Jesus of Suburbia pt. 1

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Il sole mi brucia la fronte. C'è un leggero vento che rende il marciapiede fuori dalla prigione un vero e proprio forno ventilato. Gli occhi mi bruciano ma non riesco a non fissarlo, il sole. A furia di fissarlo con delle sbarre in mezzo ci si dimentica quanto sia bello. Ci si dimentica anche quanto sia bello il calore della famiglia che ti riscalda il cuore o quello del corpo di una donna che oltre al cuore ti riscalda anche la notte. Tutte cose che mi sono mancate ma, diciamoci la verità, me la sono cercata. Sono loro che non hanno cercato me. Mai una lettera o una visita. Sbagliare è umano ma Jane l'ha presa veramente male. Non sapere se la propria gemella, l'altra metà di te, stia bene o meno e leggermente straziante. Come lo è non avere più contatti con la tua unica ragione di vita. Anzi, no. Con la tua vita. Ashley. Meglio così, però. Più loro mi sono lontani più saranno al sicuro. Non vi passi per la testa, infatti, ch'io non abbia speso un secondo a immaginare infiniti modi per seviziare colui che si presenta come mio padre. Ora come ora, però, non è questo il mio problema. Lo è piuttosto capire che cazzo fare. Mmh. Vediamo. Niente soldi quindi niente chiamate. Non ho il cellulare. Quiiiindi. Credo di dovermi fare una passeggiatina di qualche km verso casa e vedere come si evolve la situazione. Che c'è di meglio che camminare sotto il sole quando si ha fame e sete ma senza uno spicciolo nemmeno per comprare l'aria? La mia giornata ideale.

Oh. Gesù. Santissimo. Quando l'hanno messa sta salita? Cristo santo. Metto le mani sulle ginocchia per riprendere un pò di fiato. Faccio anche un pò schifo. Sudo e la maglietta lascia trasparire l'addome. Una doccia non mi farebbe male. Il ciuffo mi cade, bagnato, sul volto. Lo aggiusto passandomi una mano tra i capelli e levo via una gocciolina che riga la mia guancia.

Ho un tuffo al cuore. Eccola qui. Casa mia. Avete presente quando, dopo tre mesi di vacanze, rivedete il vostro compagno di scuola da 5 anni e, comunque, provate l'imbarazzo di un primo appuntamento al buio? Ecco. Rivedendo casa mia mi sento così. Vedo nella finestra io e la mia famiglia seduti a un tavolo la notte di Natale. Nel giardino vedo io ed Ashley danzare durante la festa di compleanno. Vedo un sacco di cose e piangere sarebbe inevitabile ma non ero molto 'sensibile' prima e la prigione mi ha reso leggermente peggiore da quel punto di vista. Non sono lo stesso di prima. Ho un brivido pensando che, bussando, potrebbe aprirmi Jane o, peggio, Ashley. Non so cosa farei. Non so come comportarmi ad una possibile sfuriata. In fondo, è casa mia. Mi avvicino. Busso. Ansia. Ansia. Ansia. Oddio, la maniglia gira. La porta si apre.
"Posso aiutarla?"
E te chi minchia sei?!
Una vecchina mi osserva dietro un paio di occhiali enormi. Bassa, con i capelli bianchi e una piccola gobba. Sa tanto di nonna. Di famiglia. Che bella sensazione. Mi piego in avanti per non farle alzare lo sguardo. Vedo chiaramente che tenere così tanto la testa alzata le provoca dolore.
"Salve. Ehm. È un pò imbarazzante sa. Questa è casa mia." - divento rosso come un peperone. Che situazione imbarazzante.
"Ooooh si. So chi è lei. Jack. John. Jean. Sean." - uh signore!
"Jake, signora." - evito la faccia da 'ma stiamo scherzando?'
"E io che ho detto?" - la stessa cosa signora, uguale.
"Sua sorella mi ha lasciato uno scatolone per lei. Si accomodi."
"Mia sorella?" - sa qualcosa di mia sorella?
"Sa se sta bene? Dove sta? Sa nulla?" - mi agito. Inizio ad avere il battito accelerato. Jane è la donna che amo di più al mondo.
Mi fa segno di accomodarmi in casa. Dio. È la stessa. Stessi mobili. Non sembra che qui ci viva una nonnina.
"Le dispiace se do un'occhiata alla mia stanza?"
"Prego" - gentilissima.
Mi dirigo verso camera mia.
Giro la maniglia. È chiusa!
"Signora! Mi scusi è chiusa!"
"Ha trovato una medusa?!" - se questo è uno scherzo ditemelo per favore. La cerco. Avvicinandomi al soggiorno. Prepara un thè vicino la cucina. È inevitabile, per me, pensare che questa adorabile vecchietta sarebbe potuta essere Ashley, un giorno forse, dopo 40 anni di matrimonio, che mi prepara del thè dopo una serata al parco. È un pensiero stupido, lo so ma inevitabile. Subito nella mia testa si affollano tutti i miei ricordi di lei. Cado in ginocchio. Un dolore lancinante mi stringe la testa.
"Giovanotto! Si sente bene?" - non riesco a rispondere.
"S..signora. La.. chiave." - continuo a stringere la testa tra le mani. Ho gli occhi sbarrati e respiro a malapena. Cosa mi sta succedendo?
"Eccola!" - scatta la vecchietta. Mi alzo in piedi, a fatica.
"G..grazie." - mi aiuta ad alzarmi mentre mi massaggio la testa.
La prendo. Sorrido alla signora.
"Scusi. Una domanda. Come si chiama?"
"Mrs. Hudson" - mi fa un sorriso -
"Come la padrona di casa di Sherlock Holmes" - osservo io, dirigendomi verso la stanza -
"Lei me lo ricorda!" - urla lei -
"Chi?" - ricambio io, sorridendo preso da un'innocente curiosità -
"Il signor Holmes!" - urla lei. Quanto ha ragione.
Infilo la chiave nella toppa.
Entro.
Una strana sensazione mi assale. Non so nemmeno come spiegarla.
Muro destro. Bacio con Ashley.
Muro sinistro. Jane mi sveglia.
Centro della stanza. Palestra.
C'è qualcosa di diverso, però.
Ah. Si. È completamente vuota.
"Sua sorella ha venduto tutto. Mi ha lasciato solo una scatola, come le ho già detto. Gliela porto subito." - annuisco.
Dove sono i miei appunti?! Quelli sull'omicidio di mio padre?! Anni di piani spariti! Questi pensieri si impossessano di me dal nulla. Cristo! Non ci avevo pensato!
"Eccola qui."
"Grazie signora. Scusi, so che questa è casa sua ma.. potrebbe lasciarmi un pò solo.. qui.. in.. camera.. mia?"
"Oohh ma certo Sean!" - si si! Convinta! Chiude la porta dietro di se. Mi siedo a terra e apro la scatola come un bambino scarta i regali la notte di Natale.
Magliette. Pantaloni. Mutande. Vestiario in generale. Anelli. Bracciali. Collane. Film. Niente di serio. Aspetta. Una foto! Ci siamo io che abbraccio Jamie che tiene in braccio Jane che chiede aiuto ad Ash per scendere. Scariche di adrenalina mi scorrono per tutto il corpo. Inizio a tremare. Mi mancano. Avete presente cosa si prova quando litigate con la mamma che esce dalla vostra stanza ma voi avete estrema necessità di averla affianco? Avete presente quella sensazione che vi si scatena nella pancia quando gridate 'mamma!' piangendo? Ecco. Sto provando la stessa cosa. Ho bisogno di loro. Loro, non lo sanno, ma è meglio così;  è meglio che stiano lontani da me. Stringere i denti finché tutto questo non sarà finita. Questo devo fare. Che ci vogliano mesi o anni. Infilo la foto nella tasca interna della mia giacca di pelle nera.
Continuo a cercare e trovo il mio telefono e il caricatore. Lo attacco a una presa. Si accende. Devo ricaricarlo, però. Non mi da segnale. Ho ancora foto. Numeri. Molto buono. Mi alzo. Prendo in braccio la scatola ed esco dalla stanza.
"La ringrazio signora. Per tutto." - faccio per uscire.
"Dove hai intenzione di andare, Sherlock?" - ah. Beh. Effettivamente.
"Rimani qui finché non avrai messo le idee a posto. Vatti a fare una doccia calda. Io ti preparo qualcosa da mangiare. Questa, in fondo, è più casa tua che mia."
"Grazie mille signora."
"Chiamami Marie. Con l'accento sulla I."
"Grazie Marie con l'accento sulla I." - ci sorridiamo a vicenda.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 17, 2016 ⏰

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