UNA SETTIMANA

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È passato ormai qualche anno, ma ancora ricordo tutto di quella prima settimana in ospedale. Ero accanto a te e ti guardavo con ammirazione e dolore mentre imparavi ad essere responsabile di te stessa ed autonoma in tutti i momenti che, con metodica regolarità, scandivano la tua giornata. C'erano obblighi da cui non potevi sfuggire! Noi non abbiamo mai avuto la sensazione di sentirci sotto pressione, quasi invece li aspettavamo con curiosità e voglia d'impadronirci di ogni piccolo segreto che ormai faceva parte di te.

La prima mattina un'infermiera ti ha annunciato delicatamente il suo arrivo, tentando di rendere il tuo risveglio, ancora non illuminato dalla luce dell'alba, meno traumatico possibile.

«Buongiorno Viola, dormito bene? Ti lascio il glucometro per la prova». Faticosamente, cercando di vincere il sonno, le hai accennato un sorriso. «Sì, sì ora la faccio... un minutino ancora» le hai risposto, cercando di allungare quanto più possibile il tuo riposo.
La seconda chiamata è stata invece perentoria.
Sei emersa dalle coperte con la faccia stropicciata e seduta sul letto hai fatto la prima prova della giornata, mentre lei ti assisteva e controllava, per poi registrare il valore della glicemia.

Per tutto il giorno i medici si sono confrontati direttamente con te, trasmettendoti considerazione e fiducia nelle tue capacità, mentre io e papà assistevamo increduli e anche un po' orgogliosi, ai tuoi primi approcci con quel misterioso e complesso mondo che tentavi di fare tuo.

Noi tre, come un'unica entità, abbiamo iniziato a essere educati, istruiti, aiutati e supportati psicologicamente, per far fronte all'enorme carico che ci aveva investiti, illudendoci che il tempo ci avrebbe aiutato a trovare pace e rassegnazione.

In quei primi momenti c'erano tante cose che mi tormentavano, tante domande e dubbi che insinuavano il sospetto dentro di me di avere avuto in qualche modo una responsabilità in ciò che ti era successo. Io, la tua mamma mi ero presa cura di te, ero sempre stata così attenta alla tua alimentazione, ti avevo fatto sempre fare tanto sport, illusa di tenerti lontano da ogni pericolo. Invece era successo proprio a noi e non potevo non chiedermi, se e dove avessi sbagliato! A soli undici anni, da un giorno all'altro, ti ritrovavi a dover capire cosa ti stava succedendo, a cercare una spiegazione che forse mai avresti trovato. Forse dovevi solo accettarlo, conoscerlo e provare a conviverci più pacificamente possibile per tutta la vita; non avevi una scelta, dovuto farlo, avresti dovuto trovare un modo... anche se in fondo eri ancora così piccola!

Ciò che più mi tormentava era l'impossibilità di conoscere quello che più profondamente e intimamente accadeva dentro di te, le emozioni, le paure inconfessabili, la rabbia silente che non volevi ascoltare. Mi sorprendevo a chiedermi cosa celavi dietro la tua serena accettazione, dietro al tuo sorriso coraggioso, come se nulla avesse scalfitto la tua vita...

«Mamma, ma il Diabete durerà per sempre?» mi hai chiesto all'improvviso, forse seguendo il corso dei tuoi più intimi pensieri.

Io ho trattenuto le lacrime che ormai riempivano incessantemente i miei occhi e ti ho abbracciato stretta, parlandoti nel nostro modo speciale, senza parole.

Ti sei abbandonata a me, lasciandoti cullare dalle mie braccia, senza forze, senza reazioni apparenti, espiando silenziosamente la rabbia, giustificata dalla mancanza di ragioni plausibili per essere proprio tu destinata a quella sorte, hai avuto finalmente il tuo spazio, in un modo strano, discreto, non eclatante. Poteva sembrare quasi che non soffrissi o che non ti fossi resa conto dell'entità di ciò che ti capitava... Solo io sapevo che non era così.

Siamo state abbracciate a lungo, noi due, come se il mondo intorno a noi si fosse fermato ad aspettare.

Da quel momento tutto è cambiato. Inaspettatamente e miracolosamente, hai trovato il modo di aiutarti da sola, di trovare in te quelle ricchezze che si sarebbero espresse in un'età più matura, il coraggio e l'entusiasmo per la vita che istintivamente ti hanno regalato, anche in quel momento, la fiducia e la serenità per assaporare tutti i momenti che il destino ti aveva riservato. Quella era sempre la tua vita e un po' di aghi e qualche penna per l'insulina non l'avrebbero mai condizionata o limitata.

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