006 - Sogno di una notte non di mezza estate

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«Professoressa Trintignant! Professoressa Trintignant! Theodore sta dormendo!» trillò una voce.

Il suono diede enormemente fastidio a Theodore quando raggiunse le sue orecchie, tanto che strizzò gli occhi, ma si accorse da questo gesto che li aveva chiusi e che un attimo prima stava dormendo, visto che non ricordava cosa stesse facendo. Certo, alcuni di voi potranno dire che spesso non ricordano le cose o che sognano a occhi aperti, ma quello non era il caso di Theodore.

Aprì gli occhi quasi dolorosamente e realizzò di avere la testa poggiata su qualcosa di duro che sembrava essere un banco. Alzò il busto e si guardò intorno: era infatti, apparentemente, in una tipica aula liceale, in cui era già di norma costretto a passare la maggior parte del suo tempo. Attorno a lui i banchi erano occupati da altri studenti che avevano un qualcosa di familiare.

Di fronte a lui c'era la cattedra su cui era appoggiata quella che doveva essere la professoressa: a occhio e croce piuttosto giovane, lunghi capelli biondi legati in alto, gli occhi grandi e verdi sembravano persi nei suoi ricordi, stile anni settanta. Era una bella donna, peccato che Theodore Orwell non provasse il benché minimo interesse a riguardo. Quella sembrò ignorare totalmente la voce che Theodore aveva udito prima e poté intuire che essa apparteneva a una ragazza al primo banco che era voltata verso di lui e digrignava i denti, come se infastidita dal fatto che non fosse stato richiamato; aveva i lunghi capelli castani, un po' crespi, con la frangia, e gli occhi scuri che lo fissavano. Theo corrugò la fronte perché quella ragazza era palesemente Tempest Brennan, la tizia dell'appartamento numero otto al terzo piano.

Che diavolo ci faceva Tempest in classe con lui?

Si voltò verso gli altri suoi "compagni" e quasi gli venne un colpo: al banco di fianco a lui c'era sua sorella Peggy, che però sembrava ringiovanita di qualche anno. Ma era decisamente lei e Theodore avrebbe potuto riconoscerla in qualsiasi caso per lo smartphone in mano con tanto di cover glitterata.

«Perché diavolo sei in classe mia?» domandò, un po' perplesso e quasi disgustato.

Sua sorella si fermò per un attimo da qualsiasi cosa stesse facendo col cellulare e si voltò verso di lui, sfoggiando un'espressione schifata di rimando e Theodore non poté che essere ancora più sicuro che fosse lei.

«Sto aspettando di prendere un diploma per andarmene» ripose e il minore degli Orwell non poté che concordare mentalmente.

Il suo sguardo poi si posò qualche banco più in là, dove una testolina bionda spiccava tra tutti, appartenente un ragazzo intento a prendere appunti senza tregua. Dietro di lui un ragazzo dai capelli corvini legati indietro in una crocchia e gli occhi azzurri, che stava sorridendo maliziosamente, divertendosi nel dare dei piccoli calci alla sedia del biondo davanti per dargli fastidio. Theodore sussultò e sgranò gli occhi perché non c'era alcun dubbio: quel ragazzino moro era suo fratello Anthony, tale e quale alle foto nei suoi anni da liceale. Era intuibile quindi chi fosse il biondo dall'aria familiare che occupava il banco di fronte e, alla visione di quei due che facevano gli innamorati anche lì, Theodore quasi sentì i conati di vomito salirgli in gola.

Alexandre con aria scocciata si voltò di scatto all'ennesimo calcio. «Smettila, è una lezione importante!»

Spoiler: non lo era.

La professoressa Trintignant stava parlando delle sue avventure giovanili sin da quando Theodore si era svegliato e il giovane si chiedeva da quanto stesse continuando.

Tony roteò gli occhi e il suo sorriso divenne ancor più grande. «Dimmi che non stai seriamente prendendo appunti su quella volta in cui fece paracadutismo sulle alpi francesi perché potrei prenderti in giro per il resto della mia vita» lo avvertì.

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