Mi alzo al suono della sveglia e mi sento piena di energie anche se ancora un po' stanca. E ho tantissima fame.
Mi vesto e mi sistemo i capelli in modo che siano decenti e poi busso ad Amy.
-Chi è?-chiede speranzosa.
-Jill. Sveglia devi farmi da guida.
-Cosa perché?-dice.
-Perché vuoi essere mia amica.
Non mi risponde.
Dopo pochi minuti esce vestita e pettinata perfettamente. Scendiamo le scale e torniamo alla hall. Alla hall Amy va dietro il bancone e ruota un fiore di legno intagliato che si trova sulla parete di assi.
Una parte di essa si sposta rivelando un'apertura.
-Così i clienti non vedono i luoghi in cui mangiamo e in cui ci svaghiamo un po'.-dice sempre sorridente.
All'interno ci sono già delle persone. Sono tutte sedute ad un tavolo che parlano allegramente mentre mangiano.
Quando entra Amy prima di me la salutano tutti mentre quando entro io cala il silenzio assoluto.
-Sono Jill Nerev la nuova...
-Sappiamo chi sei. Noi siamo Jake, Christina, Mary, Klaus, Scott.-dice indicando se stesso e poi le persone vicino a lui.
-Pensavo che foste di più considerate tutte le stanze nel corridoio del personale.
-Beh di solito quelle stanze non sono mai piene. Al massimo ci siamo solo noi. E ora anche tu. D'estate quando noi stacchiamo e arrivano i sostituti le stanze si riempiono perché ci vogliono tante persone per rimpiazzarci.-dice Mary.
-Oh capisco.-dico e mi metto seduta vicino ad Amy. Mi alzo in piedi per prendermi un caffè. Vedo che alla base della macchinetta ci sono delle bustine di zucchero ma non ne prendo.
Quando torno a posto mi squadrano tutti.
-Non ha preso lo zucchero.-dice Jake.
Un attimo mi spavento. Era una prova? Mi licenzieranno perché non ho messo lo zucchero nel caffè?
-È come noi!-esclama Christina.
Tutti ridono e io tiro un sospiro di sollievo.
-Sai di solito quelli che vengono e provano ad entrare qui li cacciamo appena mettono lo zucchero nel caffè. Perché abbiamo avuto un esperienza non bella con un collega che metteva lo zucchero nel caffè. Lo so è strano ma ci fa ancora paura da quella volta.-mi sussurra Amy.
Già in effetti è piuttosto strano ma faccio finta di nulla. Dopotutto se ho già superato la prova del personale sto un passo avanti per terminare il periodo di prova.
Una volta fatta colazione usciamo tutti dalla stanza e Mary chiude la porta.
Amy mi conduce ad una stanza. All'interno c'è una ragazza. Ha i capelli castani e maglia e pantaloni bianchi. Porta delle pantofole bianche.
-Adesso ti faccio entrare. Vedo come te la cavi, in caso intervengo.-dice Amy.
-Cioè? -dico.
-Cioè ti guarderò dalle telecamere.
Vai pure.
Apro la porta e entro nella stanza.
È completamente bianca.
La ragazza mi guarda con aria di sufficienza.
Mi siedo sulla sedia davanti a lei appoggiando le carte sul tavolo di legno.
-Come ti chiami?-chiedo.
-Lo sai già.-risponde annoiata.
-Bene. Dimmi qualcosa su di te.
-Sai già qualcosa su di me.
-Allora qualcosa che ti piace fare.
-Lo sai già.
Getto il fascicolo della ragazza sul tavolo. Atterra con un tonfo.
-Senti. Cerco di aiutarti Claire Cryler. Sì so il tuo nome. Ma volevo essere gentile.
Mi sembra però che tu non sia altrettanto gentile con me.
-Evidentemente.
-Vorrei che tu mi parlassi. Parlami. Di quello che ti è successo.
Non risponde.
-Non ignorarmi.
-Se ti racconterò non ci crederai.
Mi alzo e mi avvicino a lei.
Le dico una cosa nell'orecchio.
Torno a sedermi.
-Quando sono nata ho pianto. Già. Come tutti i bambini.
Una volta che i miei genitori mi hanno portata a casa loro ho pianto ancora.
Mio fratello mi prendeva in giro quando ero ancora piccola e non potevo capirlo.
Mia madre mi ha raccontato che mi diceva:
-Non fai altro che piangere. Forse se fossi cieca smetteresti di piangere.
Insomma mi voleva bene.
All'età di tre anni piangevo frequentemente ma era ancora normale.
Avevo 9 anni.
Continuavo a piangere.
Il mio cognome per una strana coincidenza comincia con "Cry", piangere.
E a scuola mi prendevano in giro perché piangevo ancora.
Principalmente erano tre ragazzi che dicevano cattiverie il resto della classe rideva.
-Perché piangi? Ti è crollata casa?
-Perché non la smetti di piangere? Forse diventando muta avresti un motivo per piangere.
-Perché non rimani per sempre a casa senza disturbare nessuno?
Ogni giorno la stessa storia.
E piangevo, piangevo, piangevo.
Il mio pediatra diceva che ero disidratata.
Mia madre disse a mio padre che se non la smettevo il giorno in cui compievo 10 anni mi avrebbe dovuta portare all'ospedale psichiatrico.
Il giorno dei 10 anni.
Mi svegliai. Non avevo più voglia di piangere.
Mi sentivo forte.
I miei e mio fratello mi guardavano sbalorditi.
A scuola per tutto il giorno nessuno mi disse nulla ma tutti erano stupiti davvero.
All'uscita i soliti tre mi bloccarono.
Adesso mi presero in giro perché non piangevo più.
Mi infuriai. La gente non si accontenta mai di nulla.
Però mi trattenni e sorrisi.
Li salutai e andai a casa tranquilla.
Il giorno dopo a scuola i tre mancavano.
Seppi che il primo aveva una parte di casa crollata. In realtà la casa era in piedi ma la sua camera era misteriosamente caduta. Dissero che erano le travi di legno deboli.
Il secondo non poté più parlare.
Il terzo ha avuto qualcosa di strano. So solo che non è più uscito di casa da quel giorno.
Tutto quello che so è che quello che mi avevano augurato era successo a loro.
Ah dimentico mio fratello.
Ha avuto un incidente d'auto. Non si è fatto male per nulla eccetto che è diventato cieco.
-Devo ricordarmi di non prenderti in giro allora!-dico.
-Già.-dice sorridendo.
Poi si alza e si avvicina a me.
Nell'orecchio, sottovoce mi dice:
-In più riesco a prevedere alcuni fatti.
Ritorna al suo posto.
-Un attimo solo.-dico.
Esco dalla stanza e entro nella stanza adiacente.
-Amy da adesso spengo le telecamere. La paziente non ha nessuna intenzione di parlare ancora con le telecamere accese.
-Credo che tu te la stia cavando benissimo ma spegnere le telecamere e i microfoni...
-Devi spegnerli. Intanto puoi aiutare gli altri pazienti.
-Ma...
-Come faccio a farla stare bene se non mi dice tutto?
Amy annuisce. Mi lascia il controllo della stanza e poi se ne va.
Spengo tutto quanto e rientro.
-Ho spento tutto. Se vuoi puoi venire a controllare.
-No mi fido.
-L'hai predetto vero?
Sorride ma non risponde. Poi dice:
-Era una prova per vedere se eri sincera. Come sicuramente sai dal mio fascicolo sono venuta volontariamente qui.
Sapevo che si vive bene e qui mi distraggo da quello che vedo. Sapevo che saresti arrivata ma sei il primo fatto eccezionale da alcuni anni a questa parte. Altrimenti il massimo che prevedo è il dolce che c'è a cena.
-Capisco un po' monotono.
-Mi sei simpatica non so perché. Anche Amy la prima volta che è venuta mi è stata subito simpatica.-dice.
-È una previsione?
-Può darsi. O può darsi di no. A volte non capisco le previsioni finché i fatti non accadono.
-Allora vediamo ti viene una previsione? Così al momento?-dico scherzando.
Claire rimane a fissare la parete dietro di me per un po'.
-Claire! CLAIRE!
-Eh? Si dimmi.
-Tutto ok?
-Hai sentito delle porte? Le porte portano la sicurezza ma stavolta anche il pericolo.
Poi chiude gli occhi e li riapre.
-Scusa cosa?-dico.
-Le porte. Ho avuto una visione. Una porta dove ci sarà il pericolo questa notte.
-Ma quale porta? Ci sono porte ovunque in questo posto!-dico desiderosa di sapere.
-Mi dispiace non lo so. Te l'ho detto le previsioni sono sempre molto vaghe.
-D'accordo fine della seduta.-dice Amy entrando sorridente.
Claire mi sorride un'ultima volta e poi va via dalla stanza.
-Te l'ha detto?-chiede Amy.
-Sì. E ha detto che una porta sarà in pericolo stanotte.
Amy sbarra gli occhi.
-Oddio... speriamo bene...-dice.
-Speriamo.
-Bene Jill. Andiamo. Oggi è il tuo primo giorno ma devi iniziare a lavorare subito. Tra un po' serviamo la colazione. Per adesso dobbiamo aprire tutte le stanze poi la colazione.
Seguimi.
Amy mi porta verso le stanze e scopro che si aprono tutte con una leva. Una volte che le celle sono aperte Amy inizia a chiamare tutti con voce squillante dicendo di alzarsi.
Allora guardando i nomi appesi vicino alle porte inizio a chiamare anche io.
I pazienti iniziano ad alzarsi e ad uscire.
Al piano di sopra invece è più complicato.
Ogni porta ha il suo interruttore.
Amy ha un paio di fogli in mano.
-Ecco una fotocopia per te delle porte da aprire e quelle da tenere chiuse su questo piano. Certe persone vogliono essere svegliate più tardi qui ed è meglio non contraddirle.
Al piano di sopra ci sono sia i pulsanti sia le chiavi.
-Qui le persone sono un po' pericolose perciò apriamo solo per farli andare laggiù in fondo al corridoio dove c'è un'altra stanza dove stanno insieme sorvegliati e possono svagarsi un po' come al piano terra tutti gli altri.
Amy mi consegna un po' di chiavi e inizio ad aprire le celle di questo piano.
La gente che esce fuori sembra tranquilla ma ha catene e manette ai polsi.
Una volta che tutti sono entrati nella stanza chiudiamo il secondo piano a chiave.
Poi scendiamo al primo piano dove la gente non c'è più se non le persone che devono essere svegliate più tardi.
Al piano terra le celle sono già vuote così usciamo all'aperto dove i pazienti si stanno già accomodando sui tavolini.
Alcuni membri dello staff già iniziano a portare le cose da mangiare e la macchinetta del caffè fuori.
Che il mio primo giorno inizi.Poco fa c'è stata un'altra scossa.
Oddio che ansia.
Spero che il capitolo vi piaccia.
Vado veloce perché tra un po' esco di casa. A casa non mi sento per nulla tranquilla.
Ok al prossimo capitolo
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Redville's stories
Mystery / ThrillerAll'ospedale psichiatrico di Redville è appena arrivata la dottoressa Jill Nerev. Il suo compito sarà quello di ascoltare le storie dei pazienti. Le storie che sentirà saranno reali o solo il frutto della fantasia?