Ricorderò sempre il giorno che lo conobbi. Uno sguardo come il suo è difficile da dimenticare.
Mi ero appena trasferita a Trento da Treviso. Mio padre aveva trovato lavoro qui ma io non ero molto contenta all'idea. Cambiare vita, nuovi amici, nuove abitudini, diciamo che la proposta non era la più allettante ma dopo vari tentativi e promesse false da parte di papà mi convinse e il 13 settembre sarei andata ufficialmente a vivere a Trento.
Andavo in seconda media quindi il periodo dell'adolescenza, il periodo più bello di tutta la vita. O almeno così dicevano. Mamma si era offerta di accompagnarmi il primo giorno di scuola, accompagnarmi verso le porte dell'inferno. Ora voi penserete ai soliti drammi letterali, trova l'amore e si insomma le solite storie e le solite affermazioni di una storia diversa e per quanto ne so, la mia avventura era del tutto normale.
Quell'anno ero nella classe 2^A e, mentre chiedevo alla bidella dove si trovava, mamma mi diede un bacio sulla guancia augurandomi "Buona fortuna!". Non l'avesse mai fatto! Ero del tutto sola e spaventata quindi, seguendo la bidella su per le scale, ripensavo tra me e me cosa potesse aspettarmi oltre quella porta. Magari i compagni erano antipatici e non mi piacevano oppure semplicemente io non piacevo a loro, cosa del tutto più plausibile. La signora si fermò di fronte ad una porta alta e marrone, sulla quale era appoggiato un foglio con su scritto 2^A. Ringraziai la donna ed entrai. Gente seduta sui banchi, altri in piedi, un chiacchiericcio diffuso, si insomma, i soliti studenti che attendono il suono della campanella. Mi sedetti in primo banco in disparte finché la campana segnò l'inizio delle lezioni. La porta si aprì di colpo ed entrò una signora minuta. "Salve ragazzi io sono la professoressa Fabris, la vostra insegnante di matematica e scienze." Al tempo non eravamo ancora coscienti dell'esistenza della fisica e del fatto che i professori di matematica e scienze fossero due persone diverse. "Ora per conoscerci meglio farò l'appello e voi dovrete raccontarmi qualcosa di voi". In quell'istante la porta si aprì di colpo ed entrò un ragazzo con il fiatone. Mi ero accorta che mancava qualcuno poiché il banco di fianco al mio era rimasto vuoto e noi in classe eravamo 22. "Signor Leveghi! In ritardo già il primo giorno? Vuole percaso restare bocciato pure quest'anno?" Lo rimproverò la prof. "No prof. mi scusi, non è suonata la sveglia." "Sempre le solite scuse Giovanni, quando comincerai a dire la verità? "
Giovanni cominciò a guardarsi intorno e notò che l'unico posto libero era quello accanto al mio. Mi guardò e sedendosi alzò le spalle. "Bene ragazzi cominciamo con l'appello." Un sacco di nomi, finché non capitò quello del mio compagno di banco. "Sì emh io sono Giovanni Leveghi, abito a Trento e mi piace molto giocare ai videogiochi." "Va bene Giovanni." Altri nomi finché non disse il mio. "Amelia Scott?" "Presente! Allora io sono Amelia, mi sono appena trasferita qui a Trento da Treviso e faccio danza classica. Mi piace molto ballare e giocare alla wii" "Grazie Amelia." Mentre parlava notai che il mio vicino di banco sbuffava e alzava gli occhi, come se non mi sopportasse, ma forse era solo una mia impressione. Il resto della mattinata passò tranquilla. Durante la ricreazione una ragazza di nome Viola si avvicinò a me e mi chiese come mi sembrava la scuola e la classe. Era molto gentile da parte sua ed era anche molto simpatica. All'uscita di scuola vidi mia mamma che mi aspettava e le corsi incontro. Le raccontai dei professori, di Viola, degli altri compagni. Sembrava contenta perché, essendo io particolarmente timida, era difficile per me ambientarmi in un nuovo posto.
Con il passare dei mesi legai moltissimo con Alice e soprattutto con Giovanni. Era diventato il mio migliore amico e mi ero innamorata di lui con il passare del tempo. I due anni delle medie passarono velocissimi e durante essi io e Giovanni diventammo migliori amici. Io non credo nei migliori amici, perché alla fine uno si innamora sempre dell'altro e così è stato. Mi sono innamorata persa di Giovanni e senza di lui non posso stare. Sto ascoltando musica, classica per l'esattezza, mentre, tra le note di Marika Takeuchi, ripenso a noi. L'estate tra la terza media e la prima superiore fu la più bella in assoluto, ma anche la più brutta. Io e Giova eravamo sempre insieme tanto che i nostri genitori credevano stessimo insieme. "Magari" dicevo io. Ormai io vivevo a casa sua e spesso con noi c'era anche Andrea, il suo vicino di casa, lui era in 3^C quindi ci vedevamo già a scuola. Andrea aveva una cotta per me, Giova me lo aveva detto, e io non sapevo più come comportarmi da quel giorno, d'altra parte tutt'ora è uno dei miei più grandi amici.
L'ultimo giorno d'estate eravamo a casa di Andre a giocare con la wii, peccato che non ce l'abbia più, era bellissimo fare le sfide a Just Dance 2 contro di loro, vincevo sempre io. La sera avevamo deciso di andare a mangiare fuori insieme perché, dal giorno dopo avremmo frequentato scuole diverse e non avremmo più potuto vederci tanto spesso. Erano le 6:30 e decisi di tornare a casa per prepararmi. Avevo da poco preso un vestito bianco con il pizzo e optai per quello, quella sera infatti mi sarei dichiarata finalmente a Giova, con l'aiuto di Andrea. Decidemmo di trovarci in piazza, per poi andare a mangiare in una pizzeria poco distante. Una volta arrivata aspettai 5 minuti e, finalmente, gli vidi arrivare. Andrea si lasciò scappare un "sei uno schianto" e Giova era rimasto a bocca aperta, questo era un buon segno. La serata procedeva tranquilla tra ansie e sorrisi, finché non arrivò il momento. Presi Giovanni in disparte e con lui tutto il coraggio che avevo in corpo. "Giova.. t-tu mi.. piaci." Riuscì a dire solo questo. Lui mi guardò e io feci lo stesso, abbozzò un sorriso per poi abbracciarmi, forte, veramente tanto e mi diede un bacio in fronte. "Amy, anche tu mi piaci... ma solo come amica.. mi dispiace.." BOOM, FRIENDZONE. Cominciai a piangere, lui mi prese il viso e mi diede un leggero bacio sul naso, asciugandomi le lacrime, non avevo la forza di guardarlo in faccia. Andrea nel frattempo era uscito dal ristorante e corse verso di me. Vedendo le lacrime sul mio volto si rivolse a Giova con un'occhiataccia e mi abbraccio cercando di consolarmi. Nel frattempo il biondo mi mise una mano sulla testa accarezzandomi, mentre io singhiozzavo sul suo petto. Giovanni non parlava, restava in silenzio e ci osservava. Dopo essermi calmata guardai il ragazzo che mi teneva tra le braccia e gli sorrisi. Mi girai verso Giova, lo fulminai con lo sguardo e me ne andai, seguita da Andrea.
