Risate.

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Il fiato mi si bloccò in gola.
Cercai di trovare una risposta, non volevo guai, ve lo giuro.
Ma in quel momento l'unica cosa a cui potevo pensare era il fatto di avere un uomo in casa, un assassino in casa. Per giunta furioso.
Ma la sua smorfia furiosa ormai era presente sul suo viso ogni volta che lo incontravo, quindi non fu quello a spaventarmi.
La luce lunare infatti, faceva scintillare in modo molto macabro qualcosa che aveva stretto nel pugno della mano destra.
Qualcosa di affilato, qualcosa di pericoloso.
Perciò feci un salto quando mi richiese:

- Ti lascio un'ultima possibilità. Allora, che cazzo era quello? - lo disse in un modo dolce, quasi calmo.

Ma io sapevo che era tutto il contrario, sapevo che quella era davvero l'ultima possibilità che avevo. Perché quel tono che tanto sembra dolce, per lui era sinonimo di impazienza.
E non volevo spazientirlo.

- Niente. - dissi con voce piccola, quasi inudibile.

Sapevo che non era vero, qualcosa significava. Ma come potevo dirglielo?

- Niente? Era un bacio. I baci per te non significano niente? - così dicendo punzecchiò con la lama del coltello il suo dito indice.

Non era difficile capire ciò che intendeva, ciò a cui si riferiva.
Quel bacio.
Quel momento.
Noi.
Così feci la codarda. E mi comportai in un modo che mi schifa a ripensarci. E forse sono diventata così adesso, per ciò che ho fatto allora.
La codarda.

- Io.. Io non intendevo questo. Lui.. Lui mi ha baciata. Io non volevo. Ma avevo paura che se avessi rifiutato, mi avrebbe fatto del male. Io non volevo, lo giuro. -

Quella persona non ero io, io non ero così. In quel momento non mi riconobbi più, ormai la paura era diventato pane quotidiano per i miei denti.
La persona che ho descritto, Nick, lui non mi avrebbe mai fatto del male. Lui si sarebbe allontanato con un sorriso imbarazzato e una scrollata di spalle, nel caso l'avessi rifiutato. Anche se non l'avrei mai fatto.
Ma non volevo che lui mi facesse male, non volevo pensasse che di quel bacio, il nostro bacio, non mi era mai importato.
Non volevo morire prima.

- Sei una pessima bugiarda. - mi zittì.

Poi continuò:

- Io odio quando mentite. Perché me ne accorgo e ve ne dimenticate. Io so tutto, io so sempre tutto. - imitando poi una voce da donna riparlò - Non ho chiamato la polizia! Non ne ho parlato con nessuno! Non mi fai paura!
Stronzate! - urló.

Aveva inteso.
Che stupida che sono stata, mi aveva già detto che sapeva quando mentivo. Ma non mi aspettavo che ci riuscisse ogni volta.

- Io.. Io non.. - balbettai.

E poi, un urlo squarciò l'aria all'interno della casa. Il mio urlo.
Il coltello che teneva tra le dita pochi attimi precedenti era conficcato nella carne della mia coscia sinistra, e il sangue scorreva a rivoli densi. Il dolore era allucinante, talmente forte che fece provare dolore a tutto il mio corpo e non solo in quel preciso punto.
Piansi urlando, gemendo e implorando.
Non so come descrivervi la sensazione, ma era come se quest'ultima non volesse finire mai. Come se quel dolore si ripetesse decine di volte in modo sempre più amplificato. E dalla carne viva che era stata ferita, riuscivo a sentire il pulsare incessante del cuore, che si rivelava battere molto veloce all'interno della mia gabbia toracica, quasi come volesse spaccarla.
Ma quel dolore, non fu niente in confronto a quando tolse il coltello, facendomi quasi svenire per la carne che aveva tolto dalla mia coscia ferita.
Lo ripiantò un paio di volte nello stesso identico punto, finché non lo tolse definitivamente.
Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò lentamente:

- Amo le tue grida. Mi era mancato il tuo dolore.. È così inebriante. - baciò la mia fronte e poi si allontanò.

Io rantolavo, e mi tenevo stretta la gamba facendo una forte pressione per evitare la fuoriuscita di ulteriore sangue e cercando di far diminuire il dolore.
Che dire, non servì a niente. Ma non ero un medico e non sapevo cosa fare in tali circostanze.

- Se ti rivedo ancora una volta con quel ragazzo, ti farò soffrire ancora di più. Ma sarà lui a morire.. Solo per colpa tua. Riflettici sopra. -

Mi stesi sul pavimento piangendo e gemendo. Il dolore sembrava diventare sempre più forte, sempre di più. Il mio corpo che voleva vivere, la mia mente che pregava di morire. Ed io, disperata.
E lui, rise.
Rise fino alle lacrime.
Rise fino alla pazzia.

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Prossimo capitolo, già scritto.
Commentate e lo pubblicherò presto.✨

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