L'inizio

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Correre, correre e correre…io la preda e lui il cacciatore.
Un edificio grigio e scolorito mi si materializzò davanti, vi entrai e cominciai a salire i gradini il più velocemente possibile. Lui era dietro di me, sbattei contro una porta e la aprii. Ero stanca , ero troppo lenta, mi distrassi, inciampai, caddi, sentii i suoi passi veloci avvicinarsi, mi sfiorò, mi prese.
Con forza mi mise in piedi, io con un brusco strattone mi liberai della sua presa e mi allontanai il più possibile da lui, avvicinandomi alla finestra davanti a me. Guardai fuori. Pioveva forte, la città aveva perso i suoi colori, l’acqua senza pietà glieli aveva portati via. L’albero davanti a me gemette sotto il vento insistente e prepotente che con forza cercava di strappargli tutta la sua bellezza e le sue foglie. Si piegò, lottò, non voleva perdere tutti i suoi valori che lo rendevano magnifico e maestoso. Alla fine il vento ebbe la meglio e cominciò a strappargli ad una ad una tutte le sue foglie.
<<Non puoi scappare.  Tu sei mia.>>
Le sue parole leggere mi risvegliarono dai miei pensieri. Non l’avrei mai immaginata così la sua voce, quel suono così profondo e caldo era in forte contrasto con la mia paura.
Abbassai lo sguardo sul davanzale grigio e sporco della finestra. Non avevo né la forza di girarmi né quella di rispondergli. Mi prese per un braccio e mi obbligò a voltarmi. Abbassai lo sguardo e gli fissai le scarpe. Mi sfiorò il mento e delicatamente alzò il mio viso fino all’altezza del suo. I suoi occhi nerissimi, maestosi, profondi ed eterni mi scaldarono lo stomaco, il cuore ed i polmoni. Il mio respiro era sempre più caldo e il bruciore cominciò a pervadermi prepotente. Mentre il dolore conquistava e vinceva il mio corpo, la mia mente rimaneva lucida. Tutto intorno a me si stava sciogliendo, tutto tranne lui. Più sentivo il suo respiro avvicinarsi al mio viso più la sofferenza aumentava, ma non potevo muovermi, dovevo stare li e basta, il mio corpo non era più mio. Sentii le sue labbra sulle mie, fredde in mezzo a tutto quel calore. Erano morbide, piacevoli, sensuali…poi tutto cambiò, quell’attimo di piacere svanì rapidamente e le sue labbra diventarono bollenti, lui le premette sulle mie con prepotenza, facevano male. Volevo gridargli di smetterla, volevo gridare dal dolore, volevo semplicemente gridare. Non riuscivo a respirare. Svenni.

Aprii immediatamente gli occhi e tornai a respirare. Ero sudata, mi scoppiava la testa e le mani non smettevano di tremare. Mi guardai intorno, ero in camera mia seduta sul mio letto. Tirai un enorme sospiro di sollievo e ributtai la testa sul cuscino. Guardai il soffitto bianco, rimasi immobile per un periodo di tempo indefinito. I suoi occhi mi perseguitavano i pensieri.
Era successo di nuovo. Erano mesi che lo sognavo, il sogno era sempre lo stesso, io che scappavo, l’edificio, il panorama dalla finestra, la pioggia. Il finale del sogno invece cambiava sempre, ma in ogni caso lui mi uccideva. Ma stanotte erano cambiate molte cose, avevo sentito per la prima volta la sua voce, lui mi aveva baciata, lui mi voleva.

Mi riscossi e cercai di muovermi. Alzai il braccio e posai l’avambraccio sulla fronte. Avevo tutto il corpo indolenzito e mi maledissi per essere andata a correre il pomeriggio precedente. Si sapeva che non ero tipo da sport estremo, anzi non ero tipo da nessuno sport, e nonostante questa evidenza avevo costretto i miei poveri muscoli a quella terribile tortura, così ora l’acido lattico mi stava uccidendo di dolore. In realtà si era rivelata una misura di salvezza dall’ansia acuta che mi aveva colpito quel giorno. Mi ero appena trasferita da un paesino di pochi abitanti, in cui avevo lasciato tutti i miei amici e la mia famiglia, in una mega ed affollatissima città, l’indomani sarebbe stato il mio primo giorno di università e quindi sarebbe iniziato un nuovo capitolo della mia vita.

Guardai la sveglia sul comodino, indicava le cinque e mezza, questo voleva dire che avrei potuto dormire ancora un’ora. Tentai invano di riprendere sonno, così mi alzai, andai in bagno a darmi una rinfrescata al viso e poi in cucina a bermi un bicchiere d’acqua.
Mi persi a fantasticare sul mio futuro. Mi vedevo circondata da buoni amici, a spasso nel parco per mano con un bellissimo fidanzato e laureata con eccellenti voti. Poi il mio sogno si sgretolò quando la mia “simpaticissima” coinquilina irruppe in cucina accompagnata da una sfilza infinita di insulti.
<<Senti, sei stronza o lo fai? Io quella maledetta sveglia te la distruggo a mazzate se provi un’altra volta a farla suonare ininterrottamente, mi fa saltare i nervi! Vai immediatamente a spegnerla perché se entro io in quella camera la lancio dalla finestra!>> la velocità con cui pronunciò quella frase era da Guinness World Record e la sua faccia rossa come un peperone era da Oscar. Ero concentrata al massimo per non scoppiare a riderle in faccia, non volevo far esplodere una bomba di prima mattina, ma il suo pigiama con le stelline, le sue ciabatte di Minnie e la mascherina per dormire che aveva sulla fronte decorata con unicorni ed arcobaleni non aiutarono di certo, così scoppiai in una fragorosissima risata. La sua faccia cambiò una decina di colori, il più bello fu il verde. Poi si girò stizzita brontolando a bassa voce:
<<Proprio io dovevo trovarmi una cretina del genere come coinquilina.>>
Smisi di ridere solo quando la sentii sbattere la porta del bagno. Come inizio di una nuova avventura non era per niente promettente, almeno il destino poteva riservarmi una compagna di appartamento amorevole e gentile, no?!

La mela d' oro (Concorso 2016♥)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora