1. Consapevolezza

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Sara
"Herion è morto", tre parole, tre pugnalate. Era stata Devon a parlare, ma non sentii più nulla di quello che disse in seguito. L'unica cosa che non riuscivo a concepire era il cambiamento dovuto alla sua assenza. Quando era mancato mio nonno avevo sofferto tantissimo, ma il dolore con il passare dei giorni si era affievolito. Forse era dovuto al fatto che il nonno non faceva parte della mia esistenza quotidiana e che il fatto di non vederlo gironzolare non era cambiato. Le feste in famiglia avevano un posto in meno e il pensiero andava sempre a lui quando il mio sguardo sfiorava la sua sedia, ma le risate in compagnia ed i nipotini, che non avevano ancora cognizione di effetto, ti distraevano subito dal dolore della perdita. Con Herion era totalmente diverso: sentivo una sorta di ingiustizia inspiegabile, un fatto contro natura. I primi giorni non cercai nemmeno spiegazioni, volevo solo metabolizzare il mio dolore. Aurora non si svegliava ed ogni volta che guardavo la sua figura esile e pallida, un senso di angoscia mia pervadeva.
Ti scongiuro, non mi abbandonare, continuavo a pensare, ho bisogno di te.
"Cosa è successo?", mormorai dopo giorni di mutismo luttuoso.
Devon si passò una mano sopra il viso struccato. Sembrava un'altra persona senza il suo trucco nero, era identica ad Aurora. Sospirò e si prese del tempo per rispondere, mentre versava una tisana rilassante in due tazze. Michele era appena entrato in cucina, dopo essere andato a trovare Aurora.
"Ancora niente", disse affranto e con la voce spezzata. Devon soffocò un singhiozzo e Michele la cinse in un abbraccio. In quel momento la invidiai. Non per Michele, ma per il fatto che avesse qualcuno a consolarla. La mia migliore amica era in coma ed le uniche braccia che volevo intorno a me non c'erano più. Devon tirò su con il naso e si divincolò dall'abbraccio, sedendosi di fronte a me e passandomi una tazza fumante. Tisana alla rosa: cura il cuore infranto.
"Qualcuno ha cercato di uccidere Aurora", si pronunciò salda Devon. "Non so chi e non so il perché, l'abbiamo trovata priva di sensi ai Giardini Reali. Senza Anna non saremmo mai riuscite a trovarla", disse riferendosi a lei e a Slaine. "Non abbiamo trovato il corpo di Herion, ma sappiamo con sicurezza che il legame con il famiglio si è spezzato", gli occhi umidi fecero presagire il peggio, "È purtroppo il legame si spezza quando il famiglio muore", finì in un sospiro strozzato. Quelle parole furono la ghigliottina sul mio cuore.
"Non so come sia possibile, ma Aurora è ancora viva. L'ipotesi è che con il sacrificio di Herion lei si sia potuta salvare", il messaggio era chiaro: Herion non c'era più a prescindere da cosa fosse successo, a prescindere da tutto. La verità la conosceva solo una persona, Aurora.
"Perdere un famiglio è la cosa più brutta e triste che possa succedere ad un cacciatore", mormorò sfiorando con le dita affusolate il suo medaglione. Io mi sentii peggio. In quel momento realizzai che non avevo fatto altro che pensare a me stessa e al dolore che provavo per la mancanza di Herion, non avevo nemmeno lontanamente pensato a quello che avrebbe passato Aurora al suo risveglio. Sono un'amica di merda, pensai distrattamente. Come potevo non averci pensato? Forse in cuor mio avevo dato la colpa a lei, come se la mia sofferenza fosse più importante di qualsiasi altra cosa, dal momento che Herion mi piaceva. Come poteva essere colpa sua? Quale persona sana di mente avrebbe distrutto una parte del suo essere? Mi schiaffeggiai mentalmente per la mia infantilità, vergognandomi come una ladra. Cercai di nascondere gli occhi per paura che Devon e Michele leggessero dentro di me l'inettitudine.
"Come sai che qualcuno ha cercato di uccidere Aurora?", la mia voce era così flebile. "Non è possibile che abbiano semplicemente fatto del male ad Herion e che lei si sia sentita male per questo?", chiesi supplichevole sperando che Aurora non avesse passato cose peggiori della perdita del suo famiglio.
Devon contemplò il soffitto per una quindicina di secondi prima di rispondere. In questo era tale e quale ad Aurora: si leggeva negli occhi che cercava di soppesare le parole, forse per renderle più comprensibili o forse per parlare senza versare lacrime. La cosa non mi pesava, perché ero abituata. Aurora non parlava mai di quello che provava, la conoscevo bene ormai. Però se le chiedevo qualcosa, non mi risparmiava nulla, mi diceva tutto senza rimpianto. Adoravo questo suo lato, perché mi faceva sentire importante. Opprimerla non sarebbe mai servito, perché era come un riccio di mare: più la toccavi e più si chiudeva.
"C'è questo sortilegio...", sussurrò per poi tossicchiare e parlare ad un volume più alto, "Facendo parte della dinastia dei Druidi, Anna ha potuto vedere le condizioni di Aurora attraverso una sorta di incantesimo. È una magia potentissima, difficile da richiamare anche per un Druido anziano come lei: Ahm nol rah. Ha rischiato di essere punita dal Consiglio, perché ci sono sortilegi potenti come questo che devono essere sottoposti ad una richiesta formale...", abbassò di scatto la testa per nascondere con i capelli lisci e corvini una vergogna che tinteggiava le guance. "Ma non c'era tempo...", bisbigliò.
Michele le accarezzò piano le spalle. Anche lui era provato per A, anche se cercava di sostenere Devon. Le borse sotto agli occhi erano sempre più gonfie e violacee, non dormiva mai. Molto spesso tornava a casa per cambiarsi i vestiti e farsi una doccia, ma poi tornava subito per vedere come stava Aurora. Lo ammiravo davvero molto per quello che stava facendo.
Eravamo come piccoli naufraghi in un mare di sofferenza e preoccupazione, mentre lui era la scialuppa di salvataggio che barcollava nella tempesta, ma che alla fine metteva tutti in salvo.
Devon si tirò su dandosi un contegno e piantando il suo sguardo verde nel mio.
"Questo sortilegio permette di vedere le condizioni fisiche che un cacciatore ha avuto nell'arco delle ultime ventiquattro ore", si morse l'interno della guancia e guardò in alto portandosi una mano sotto al mento, cercando di trovare una spiegazione migliore. "È come una specie di check-io completo", annuii. Studiando scienze infermieristiche e facendo tanti tirocini all'ospedale, riuscivo a comprendere il linguaggio medico meglio di qualsiasi altra cosa.
Lei annuì di riflesso, poi si passò una mano tra i capelli e si inumidì il labbro con la lingua.
"Aurora è clinicamente morta il tredici marzo alle due e sei minuti del mattino", lapidò. "Il minuto dopo è tornata nel mondo dei vivi, in coma. Il problema è che non abbiamo idea di come sia morta, l'Ahm nol rah non lo dice", si guardò intorno come le stesse sfuggendo qualcosa.
"Sappiamo che ci faceva lì?", sbottò Michele di colpo. "Dovremmo chiedercelo, non vi pare?", mi stupii del tono con cui lo chiese, quasi accusatorio nei nostri confronti. Serrai le labbra per non rispondergli male, poi mi concentrai, per poi abbassare la testa sul tavolo sconfitta.
"Non ne ho idea", mugugnai.
"Ricostruiamo i fatti", propose Devon con una nuova luce negli occhi. Probabilmente tenere impegnata la mente cercando di scoprire qualcosa, la allontanava dalla preoccupazione per la sorella e dal dolore per Herion.
"Aurora si è allontanata da noi per proteggerci", iniziò Michele, guardando il tavolo. Aurora non aveva addosso segni o ferite. Come poteva essere entrata in coma?
"La sera che sei stata attaccata...", spalancò gli occhi, guardandomi. Io non ero cosciente la sera disastrosa, quindi non riuscivo a capire dove volesse andare a parare.
"Era diventata un Vuoto", concluse. Quindi aveva interagito con delle erranti. Potevo sentire gli ingranaggi delle nostre teste vorticare incessantemente nella stanza silenziosa.
"Ma questo non è rilevante, le erranti non possono nuocere il Confine, anche nel caso sia un Vuoto, no?", chiesi tra me e me insicura. Non potevo dire con certezza cosa le fosse capitato.
"Pensate che sia rimasta un Vuoto troppo a lungo tanto da uccidere Herion?", domandò Devon guardandoci. Scossi la testa convinta: non poteva essere così. A non l'avrebbe mai fatto e soprattutto il sortilegio di Anna aveva messo in luce che Aurora prima del coma fosse clinicamente mancata per un minuto intero. Herion era scomparso per quello.
"Impossibile. Qualcuno ha provato ad uccidere Aurora", ripetei ad alta voce, "la vera domanda è: chi può volerla morta?", mi mordicchiai un'unghia in cerca di una risposta valida che non arrivava.
Devon si alzò e iniziò a girare per tutta la cucina, in una vera e propria crisi. Il mio sguardo la seguiva, mentre quello di Michele, che di solito era rivolto verso Devon come un girasole che cercava il sole, era ancora assorto. Guardava il tavolo, ma non lo vedeva realmente. Ad un certo punto si alzò in piedi sbattendo le mani sulla tovaglia di plastica.
"Un Confine può...morire con un bacio", meditò. Come avevo fatto a non pensarci prima?
"Non è che muore", precisai, "diventa un Vuoto, cessa di esistere", confutai ricordando il racconto di Aurora prima di incontrare Devon.
"Ma lei è già un Vuoto", ribatté lui svelto, alzando le sopracciglia. Effettivamente la cosa era piuttosto logica.
"Ma il bacio deve essere dato dal prossimo Confine", continuai. Michele non abbandonò l'espressione precedente.
"Stai dicendo che Aurora è andata a cercare il prossimo Confine per non esistere più? Senza pensare ad Herion?", urlai indignata. Non volevo crederci. Non poteva essere vero.
Michele abbassò lo sguardo.
"Non dico questo... ma penso che sia una probabilità da non scartare", mugugnò alzando le spalle e grattandosi la base della nuca.
"Io direi che tutto questo è irrilevante ora", si pronunciò la cacciatrice.
"Irrilevante?", ripeté Mick. La guardò confuso.
"Sì, perché ora come ora solo una persona sa veramente cosa sia successo: Aurora. E adesso possiamo solo fare supposizioni che possono essere corrette come scorrette", disse ferma.
"Quindi cosa proponi di fare?", la disperazione di Michele era più che orecchiabile e rifletteva pienamente la mia.
"Aspettare", concluse lapidaria. Come se non ci fosse più nulla da dire.
Seguirono un paio di minuti di silenzio assordante. Dentro di me sapevo che non sarei mai riuscita ad aspettare. Avevo bisogno di risposte, avevo bisogno della mia migliore amica.
Subito dopo, un rumore nella stanza adiacente ci risvegliò, era la camera di Aurora. Devon corse subito verso la porta, seguita da me e Michele speranzosi di vedere Aurora sveglia.
Ci fermammo in prossimità dello stipite, mentre Devon si sedette sul letto. La stanza non era così grande da contenere noi tre è tutta la nostra ansia. Poi vidi i suoi occhi diversi aprirsi con sforzo e un sollievo improvviso si impossessò di me.
"Devon?", gracchiò Aurora con la voce pastosa come una manciata di terra sepolcrale.

Anatema II - The TrianglesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora