5° capitolo

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Quella domenica mattina erano presenti i genitori di Alessandro. Non furono sorpresi quando mi avviai in cucina per fare colazione.
Ale era già seduto e mi lanciò un sorriso mozzafiato quando comparii. Era tutto risolto tra di noi.
Quella notte eravamo rimasti in piedi fino alle tre a parlare, e quando gli raccontai di mio padre sembrava volesse correre e batterlo a sangue, ma allo stesso tempo sembrava che stare al mio fianco e cercare di raccogliere tutti i miei pezzi fosse la sua priorità in ogni cosa.
Il suo obiettivo era farmi sentire meglio, e ci era riuscito alla grande quando ci eravamo tenuti la mano nel sonno.

"Oh, buongiorno Ali! Dormito bene?" la voce squillante di Lucia, la madre di Ale, mi diede scosse.
Dormito bene? Si.
Al momento? Non mi sentivo troppo bene.
La testa martellava e avrei voluto solo dormire. Ma dovevo tornare a casa.
"Assolutamente si" dissi, sedendomi. Avevo una fame da lupi e anche tanta, tanta sete.
Lucia ci chiese della festa, e io e il mio migliore amico ci guardammo con aria complice, mentre il senso di colpa bussava di nuovo alla mia porta.

Fu Ale a rispondere, mentendo sul fatto che fosse stata una noia mortale e ad un certo punto i vicini hanno iniziato a lamentarsi.

"Sai, figliolo, che non mi piace molto quando vai a queste feste. E non mi piace nemmeno quando porti Alice" disse Lucia, sorprendendomi.
Era sempre stata molto diretta e severa nei confronti dei figli. Soprattutto di Ale che, scuola a parte, costituiva la pecora nera della famiglia.
Per via del suo carattere, della sua maleducazione, della sua rabbia repressa nei confronti dei genitori poco presenti...
Mi ero sempre ripetuta di non immischiarmi negli affari della famiglia Colombo, ma li conoscevo da abbastanza tempo da capire che a loro non era mai importato dei figli, se non del lavoro. Mi infastidiva parecchio, tra l'altro, quando predicavano cose sulla vita di Ale, quando non erano mai stati presenti nella sua vita.

Strinsi il cucciaio, sapendo che Alessandro stava per scoppiare un'ennesima volta davanti a me.
Lucia aveva sempre avuto il difetto di sgridare il figlio davanti agli amici, per dimostrarsi una madre presente ed interessata, quando in realtà non lo era mai stata.

Il ragazzo davanti a me prese un respiro profondo senza alzare lo sguardo dai suoi cereali.
"Pace" rispose, e poi silenzio di tomba.

Non osai alzare il mio, di sguardo, non erano cose che mi sarebbero dovute interessare, ed era sempre un disagio quando accadeva.

Un rumore forte e assordante -alle mie orecchie- rieccheggiò per tutta la cucina. In quel momento si che alzai lo sguardo, e Ale si stava tenendo la guancia arrossata.
Gli aveva tirato uno schiaffo.
Mi morsi il labbro per non strappare la mano a morsi di quella donna e infilargliela in quel posto....
"Guai a te, se mi rispondi ancora così." Disse la donna, strofinandosi il palmo della mano con la quale l'aveva colpito.
Ale rimase in silenzio e con il viso sconvolto e colto alla sprovvista, ma ci vollero secondi prima che la rabbia gli deformò il viso e strisciò la sedia sul pavimento pesantemente.
Senza dire niente, si diresse in camera a prendere il giubotto.
Non lo vidi infilarsi le scarpe, lo vidi solo fiondarsi sulla porta d'ingresso e sbattersela alle spalle.
Era uscito.

Era accaduto tutto in fretta, troppo.
Guardai Lucia con rabbia, perché non si sarebbe dovuta comportare così con il figlio.

Lei scosse la testa e si appoggiò al bancone della cucina, strofinandosi ancora il palmo arrossato.
"Scusa...- accennò un sorriso nervoso- mi dispiace che tu debba sempre assistere a queste scenate. Ma quando quel ragazzo si mette..." cominciò, ma quando strisciai la sedia sul pavimento esattamente come aveva fatto il mio migliore amico, si zittì.
La guardai inespressiva, ed uscii dalla stanza.

****

Con il mio vestito di ieri sera stretto tra le braccia, corsi alla ricerca di Ale per il parchetto condiviso.
Mi sentivo davvero in pena per lui. Potevo solo immaginare quanta rabbia provasse in quei momenti, e nella maggior parte io non ero lì per appoggiarlo.
E scappava.
E quando scappava la maggior parte delle volte non voleva essere trovato.

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