*le mani si posarono leggiadre sulle spalle del ragazzo, accarezzandone in un primo momento la nivea pelle; adorava passare i polpastrelli sul nudo derma, cogliendone anche le più minime imperfezioni. Sentito il respiro di lui, portò indietro la testa, già gustandosi quel assaggio di vita, che come oramai aveva capito, la mandava fuori di testa. Intorno a loro due, se si escludeva il respirare di lui, tutto taceva, una quiete irrequieta le faceva da paraocchi, costringendola a concentrare le proprie intenzioni unicamente al piacere che, quella banale azione, riusciva a donarle. Le dita, che prima vagavano spensierate sulla base del suo collo, si erano spostate ai capelli perfettamente in disordine, donando ad essi le carezze che solo ad un gatto avrebbe riservato, quelle che donava all'unico essere in grado di obbedirgli, delle carezze-premio. D'un tratto il silenzio fu spezzato dal sibilare del vento, verso che le riportò alla mente quella bestiola smeraldo che in precedenza aveva osato intralciare la sua ascensione allo specchio d'acqua, facendole immediatamente "rizzare i capelli". Le iridi nocciola rotarono verso l'altro, lasciando intravedere la sola sclera bianca, prima che le palpebre si chiudessero, e la ragazza si lasciò a peso morto cadere al suolo, tra la solleticante erbetta umida. Si portò infine l'avambraccio davanti al viso, cercando di coprire la vergogna che provava nell'avere ancora paura che quel serpente potesse ripresentarsi*
ra tocca a me, scegliere. Giuro, che non ti farò male. E tu prometti di non urlare. *appena sente la ragazza allontanarsi, per lasciarsi cadere maldestramente al suolo erboso, sussurra, spezzando quello che dovrebbe essere un silenzio, diventato persino eccessivamente oppressivo e snervante. Si affretta ad uscire dall'acqua dolce in cui è stato immerso per più di un quarto d'ora, e si scrolla, come se fosse un cane, divertito, mentre, con le mani, si aiuta a scompigliarsi e ad asciugarsi i capelli. Difatti, per non restare bagnato, una mano si posiziona sopra il capo fradicio, e questo si asciuga in men che non si dica, tornando com'era prima di entrare nel laghetto. Dopodiché, continua così, e ripete l'azione fluidamente e senza fermarsi sulle altri parti del corpo, fino a divenire completamente asciutto, come se mai fosse entrato a farsi il bagno. Di certo non lo fa davanti alla coetanea, bensì dietro, di modo che -tralasciando l'avambraccio che le copre gli occhi- non possa vederlo. Al momento esatto che la affianca, calze, scarpe, e jeans scuri sono stati nuovamente indossati, esattamente come la collana -costituita semplicemente da una catenina in acciaio e da una targhetta con su inciso il nome di lui stesso, e la data di nascita-, gli anelli argentei, e gli orecchini del medesimo materiale, solo, alcuni, rivestiti di nero. Aspetta la sua risposta; non che gli servisse davvero la sua approvazione o meno, solo per educazione e perché, nel modo migliore in cui questa faccenda può mutare, non deve usare necessariamente la forza, solo per strapparle qualche gocciolina di sangue. Come lei ha usato lui, ora tocca a lui, fare di lei, la sua sacca personale.*
... Non credo di aver scelta, d'altronde io stessa ho dettato le regole di questo gioco, no~? *Piegò in avanti la schiena, per permettere a sè stessa di sedersi e, successivamente, di posare il mento sulle ginocchia -avente le gambe piegate-, mentre entrambe le file dei candidi denti presero a mordere con quasi voracità il labbro inferiore, oramai rosso non solo più per il rossetto passatovi sopra, ma anche per le troppe volte che la ragazza finiva con morderlo, facendo scoppiare alcuni dei capillari che donavano un roseo colorito naturale alle labbra. Le sopracciglia corvine furono issate e poi riabbassate con tanta velocità che quasi il gesto parve inesistente, al contrario del sospiro, lungo e sibilante, che scaturì da quella piccola figura. Aveva notato come egli era già asciutto, come già indossava gli abiti un tempo abbandonati sulla vasta distesa d'erba, il che le riportò alla mente la domanda che aveva precedentemente porto al ragazzo, ma che lui, prontamente, aveva evitato con la scusa dell'alcool. Tentò quindi una seconda volta di scoprire cosa, quella creatura troppo perfetta per essere umana, fosse in realtà; ciò che quei falsi sorrisi nascondevano, riuscendo ad ingannare anche forse il più attento degli osservatori. Forse, il detto "gli occhi sono lo specchio dell'anima", era più valido per quel ragazzo che per la persona stessa che gli aveva dato vita, difatti le iridi scure -quasi vuote- erano l'unico particolare di lui che non seguiva la linea della spensieratezza che alle volte si poteva scorgere sul suo viso* ... Cosa sei?