It's not warm when she's away

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~ Alex ~

Ero triste e abbattuta, ma la rabbia stava prendendo il sopravvento. Dopo ormai tre giorni Davina non si era ancora fatta sentire. Una parte di me sperava che non avesse ancora parlato con il suo ragazzo, ma l'altra, quella razionale, sapeva benissimo che non si sarebbe più fatta viva. Come avevo potuto essere tanto stupida da crederci di nuovo? Dopo il tradimento di Sara avrei dovuto imparare la lezione. Finalmente pensavo di aver trovato una persona seria da tenere il mio fianco e invece eccomi lì, di nuovo, nella stessa situazione. Davina non era altro che una ragazzina che voleva provare nuove esperienze: mi aveva usata. Sfogare la rabbia e il risentimento in un pianto liberatorio mi avrebbe di certo aiutato, ma proprio in quel momento il mio cellulare suonò All the thing she said, delle t.A.T.u. Sapevo che non era lei perciò non guardai nemmeno da quale numero stesse arrivando la telefonata e distrattamente risposi.
- Pronto?
- Ehm, ciao Alessandra, sono Ruben, il fratello di Davina.
Ero confusa. Perché mai lui avrebbe dovuto chiamarmi? Non feci in tempo ad immaginare gli scenari peggiori che avrebbero potuto balenarmi nella mente perché il ragazzo senza giri di parole arrivò subito al dunque: - Il suo ex ragazzo l'ha aggredita ed ora si trova in ospedale. La tengono sotto controllo per sospetto di trauma cranico -, sospirò - Il suo telefono si è rotto durante l'aggressione, ma sono riuscito a recuperare i numeri salvati e c'era anche il tuo. Davina non fa che chiedere di te. Credo che vederti le farebbe bene e immagino che lo voglia anche tu.
Sentii la terra crollarmi sotto i piedi. La preoccupazione si fece strada cancellando la rabbia che fino ad un attimo prima provavo e il senso di colpa mi pervase: come avevo potuto giungere a conclusioni così affrettate?
Il tempo di vestirmi e prendere le chiavi della macchina e mi fiondai fuori di casa.
Sfrecciai sull'autostrada senza preoccuparmi minimamente dei limiti di velocità. Dovevo arrivare da lei il prima possibile. Non avrei permesso che affrontasse quella situazione da sola. Certo, attorno a sé aveva la sua famiglia che l'amava e l'avrebbe aiutata, ma, come aveva detto Ruben, aveva bisogno di me. Andai così veloce che in poco meno di un'ora e mezza arrivai a Vicenza. Raggiunsi l'ospedale dove c'era Ruben ad aspettarmi all'ingresso. Mentre salivamo in ascensore mi raccontò di quello che era successo. Se lui non fosse arrivato in tempo, molto probabilmente quel bastardo l'avrebbe massacrata o peggio. Mi soffermai ad osservare le nocche delle sue mani sbucciate: gli aveva dato di certo una bella lezione tanto da far finire anche lui al pronto soccorso. Ora era nelle mani della legge.
Essendo minorenne la pena che gli avrebbero inflitto sarebbe stata minima.
- Sei mesi? Ci deve marcire in galera. -, dissi a denti stretti. - E poi un'ordinanza restrittiva non serve a un cazzo! -, sbottai. Mi sentii avvampare dalla rabbia, ma ben presto svanì e prese posto l'orrore quando entrai nella stanza e vidi il suo corpo perfetto pieno di lividi.
Mi avvicinai. Stava dormendo. Rimasi ad osservarla mentre lacrime mi cadevano copiose lungo le guance. I capelli biondi ricadevano morbidi sul cuscino incorniciando il suo dolce viso. Era bellissima anche così. Strinsi le mai intorno alla sbarra infondo al letto e sentii la rabbia risalire nel vedere un grosso livido bluastro circondarle il collo.
Mi sedetti sulla poltrona accanto al letto e presi una delle sue mani tra le mie, ne accarezzai e ne baciai il dorso.
- Alex? -, mormorò incredula. Si era svegliata. Finalmente potei rincontrare i suoi bellissimi occhi cerulei.
- Hey -, dissi con voce tremante, mi alzai e mi piegai in avanti per abbracciarla.
- Sono così contenta che tu sia qui -, sussurrò al mio orecchio - Mi sei mancata.
Mi sollevai per poter incrociare il suo sguardo e le accarezzai delicatamente i capelli. Sembrava così fragile.
- Anche tu, piccola. Avevo paura che non mi cercassi perché avevi cambiato idea sulla nostra relazione.
- Mi dispiace...
La interruppi subito appoggiandole due dita sulle labbra.- Non dirlo nemmeno per scherzo. Dispiace a me, non dovevo giungere a conclusioni affrettate.
Sorrise debolmente e mi fece cenno di riabbracciarla - L'importante è che ora tu sia qui, il resto non conta.
- Sì, sono qui e non andrò da nessuna parte -, le sussurrai all'orecchio.
Sigillai quella promessa con un bacio leggero che depositai sulle sue dolci labbra.
No, non l'avrei lasciata. Per nulla al mondo.

Un viaggio per peccare || A lesbian love storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora