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"C-cosa?"
"Hai capito bene, devo ucciderla"
L'uomo aveva negli occhi un velo di tristezza, ma dentro di lui ardeva un desiderio di morte.
Erano anni che non giustiziava qualcuno, gli piaceva particolarmente, provocava in lui un fuoco che prevaleva su ogni senso di umanità.
"P-perché? E comunque non puoi farlo. Sono anni ormai che hai firmato il giuramento..."
"Devo farlo. Lei è una minaccia per tutti noi"
Il padre si rivolse all'uomo incappucciato dietro di lui
"Armand, lasciaci soli"
"Certo, mio Signore"
Ed uscì dalla stanza senza produrre il minimo rumore.
"Figliolo, forse è meglio che ti siedi"
Il ragazzo camminò verso il letto con lo sguardo fisso sul padre.
Anche l'uomo si sedette di fianco al figlio.
"Allora, ascoltami bene. So quanto tieni alla ragazza..."
"No che non lo sai!"
Sbottò di colpo Colin, alzandosi dal letto e guardando il padre con occhi di fiamma.
"Non lo sai perché tu hai ucciso mia madre! Non sai cosa voglia dire amare! Lei si fidava di te e tu l'hai uccisa!"
"Credi che abbia scelto di ucciderla? Io l'amavo più di chiunque altro! Credi che mi sia piaciuto vederla morire?! Non ho avuto scelta!"
Urlò il padre, anche lui alzandosi.
Il ragazzo rimase a fissarlo stupito, arrabbiato e confuso.
"Sono stato obbligato ad ucciderla..."
Proseguì il padre
"Così come sono obbligato ad uccidere la ragazza"
"Dimmi almeno perché"
Disse piano il ragazzo
"Ha dei poteri con i quali potrebbe distruggere il mondo intero, con un solo schiocco delle dita riuscirebbe ad ucciderti. È più potente di chiunque altro, anche di me, e sai che più potente di me non c'è nessun'altro. Lei è una mezzosangue, figlia di un mezzosangue. Non capisci quanto siano complicate le cose."
"Hai ragione. Non lo capisco. Ma c'è una cosa di cui sono certo. Non mi arrenderò così facilmente"
Il ragazzo aveva sul volto un vago sorriso, quasi da ribelle, che lasciò di stucco il padre.
"Dov'è ora? Dov'è Abigayle?!"
Urlò Colin andando verso il padre.
"A-al palazzo governativo"
Il ragazzo si precipitò alla porta, poi si voltò
"Prima... prendo questo"
Afferrò il diario dal letto ed uscì dalla porta.

"Abigayle!"
"Colin!"
I due ragazzi si corsero in contro.
"Stai bene?"
La ragazza annuì.
I capelli umidi le scivolavano davanti al viso, il trucco sbavato le finiva sulla labbra, facendole sentire lo strano sapore di chimico e mirtillo. I vestiti  bagnati le si incollavano alla pelle, e il fiato caldo di Colin le riscaldava il viso.
"Cosa ti hanno fatto?"
Abigayle tremava tra le braccia del ragazzo.
"Colin ho paura"
Sussurrò lei
"Tranquilla, non ti faranno niente finché io sono in vita"
"Ok" proseguì il ragazzo "ora è meglio andare"
Si staccò da lei e le prese la mano.
"Seguimi"
Colin iniziò a correre, e di conseguenza anche lei.
Quando furono fuori dal palazzo governativo Colin si fermò.
"Stai bene? Tutto a posto?"
Chiese lui ansimando per la corsa.
La ragazza annuì
"Tutto a posto."
"Bene"
"Ora dove vuoi andare?"
Chiese Abigayle avvicinandosi a lui.
"Non ne ho idea. Ma ho una cosa che ti appartiene"
Il ragazzo tirò fuori il diario dalla tasca interna della giacca e glielo porse.
"Lo hai letto?"
"Prima riga"
"Allora lo sai"
"Oh si che lo so. Ora andiamo"
Il ragazzo iniziò a camminare a lunghi passi, e lei faticava a stargli dietro.
"E non mi dici niente? Ora che lo sai, intendo"
"No. Niente di niente"
"Fanculo"
Colin rise e così anche Abigayle.
"Perché ridi? Ti ho appena spezzato il cuore"
"Oh, io non mi faccio spezzare il cuore da nessuno"
"Tosta la ragazza"
"Non sai quanto"
Dopo un'ora di cammino per le strade affollate di New York, raggiunsero una piccola casa abbandonata.
"Eccoci qui, il posto perfetto per passare la notte"
Disse fiero lui.
"Ma sei serio? Una casa abbandonata?"
Chiese lei sconcertata.
"Ah già, dimenticavo. Concentrati"
La ragazza strinse leggermente gli occhi e la piccola casetta scomparve per far spazio a una palazzina di un color giallo canarino.
"Ehm... ok... e ora...?"
Abigayle non fece in tempo a finire la frase che Colin era già sulla porta.
"Allora vieni o no?"

La porta si aprì con un inquietante cigolio.
La casa odorava di vecchio, di sapone e lavanda.
Era deserta e disordinata.
Una sedia a dondolo cigolava avanti e indietro nel centro della stanza.
La ragazza fece un passo avanti e calpestò qualcosa, abbassò lo sguardo e vide che quello che aveva sotto il piede era un calice d'oro.
Si chinò per raccoglierlo ma fu interrotta
"Non toccarlo"
Sussurrò Colin da sopra la sua spalla.
"Non-Farlo"
Ribadì lui.
Lei si alzò e lo guardò incuriosita.
"Ti spiego dopo. Lauren!"
Colin urlò questo nome all'improvviso, spaventando la ragazza.
"Lauren!"
Ripeté lui.
Una figura scura si alzò dalla sedia a dondolo e si diresse verso di loro.
"Colin caro, è tanto che non ti vedo"
Echeggiò una voce profonda e femminile.
"Lauren, ci serve il tuo aiuto"
Disse sicuro lui.
"E io cosa ci guadagno?"
Chiese la donna sorridendo.
Era una donna imponente, alta e robusta. Aveva lunghi capelli viola e sulla testa un velo azzurro pieno di strass.
La pelle era bianca come il latte e gli occhi neri come il carbone.
"Ci guadagni il non essere uccisa"
La minacciò lui
"È una minaccia?"
"Oh si che lo è"

-S-

Ali di pietraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora