17.

486 32 23
                                    

Mi sento così strana. Pensare che l'uomo che ho odiato, colui che mi ha distrutta sia morto, è strano.

La domanda che più mi fa pensare è perché l'ha fatto?

Perché si è ucciso?

E soprattutto perché mi sento così in colpa? Non dovrei esserlo ma invece lo sono. Sento che è colpa mia, tutto ciò che è successo e per come è diventato.

Ho giocato con i suoi sentimenti. Gli ho fatto credere di amarlo quando poi, la nostra relazione era a scopi personali.

Non avrei mai dovuto frequentare un uomo più grande di me, dargli false speranze e ridurlo a diventare un essere schifoso.

Già era così Hannah, mi rammenta la mia vocina e forse un po' le do ragione, forse la colpa non è interamente mia.

Lui era così anche quando sono entrata in riabilitazione.

Avrebbe potuto cercare un modo per farmi innamorare di nuovo di lui ma non l'ha fatto ed ha preferito trattarmi come una merda.

Perché mi sto preoccupando di questa cosa? Dio, è morto. Dovrei essere felice, dopo tutto ciò che ha fatto se lo merita ma non riesco ad esserlo.

Nico è accanto a Ethan che cerca di calmarsi dopo aver visto la foto di Jon al telegiornale mentre io ho lo sguardo fuori la finestra.

I ricordi mi riaffiorano in mente così vivamente che sembra riesca a sentire le sue mani sul mio corpo.

Per picchiarmi e non. Mi sembra di sentire le sue offese sulla mia pelle tanto da farla accapponare.

Mi sembra di riuscire a percepire il suo sguardo di fuoco, quello sguardo che riusciva a bruciarmi la pelle. Quello sguardo che mi ha fatta innamorare e pentire delle mie scelte. Quegli occhi che mi spaventavano a morte ma che prima di ciò, riuscivano a darmi una sorta di calma.

I miei pensieri vengono interrotti dalla suoneria del mio cellulare che mi fa sussultare.

Mi volto verso Nico che agilmente lo ha preso e ora me lo sta porgendo.

Gli sorrido grata per essere accanto a Ethan e prima di rispondere, controllo il numero.

Sconosciuto.

Decido di rispondere.

«Pronto?»
«Hannah Davis?», domanda una voce appannata ma riesco comunque a capire che è una donna.

«Si, chi è?», replico assumendo un espressione corrucciata. Questa voce mi sembra familiare.

«Sono.. Um.. Trisha, la sorella di Jon, non so se ti ricordi di me?», domanda e a sentir pronunciare quel nome, il cuore mi batte all'impazzata.

Conobbi Trisha per puro caso. Un giorno, io e Jon ci incontrammo a casa sua e mentre eravamo nel bel mezzo di una cosa intima, sua sorella entrò in casa.

Scoprii quel giorno che avevamo entrambe la stessa età ma che Jon non le aveva parlato di me perché sicuramente lo avrebbe preso per un pedofilo. Sapere di una sedicenne che frequenta un trentenne, non era il massimo.

Restart 2.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora