17.Verità

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Era come finita in un limbo. Non riusciva più a distinguere la realtà dalla finzione.
Era così. Impossibilitata ed incapace allo scorrere irrequieto del tempo.
Si sentiva come intrappolata in una dimensione tenebrosa ed oscura.
Una dimensione buia, fredda che quasi incatenata, non le permetteva a pieno di essere protagonista della sua vita.
Non riusciva a capicitarsi di come, in così poco tempo, la sua vita era cambiata.
Non era soltanto un cambiamento passeggero, o no. Quello che si prospettava di fronte a lei era ben lontano dal paradiso a cui era abituata.
Il teatro che così tanto amava, le era stato precluso, strappato indegnamente come si fa di una bambola ad un bambino.
La sua carriera di "attrice", sebben ancora agli inizi, era terminata e tutti i suoi sogni erano andati in fumo. Non aveva più nulla, e anche se poco per volta, aveva iniziato a sperare in un ritorno pieno e completo della vita, questo non era avvenuto. L'unica cosa che l'aveva salvata dal baratro, che l'aveva stretta con forza alla realtà, era Stephan.
L'unico, dopo Abel, ad averla capita veramente.
Quel ragazzo, per meglio dire uomo, aveva deciso di intorrempere quel flusso continuo di insicurezza e di malinconia, che il suo vecchio compagno di avventure allontanandosi le aveva portato, solo per renderla di nuovo felice.
Le aveva fatto dimenticare il sapore della tristezza, del bambino a cui lei teneva immensamente, ed infine aveva coperto quel vuoto con amore e dolcezza.
Questo le era bastato.
Le era servito per dimenticare il dolore che i ricordi passati ancora suscitavano in lei.
Tutto sembrava svanito, o per meglio dire nascosto, e richiuso nella sua mente.
Si sbagliava. Quel trauma che per molto tempo credeva di avere rimosso aveva fatto capitolino ben presto nella sua memoria, non appena il giovane e bel ragazzo difronte a lei aveva fatto la sua comparsa.

Erano lì, seduti. Nessuno osava far parola. Sembrava che queste quasi scottassero per Abel, ma doveva, doveva raccontare tutto sin dall'inizio.
Quella ragazza aveva il diritto di ricevere una spiegazione. Quella "piccola creatura", di cui sin da subito si era innamorato, doveva sapere.
E così iniziò a raccontare, non con foga, non con impazienza. Narrò con estrema calma e serietà, come se a raccontarlo non fosse lui, il reale protagonista, ma fosse un semplice lettore, un'estraneo che per semplice curiosità si era interessato a quella triste storia.
Iniziò così:"Non trovo le parole, per tutte le emozioni che provai quando mi dissero di doverti lasciare, di dover lasciare la mia scuola, i miei amici, tutto quanto per volere di mio padre, se così possiamo dirla. Era il 28 dicembre quando lasciai la mia casa. Mio padre mi disse che per diventare come lui, un medico, dovevo diventare uomo. Dovevo smetterla di comportarmi come un bambino ed iniziare a fare l'adulto. Fui costretto a seguirlo, mi fidavo di mio padre, o per meglio dire, cercavo di vedere in lui il mezzo per realizzare il mio sogno. La dedizione e l'impegno che impiegava nell'aiutare le persone mi spinsero a seguire le sue orme.

Fu proprio per questo che, quella notte partii. Mio padre aveva organizzato tutto quanto. Convinto della mia scelta aveva preparato tutto. Solo diversi anni dopo scoprii che non era per amore del buon figlio che aveva rinunciato alla famiglia, ma soprattutto a mia madre. Il motivo fu: Charlotte, giovane e dolce infermiera, di cui mio padre si era invaghito molti anni prima e con la quale aveva condiviso molti viaggi della vita passata. Lui che con il suo sguardo e riflessioni, aveva spesso giudicato l'agire di moltissime famiglie, uomini e pazienti, non aveva fatto altro che incarnare ciò che lui stesso aborriva. Era spregevole. Tutto quello in cui io avevo sperato, era stato spazzato via dal soffio della menzogna. Mio padre, infatti, mi aveva portato via da mia madre, perché voleva che come lui diventassi medico, ma non lo fece appositamente per me. Non agí per i miei di sogni, ciò che voleva, era solo poter affermare, alle cene con i colleghi il prestigio di suo figlio, e come da "buon padre", egli era riuscito a farmi percorrere le sue orme".

Il suo respiro su fece più pensante, la rabbia stava crescendo e con essa anche il desiderio di sfogarsi.

"Era così palese, ma non me ne accorsi. Per una volta speravo che mio padre si preoccupasse davvero per me, che si interessasse a quello che realmente volevo dal mio futuro. Mi sbagliavo, era tutto una sporca e amara bugia. Ero lì, non potevo fare nulla. Più volte parlai a mio padre, molte volte gli dissi di smetterla, di aver scoperto tutto e di tornare indietro, ma non mi ascoltò. Predisse anche questo. Mi disse che avrebbe fatto in modo di espellermi da tutte le accademie di medicina dell'intera Europa se l'avessi fatto. "Il figlio di un medico rispettabile e di alto rango, deve stare qui a Parigi, in una delle migliori facoltà del mondo".
Inizialmente pensavo fosse solo un'intimidazione, un pretesto per non far sfuggire il figlio dalle sue grinfie. Mi sbagliavo. Provai ad andarmene e presentare la domanda in tre accademie diverse, tutte queste vennero respinte. Infuriato andai da mio padre e l'unica risposta che ricevetti fu :" Figliolo, ti avevo avvisato. Ora scegli. Hai due possibilità: la prima è quella di continuare a studiare all'accademia e come bravo dottore uscire da qui e fare quello che hai sempre sognato, la seconda quella di ritornartene a casa rimpiangendo per sempre la tua carriera sprecata. A te la scelta.
Ovviamente so bene che accetterai la prima, so bene quanto ci tieni a questo lavoro, quanto ci tieni a ritornare da quei tuoi stupidi amichetti, ah si e da quella ragazzina, si...come si chiamava...ah si Eliza. Credi che vorrà ancora un ragazzo che oltre ad averla abbondanta, non è riuscito nemmeno a concludere il motivo per cui, così da un giorno all'altro, l'ha lasciata?".
Non potevo fare altro che accettare, per quanto odiassi mio padre, era l'unico in grado di garantire per il mio futuro. Non pensavo ad altro, dovevo concludere gli studi e tornare, per mia madre, per te, per Joseph, per tutti coloro che il mio sogno aveva escluso..."

Era così lugubre il suono della voce del giovane ragazzo. Il rancore si mischiava alla rabbia in maniera così imperiosa e minacciosa che sembrava quasi desse sfogo a fulmini e lampi. Il suo cuore trasudava delusione e solitudine. Non era semplice solitudine, come quella che un bambino ha quando è costretto a giocare da solo nella sua accogliente casa in un pomeriggio troppo freddo per uscire di un nevoso inverno, o no. Era molto piú simile al senso di vuoto che provano i giovani amanti quando vengono separati, è la malinconia della luna alla quale viene strappata il sole, è la tristezza che sorge non appena ti accorgi che tutto quello in cui hai sperato svanisce.
Svanisce il tuo sogno, il tuo desiderio, quello che sin da piccolo sogni di diventare. Era tutto stato spazzato via della spietatezza di un uomo, che non aveva fatto altro che mentire, nascondendo la realtà dei fatti. Era pure egoismo il suo, perché per quanto amore provasse per la sua nuova metà, per colei che aveva deciso di interrompere i ritmi e l'armonia della sua vita e quella di sua madre, comunque il suo unico pensiero era quello di spiccare per la sua fama, per la sua ottima carriera, per il suo ottimo egocentrismo.
Abel era ormai convinto che per lui non ci fosse salvezza, per lui  l'unica soluzione fosse concentrarsi nel suo obbiettivo e sparire poi dalla vita di suo padre e sua madre. E cosi fece.
Finì gli studi brillantemente, prima di qualsiasi altro suo coetaneo, dimostrando a suo padre e persino a se stesso di poter godere della propria bravura e non della fama di suo padre, per riuscire ad essere l'ottimo medico che fin da sempre aveva preteso di essere.
Il giorno stesso in cui, dopo anni di studi, si era laureato era partito alla volta di Berlino. Era deciso, avrebbe costituito parte del suo tirocinio lì, nella sua città Natale, e rivisto nuovamente la sua adorata Eliza.

Riprese "Sono tornato Eliza, non ho piu intenzione di lasciarti. Ho deciso di restare perc..."

Qualcuno stavo bussano incessantemente alla porta, era un battito ansioso, impaurito.

Eliza corse alla porta, era sua sorella:"Eliza...Eliza...la mam.."

La ragazza capì e così seguita da Abel corse ad aprire quella che sarebbe stato l'inizio di una voragine.

Ed ecco finalmente il nuovo capitolo, dopo moltissimo tempo sono tornata. Lo so, è avvenuto tutto molto tardi, questo capitolo doveva essere pronto alcuni mesi fa, ma purtroppo tra università ecc non sono riuscita a completarlo in tempo.
Lo pubblico  oggi per voi proprio come regalo di Natale, spero vi piaccia.
Detto questo vorrei augurarvi Buon Natale e felice Anno Nuovo.
Se la storia vi è piaciuta o volete darmi qualche consiglio, lasciate qualche commento o like.
Grazie per la vostra attenzione e buon proseguimento.
Fede_writer😊

Non potevo dimenticare ciò che cambiò la mia vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora