2. Ci chiamano vampiri (ANTEPRIMA)

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Mi concedo qualche altro secondo per scandagliare gli arbusti fitti e secchi che mi circondano. Gli alberi sono raggrinziti, sottili e alti, con un intricato tappeto di radici e foglie intenzionato a rompermi una caviglia. Il cielo si sta pian piano oscurando, ma non ho freddo; mi sento avvolta in uno strato di plastica inerme. Dentro, è come se tutti i miei muscoli si comprimessero dolorosamente. Questa però è un'occasione servitami su un piatto d'argento, è la prima volta che Logan mi lascia da sola così a lungo; forse ha pensato che non avessi abbastanza forza per alzarmi, figuriamoci per trovare o ricordare l'uscita. 

Mi stringo forte le braccia e comincio a correre in una direzione a caso, incapace di concentrarmi. Prendo velocità, le mie gambe spingono nella terra spezzando rami mentre la mia testa si abbassa e schiva, poi, improvvisamente, il paesaggio sfreccia ai miei lati e mi fermo di colpo, inciampando e facendo una specie di capriola imbarazzante. 

"Ma che diavolo..." 

Mi affretto a tirarmi giù la gonna, per poi affondare violentemente le unghie nella stoffa, come se potessi trattenere quel qualcosa di incontrollabile che sta per scoppiarmi dentro. Non ho mai corso così veloce, ho sentito le frustate dei rametti più bassi e sottili sulle guance, i frammenti di corteccia graffiarmi i piedi, e ora che mi osservo vedo delle piccole striscioline insanguinate, sui polsi e sulle gambe. 

Che si rimarginano all'istante. Rimane solo la pelle sporca. 

Mi balza il cuore in petto e mi rimetto in piedi di scatto, quasi a volermi levare il corpo come un sacco e lasciarlo lì. Ripenso a ciò che mi ha detto Logan, la prima frase con più di tre parole che si è degnato di rivolgermi dopo la Grande Botta, da quando mi ha stravolto la vita. Un attimo ero con Tati, quello dopo... bum!, non ricordo nulla, solo gli occhi di ghiaccio di questo mostro. Mi sono svegliata in una macchina, in preda a dolori lancinanti, poi sono svenuta di nuovo, e la seconda volta in cui ho aperto gli occhi mi sono trovata in quello stupido motel da quattro soldi. Il primo giorno l'ho passato strillando, tentando di scappare, di aggredirlo, di chiedere aiuto, rotolando sul letto con le mani premute sullo stomaco e la lingua fra i denti per cercare di concentrarmi su quella pressione piuttosto che sul dolore. La mia borsa con cellulare e documenti era già sparita, e Logan non aveva ancora aperto bocca una sola volta. Era rimasto immobile in un angolo, a braccia conserte, dicendomi, infine, che non avrei risolto nulla. Al massimo si era tolto la giacca in pelle nera, lasciando una maglia azzurra a evidenziargli il fisico longilineo assieme ai jeans neri. Una volta ho fatto finta di dormire, aspettando di vederlo uscire con la coda dell'occhio: quando ho aperto la porta per scappare ho trovato ad attendermi il suo petto, e successivamente, alzando lo sguardo, il suo volto minaccioso. Sì, minaccioso, c'è qualcosa che mi minaccia in tutti i suoi gesti, in tutta la sua persona. Qualcosa che mi mette i brividi. Il secondo giorno ha chiamato una cameriera. È entrata con fare annoiato, arrotolando una ciocca bionda con due dita e affondando l'altra mano nella tasca del grembiule bianco e lindo. Non ho proprio idea di come possa essere finita a lavorare in quello squallore. Quando ha visto Logan avvicinarsi a lei imperturbabile, ha sorriso tirando indietro una spalla, per poi lanciare un grido quando lui le ha afferrato il collo da dietro e l'ha sospinta davanti a sé. Le ha intimato che se fosse stata zitta, non le sarebbe successo niente di male, allora lei si è subito ammutolita, ricambiando il mio sguardo terrorizzato. Almeno ha capito subito che ero una vittima e non una complice, la bionda. Nessuno si era mai insospettito delle mie grida, o forse ci trovavamo in una stanza talmente isolata da ritenerci al sicuro da occhi indiscreti. Effettivamente c'era talmente tanta polvere che poteva attutire i suoni, ironicamente parlando. Sono scattata in piedi dimenticando il dolore e artigliando la spalla di quel pazzo. 

"Che fai, razza di squilibrato?!" 

Ha scostato i capelli della nostra sventurata ospite su una sola spalla, e me l'ha avvicinata con uno scossone. Una fitta lancinante mi ha tagliato in due, più forte delle altre, ma ho fatto finta di niente. "Stai così perché hai fame, ragazzina, il tuo organismo sta cambiando. Il tuo sangue, sta cambiando. Può assumere due caratteristiche: o estremamente distruttivo, come ora nel tuo caso, o curativo, ma solo se lo misceli con quello umano." 

Hybrid - L'altra me (In libreria!)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora