"Abbie, che hai?"
"Nulla, continua a camminare"
La ragazza osservava attentamente ogni dettaglio di quel luogo, provando a trovare una via di fuga in caso di bisogno, ma oltre alla porta d'ingresso non c'era nessuna via di fuga sicura.
"Da questa parte"
Disse Alex sorridente, facendo un cenno con la mano indicando una specie di porta tonda in metallo.
All'interno era come un caveau di una banca, le pareti erano interamente in metallo, ed appena entrarono la porta si chiuse violentemente alle loro spalle, quasi a voler significare la reclusione.
Abigayle iniziò ad agitarsi, un po' perché non si fidava di Alex, un po' perché quella sensazione di prigionia le riportava alla mente i momenti vissuti nel manicomio.
Diede un'ampia occhiata alla stanza, fino a quando posò lo sguardo su Alex, che la stava fissando con un sorriso malefico stampato in viso.
Appena Alex vide che lo stava guardando, spostò lo sguardo verso Colin, ed iniziò a parlare tranquillamente con lui.
"Guardate, qua dormirete voi."
Il Mentisator indicò due materassi appoggiati su due piani in ferro.
Colin corse verso uno dei due letti e vi si lanciò sopra.
"Questo è il mio"
Abigayle camminò verso il materasso rimasto e ci si sedette lentamente, quasi ad aspettarsi che esplodesse da un momento all'altro.
"Smettila"
Sbottò di colpo lei verso Alex.
"Di fare cosa?"
"Di entrare nella mia testa. Non lo sopporto"
Abigayle sentiva che qualcuno la stava manovrando, e lei odiava sentirsi debole.
"E come pensi di fermarmi?"
Chiese lui sorridente.
Continuava a frugare nella sua testa, in cerca di qualcosa, di qualche informazione, di qualche punto debole.
"Ho detto smettila!"
Urlò Abigayle alzandosi i piedi.
"Uhhh l'angioletto si sta scaldando..."
Disse Alex ridendo.
Il ragazzo spostò lo sguardo verso Colin, che nel frattempo si era alzato pronto a difenderla.
"Ok, ok, vi lascio soli. A domani piccioncini!"
Il ragazzo uscì dalla stanza sbattendo la porta di metallo circolare.
"Non lo sopporto"
Disse Abigayle buttandosi sul suo letto.
"Ma dai, alla fine è simpatico. È solo un po' stronzo"
"Beh, simpatico o meno, io non lo sopporto"
"Ok come vuoi"
Si arrese Colin sdraiandosi sul suo materasso.
Si addormentarono così, vestiti, nelle stesse posizioni in cui si erano sdraiati, senza spostarsi di un millimetro.La mattina dopo Abigayle si svegliò tardi.
Guardò verso Colin, che non c'era.
Abigayle di alzò a sedere e si guardò intorno.
La stanza di metallo era deserta.
Camminò verso la porta circolare e spinse.
La porta non si aprì.
Spinse ancora, ma lo porta era chiusa a chiave.
Iniziò ad urlare ed a prendere la porta a pugni, ma sentì solo l'eco della sua voce in risposta.
Si girò verso la camera e vide la sua stanza al manicomio.
Le lacrime presero a scendere; si rigirò verso la porta e vide che era la stessa porta di ferro arrugginito del manicomio.
Si trovava nella sua camera.
Si girò verso il letto ricoperto da un leggero lenzuolo bianco, come se nessuno si fosse preoccupato della sua assenza.
Camminò verso il comodino, aprì il cassetto più alto e trovò una chiave con attaccato un biglietto.
Non manchi a nessuno.
Quella grafia le ricordava vagamente quella di suo padre, ma lasciò perdere, afferrò velocemente la chiave e lasciò cadere a terra il biglietto.
Corse verso la porta, infilò la chiave nella serratura e la girò.
La porta si aprì con uno scatto, e la ragazza uscì.
Il corridoio era sempre illuminato da quella luce al neon verde che dava a quel posto un'aria ancora più inquietante.
I dottori correvano avanti e indietro, alcuni pazienti erano seduti con addosso il loro camice, oppure con il monotono pigiama che il manicomio offriva a chi veniva ricoverato, lei non lo aveva mai indossato.
Molti ricoverati la fissavano, ma i dottori sembravano non vederla.
Iniziò a camminare verso il cortile interno, dove verso gennaio (quel periodo dell'anno) nessuno osava far uscire i pazienti.
Infatti era vuoto, e anche ricoperto di neve.
Abigayle camminò verso una panchina innevata, tolse un po' di neve con la mano e si sedette.
Una ragazza, mentre stava andando chissà dove, si voltò verso il cortile.
La guardò negli occhi per un po', poi iniziò ad urlare indicandola
"Intrusa! Intrusa nel cortile! Prendetela! Presto!"
Abigayle si alzò allarmata, ma era troppo tardi: cinque dottori erano già lì.
In piedi in mezzo al cortile, aspettava solo che venissero a prenderla, e lei sapeva bene cosa facevano agli intrusi.
Due dottori la guardarono dritto negli occhi ma poi, distratti probabilmente dagli altri tre, tornarono a calmare la ragazza dicendo che non c'era nessuno lì, e che il cortile era completamente vuoto.
Abigayle non riusciva a capire.
Lei era lì, lo sentiva, sentiva la neve sotto i suoi piedi, riusciva a guardarsi le mani, eppure i tre dottori non sembravano averla vista.
Poi vide uno dei due dottori che l'avevano guardata estrarre una pistola dal camice, puntarla alla testa della ragazza urlante e sparare.
Abigayle chiuse gli occhi, per poi riaprirli velocemente e ritrovarsi nel letto della camera a casa di Alex.
Aveva il fiatone, le mani sudate, e quel sogno le era sembrato estremamente reale.
Si voltò verso Colin, che la guardava.
"Qualcosa non va?"
Chiese lui alzandosi.
Abigayle esitò, ma poi sospirò e disse
"No, no, tutto bene"
"Tutto bene non direi..."
Disse Colin infilandosi una maglietta ed avvicinandosi ad un plico di fogli appoggiato per terra.
"Cosa intendi?"
Chiese lei sedendosi sul letto a gambe incrociate.
"Una ragazza è stata uccisa nel tuo manicomio. Forse la conosci. Si chiamava Annabeth"
Colin la guardò negli occhi, e lei capì.
La ragazza del suo sogno si chiamava Annabeth.-S-
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Ali di pietra
FantasyUna ragazza. Un ragazzo. Un incontro che cambierà la vita ad entrambe. Lei. Una ragazza maturanda che da poco è stata rinchiusa in un manicomio a causa di qualcosa che nessun'altro poteva vedere. Qualcosa di spaventoso, ma meraviglioso allo stesso t...