7° capitolo

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Stava davvero accadendo tutto questo?
Alessandro mi aveva presa totalmente alla sprovvista. Era tornato indietro e mi aveva baciata di sua spontanea volontà!

Mi aveva preso il viso tra le mani e aveva avvicinato le sue labbra alle mie in maniera irruenta, disperata, quasi avesse voluto farlo chissà da quanto tempo.
Dopo un secondo di sorpresa, gli circondai il collo con le braccia e lo attirai a me, alzandomi in punta di piedi.
Le nostre lingue si toccarono e i denti si scontrarono, e lui mise una mano dietro la mia testa per avvicinarmi ancora di più a lui.
Sembrava un sogno, ed ero davvero troppo confusa. E se non ci fosse stato lui a reggermi, probabilmente sarei caduta a terra come un sacco di patate.

Quando ci staccammo, i nostri nasi si sfioravano. Non ero inesperta in materia, ma con lui? Come mi sarei dovuta comportare? Ne avrei voluto ancora, e ancora, e ancora... ma se lui si fosse pentito? Se in quel momento avesse solamente voluto andarsene? Se si fosse  vergognato? Cosa avrebbe subito il nostro rapporto?
Intrecciai i miei occhi nei suoi azzurri, e mi leccai le labbra ancora gonfie per i baci.
Non riuscivo a smettere di guardarlo, perché solo così riuscivo a rendermi conto di quello che era realmente successo.
Strinse i miei fianchi e si avvicinò per sfiorare le mie labbra con le sue.
"Pace?" sussurrò, per poi sorridere.
Cercai di non imitarlo, ma non ci riuscii. "Ti sei fatto perdonare a dovere"
Ridacchiò e si staccò, ma i nostri corpi si sfioravano ancora. Il freddo si faceva sentire, adesso che lui si era allontanato, anche se di poco.
"Le mie doti non deludono. Mai."

"Io direi che potresti anche vantarti di meno."
Si abbassò e mi lasciò un bacio a stampo sulle labbra provocandomi un altro tuffo al cuore. "Non sarei io altrimenti."
Si voltò e iniziò a camminare, mentre io ero ancora dispersa nel mio mondo. Mi toccai le labbra come una tredicenne innamorata e sorrisi sotto i baffi.
In un'altra occasione mi sarei vergognata di questo gesti infantili e patetici, ma non potevo farne a meno.
Nessun ragazzo mi aveva baciata in quel modo, e solo Ale poteva. Solo con lui avevo condiviso certe esperienze, che non avrei potuto condividere con nessun'altro.
Un ragazzo qualunque non avrebbe saputo darmi le stesse sensazioni che Ale dava a me.

"Ehi, Ali, ci sei?" il diretto interessato si voltò e mi aspettò.
Che figura che avevo fatto.
Mi affrettai a raggiungerlo e in silenzio, arrivammo nel punto in cui le nostre strade si dividevano.
"Ci sentiamo dopo, allora?"
Frasi normali, che ci ripetevamo ogni giorno, ma in quel momento sembrava che ognuno di noi due avesse paura a pronunciare ogni singola parola.
Annuii. "Si, certo. A dopo."
Rimasimo in piedi a guardarci, senza niente da dire. Avevamo passato una mezz'ora buona a litigare, poi ci eravamo baciati, e in quel momento eravamo imbarazzati.
Ale sussurrò qualcosa fra sè, prima di ricongiungere le sue labbra alle mie in un bacio più tenero, gentile, casto.
Questo smorzò decisamente l'imbarazzo, e quando mi staccai sapevo di avere un sorriso da ebete stampato sulla faccia.

"Diamine, mi sa che ci prenderò l'abitudine" anche lui, però, non scherzava con i sorrisi da ebete.
In tutta risposta, gli stampai un ultimo bacio prima di avviarmi verso la mia palazzina.
"Chiamami, dopo" dissi, girandomi a guardarlo. Era ancora lì fermo, al freddo. Alzò una mano per salutarmi, e fu l'ultima cosa che vidi prima che la porta d'ingresso si chiudesse.

*****

Appena varcai la soglia di casa un odore di pesce mi invase le narici.
Io odiavo l'odore del pesce.
"Mamma! Perché dovevo cucinare il pesce? Sai che odio l'odore!"
Nessuno rispose, il che era strano. Di solito mia madre mi avrebbe risposto per le rime.
Mi tolsi le scarpe e mi tolsi il giubotto.
Mi avviai in cucina e quello che vidi mi fece fermare di botto. Non c'era mia madre ai fornelli, bensì mio padre.
Non lo vedevo da... quella notte.
Si voltò a guardarmi e mi sorrise, mostrandomi i suoi denti ingialliti dal fumo.
Una volta era un bell'uomo, ma l'alcol e il fumo l'avevano rovinato. 
Era triste, e promisi a me stessa che non sarei mai e poi mai finita nelle sue condizioni.
Quella volta, però, sembrava sobrio.
"Cosa ci fai qui?" sputai.
Il suo sorriso si spense e appogiò gli strumenti sul bancone, voltandosi completamente verso di me.
"Senti, tesoro, lo so che sei arrabbiata con me. Fai bene, ma io e tua madre stiamo cercando di sistemare le cose. Sono giorni che non bevo."
Sentii gli occhi inumidirsi, e strinsi i pugni lungo i fianchi. Ero disgustata.
"Spero che la mamma non sia così stupida."
"Alice, tesoro, non dire così..."
"Non mi chiamare tesoro! Non ti voglio in questa casa, hai superato ogni limite! Io ti odio, non ti voglio vedere mai più, e me ne andrò io se è il caso, lo giuro."
L'uomo si bloccò a metà stanza. "Smettila, stai esagerando."
"Ah, questa è bella. Sono io ad esagerare, ora? Non sono stata io a picchiare la mia famiglia di notte."
"Ero ubriaco, non l'avrei mai fatto e sono davvero dispiaciuto..."
"Be', non mi interessa quello che hai da dire o se sei dispiaciuto. Io ti voglio fuori di qui."
Silenzio.
Era davvero qui per sistemare tutto? Come poteva anche solo pensarlo? E mia mamma cos'aveva in mente? Dov'era? E Angelica?
"Dove sono mamma e Angelica?"
"Sono uscite, volevano che io e te fossimo da soli. Ho già parlato con Angelica."
Trattenni a stento una risata. "E cosa dice?"
"Che proverà a perdonarmi." Sospirò e si appoggiò ad una sedia. Non riusciva nemmeno a stare in piedi, patetico.
"Allora me ne vado." Tagliai corto.
Alzò lo sguardo di scatto, preoccupato. "E dove vai?"
"Da Alessandro." uscii dalla cucina e andai in camera a prendere uno zaino dove misi i libri di scuola e dei vestiti.
Mio padre mi seguì e si fermò in corridoio, davanti alla porta di camera mia.
"Alice, ragiona. Perché non possiamo provare a ricostruire il nostro rapporto?" aveva il volto sudato, e puzzava. Di lì a poco sarebbe crollato di nuovo. Era perso, ormai.
"Ma ti vedi? Hai rovinato la nostra famiglia, irreparabilmente. E hai un aspetto orribile -con un gesto della mano lo indicai- tra un momento all'altro finirai per aprire la dispensa e prendere una bottiglia. Sei irrecuperabile, papà. E io non voglio avere a che fare con un ubriacone."
Sentii che stavo per svenire e il cuore mi batteva forte, ma allo stesso tempo mi sentii sollevata.
Per qualche sconosciuto motivo, vedere la sua faccia delusa e dispiaciuta mi fece crescere una strana e piacevole sensazione allo stomaco. Non mi era mai successo, ma allora mi resi conto di odiare mio padre. Lo odiavo in maniera anormale, ma era ciò che succedeva se qualcuno commetteva un torto nei miei confronti grave quanto quello che lui aveva afflitto a me.

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