Capitolo 18

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ALEC

Avevo appena accettato di tenere un cane che sarebbe diventato una bestia una volta cresciuto in un appartamento che stava già stretto per due persone... cos'avevo nel cervello? A parte l'immagine seminuda di Paige che usciva dal nostro bagno, certo.

Però dovevo ammettere che stringerla nuovamente tra le braccia mi fosse mancato.
Finalmente sapevo perché fosse così distante da noi - da me - e perché tentasse di allontanarci ad ogni costo. Finalmente mi aveva parlato, mi aveva raccontato tutto quello che quell'essere - perché sarebbe stato terribilmente offensivo chiamarlo "uomo" - le aveva fatto passare. Questo stava a significare che aveva cominciato a fidarsi di me, il che era già qualcosa.

«Ora magari, per ringraziarmi, potresti venire a letto con me.» e non passò neanche un secondo che mi ritrovai lo stampo delle sue cinque dita sulla guancia, la sua espressione era sconcertata «Sei un pervertito, Alec.» sbottò.

«Non intendevo quello, anche se mi incuriosisce sapere perché l'hai pensato. Intendevo per dormire, solo dormire. A meno che tu non voglia fare altro: sono aperto a tutto, lo sai.» le sorrisi, ma lei alzò gli occhi al cielo e mi si allontanò.

Era brava nell'allontanarsi dalle persone, in questi mesi l'avevo imparato bene. Avevo provato diverse tattiche, tutte erano fallite miseramente, ma non mi sarei dato per vinto. Lei scappava? Io l'avrei rincorsa.

«Ti ringrazio, ma come ho già detto, resterò in salotto con Regen.» mi liquidò e si andò a sedere sul divano, e quando capii che per nulla al mondo si sarebbe spostata da lì, le portai il mio cuscino ed una coperta per far si che potesse stare più comoda.

Dopo tutto ciò, e dopo essermi assicurato che non volesse per nulla dormire con me –ricevendo un secondo schiaffo sull'altra guancia- me ne andai in camera, capendo di aver perso quella battaglia.

Mi girai e rigirai per qualche ora, poi mi decisi ad alzarmi ed andai a prendere un bicchiere d'acqua. Sorseggiai e guardai nella penombra il divano sul quale dormiva la creatura più bella che avessi mai visto. E non mi riferivo al cane.

Me ne tornai a letto, ma di dormire proprio non se ne parlava, così ritornai in cucina.

Erano ormai le quattro del mattino e mi ero scolato due litri di acqua, ero andato in bagno e poi a letto, ma nulla. Ero più sveglio che mai.

All'ennesimo viaggio verso il frigorifero sentii la vocina di Paige sgridarmi «Ti decidi a prenderti quella dannata bottiglia di acqua e portartela in camera?»

Mi voltai verso di lei e la trovai a fissarmi, così le sorrisi «Scusa, non volevo svegliarti.» mormorai, sapendo però che riusciva a sentirmi.

«Non mi hai svegliata.» disse a sua volta, alzandosi «Non riuscivo a dormire con il rumore di tutta questa pioggia.» si avvicinò a me ed appoggiò il bacino al ripiano della cucina, incrociando le braccia al petto.

«Ti capisco.»

Versai in un bicchiere dell'acqua e glielo porsi «Sete?» lei scrollò le spalle ma accettò e la guardai mentre beveva. Era bellissima anche quando faceva le cose più insignificanti. La piccola mano stringeva il bicchiere senza troppa pressione ed era solita tenere il mignolo leggermente alzato, l'avevo notato ormai da tempo. Le labbra dischiuse accoglievano piccoli sorsi d'acqua che mandava giù lentamente. Una goccia le scivolò a lato della bocca per poi percorrere il mento, il collo ed andò a finire dentro alla felpa che mio fratello le aveva prestato, ma seguire quella gocciolina mi bastò per far libero sfogo alla mia immaginazione.

«Che c'è?» mi chiese, guardandomi corrucciata.

«Nulla, pensavo solo che, dato che nessuno dei due sembra riuscire a dormire, potremmo farci compagnia.»

SORRIDIMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora