Capitolo 1 - Ombre nella notte

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Era notte, la pioggia cadeva fitta e placida a bagnare i rossi edifici di mattoni che costituivano la città di Irkfas. Le piazze, le vie e i palazzi giacevano immobili, assopiti come i loro abitanti che, dopo avervi brulicato come scarafaggi per l'intera giornata, se ne stavano ora rintanati nelle proprie abitazioni, in attesa che il sole sorgesse per riprendere le loro monotone vite.
Non una singola anima si aggirava per le sudice strade della città, facendola apparire come un deserto di mattoni cremisi.
Silas Jenkins odiava quella città.
Vi aveva trascorso tre anni del proprio addestramento e non era mai riuscito ad abituarsi al senso di oppressione che la pioggia e la penombra costanti di Irkfas gli trasmettevano. Era una città fondata sull'ingiustizia e la corruzione, dove una manciata di uomini ricchi e potenti si dava alla bella vita mentre gli abitanti più poveri lavoravano fino a rompersi le ossa per un tozzo di pane o erano costretti ad arruolarsi per mantenere le proprie famiglie.

"Non è il momento di pensare a queste faccende..."

Silas scosse il capo per scacciare i pensieri che lo distraevano e tornò a concentrarsi sui dieci metri che lo separavano dal suolo. 

Si trovava sul tetto di una lussuosa villa al centro della città. Lo splendido edificio era circondato da un praticello pieno di piccoli fiori viola delimitato da un muro di mattoni che correva lungo tutto il perimetro della proprietà separandola dal mondo esterno.

Un fulmine squarciò il cielo e per un secondo la sua luce illuminò la sagoma sul tetto della villa. In quel pallido chiarore si presentò la figura di un ragazzo di vent'anni interamente vestito di nero. I suoi occhi due pozzi di pura oscurità incastonati in un volto d'ebano, la bocca un taglio orizzontale circondato da una corta barba. I capelli lunghi e neri ricadevano sulle sue spalle raccolti in una quindicina di spesse trecce. Indossava un paio di pantaloni scuri e stivali di pelle alti fino al ginocchio. Sotto una camicia nera si intuiva un fisico asciutto e muscoloso avvolto in un lungo e corvino soprabito di cuoio il cui cappuccio nascondeva il volto del ragazzo ricoprendolo di inquietanti ombre.
Alle due spesse cinture di cuoio che si incrociavano sul petto era fissata una moltitudine di coltelli da lancio dall'aria estremamente affilata e da dietro la spalla destra sporgeva l'elsa di una lunga spada.

"Facciamola finita."

Silas chiuse gli occhi e una leggera folata di vento proveniente dal basso gli scompigliò i capelli. Allargò le braccia e fece un passo in avanti, lasciandosi così trascinare verso il basso dalla gravità.

A mezz'aria fece una capriola e atterrò mezzo secondo dopo sullo stretto marciapiede che divideva il muro dell'edificio dal prato. Malgrado l'altezza da cui era caduto, il ragazzo non riportò la benché minima ferita e il suo atterraggio fu agile e silenzioso come quello di un gatto.
Dalle ombre adiacenti il muro alle sue spalle giunse un sussurro.

«Finalmente! Credevo ti fossi perso.»

Silas si voltò e dalle ombre emerse una figura snella e sinuosa, la figura di una giovane ragazza. Era magra e vestita esattamente come il ragazzo. Aveva occhi azzurri come il più limpido dei cieli ed erano incastonati in un volto dai lineamenti delicati e circondato da un mare uniforme di capelli color del grano. La bocca, piccola e morbida, era atteggiata in un sorriso spavaldo.

«Zitta, Jessie.»
Silas diede alla ragazza un buffetto affettuoso sulla spalla.
«Ho controllato sul tetto ma non sembra esserci modo di entrare direttamente all'ultimo piano.»
Il ragazzo si riparò sotto ad un piccolo balcone e continuò.
«Tu hai avuto più fortuna? E dov'è Marco?»

Marco era il fratello gemello di Jessie nonché il migliore amico di Silas.

«E' dentro: abbiamo trovato una porta che la servitù usa per trasportare il cibo nella dispensa nel seminterrato. Vieni.»
Senza aspettare una risposta, la ragazza si avviò verso il retro della casa costeggiando il muro per ripararsi il più possibile dalla pioggia.
Insieme i due svoltarono l'angolo e si diressero verso una piccola porta di legno che si trovava in fondo ad una breve serie di larghi gradini in pietra. Jessie aprì con cautela la porta con una mano e fece cenno a Silas di fare piano.

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