco, così aveva iniziato a ricattare tutti. O forse era perché teneva un manganello in mano, chi lo sa.

Robin era subito andato a favore del silenzio per dormire, mentre Tony aveva combattuto e si era lamentato – forse più per rompere la noia che discutere realmente – ma alla fine avevano trovato il compromesso di lasciare alcuni dei dolci al cioccolato per Alexandre e così, soddisfatto, aveva poggiato la chitarra sul divano e si era messo a messaggiare in silenzio, probabilmente sperando di dare fastidio al proprio ragazzo mentre quello era al lavoro.

Quello che più stranamente fu facile da convincere fu proprio Wade.

Il giorno prima, dopo l'incidente della porta con l'ascia e tutto il resto, aveva provato a rimettere la porta al suo posto perché i suoi fratelli si erano lamentati che passasse troppa aria o qualcosa del genere. O forse c'entrava qualcosa la nudità, chi ricorda. Sta di fatto che inizialmente ce l'aveva fatta, era riuscito a rimettere la porta in piedi, anche se bisognava aprirla piano per non farsela cadere addosso e c'era ancora il problema dell'enorme buco centrale... Solo che dopo un altro paio di volte che quella si era ostinata a ricadere – più Peggy che si era lamentata che chiunque poteva entrare con la serratura ancora rotta e aggiungiamo anche qualcuno ancora anonimato che aveva denunciato l'accaduto al proprietario del condominio – Wade purtroppo si era dovuto rassegnare a chiamare qualcuno che gli rimettesse una porta nuova. Era venuto quella mattina presto e chiunque fosse passato di lì non avrebbe mai dimenticato la faccia riluttante e amareggiata con cui Wade l'aveva pagato.

Ora se ne stava abbattuto al bancone della cucina, sorseggiando silenziosamente il proprio caffè, aspettando l'ora per andare al lavoro; così Peggy andò da lui cercando di non fare rumore e gli mostrò una nota sul suo cellulare in cui aveva scritto "Accarezzami i capelli mentre mi addormento". Sarà che quel giorno Wade era triste, ma l'aveva seguita e, mentre sua sorella si metteva sotto le coperte, lui si sedette accanto a lei sul letto, prendendo a giocare con i suoi capelli con una mano mentre con l'altra scorreva le pagine internet dei giornali sul suo cellulare.

Tutto questo fino a quando un boato non esplose per tutto il palazzo.

I soufflé si afflosciarono.

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