Capitolo 5.

146 9 0
                                    

Appena raccontai a mia madre della situazione di Aurora aveva preso il primo volo insieme a Greg per raggiungermi a Londra, ancora oggi mio fratello nonostante fossero passati anni non capiva perche avessi deciso di stare a Londra e non di tornare a Mullingar.
La mia città natale sarebbe sempre rimasta nel mio cuore ma ora la mia casa era a Londra, la mia vita, i miei amici, la mia piccola famiglia era lì e non me la sentivo di stavolgere la vita di tutti tornando in Irlanda. In oltre le mie donne amavano Londra tanto quanto me, era lì che avevo conosciuto Aurora, era li che volevo stare, ogni anno andavamo in vacanza e a me andava bene cosi.
Avevo parlato con il dottore e avevamo deciso di dire piano come stavano le cose a mia moglie, perché poteva risultare troppo traumatico per lei e peggiorare la sua situazione. Aveva detto anche che era meglio se per un po non avesse visto Summer, quella frase, giuro sulla cosa più importante della mia vita, mi aveva spezzato il cuore.
Mia madre mi aveva detto di non preoccuparmi, avrebbe preso la mia bambina con lei dicendole che avrebbero fatto una vacanza come quelle estive e che le avremmo spiegato lo stretto necessario.
La maggior parte del tempo continuavo a passarla in ospedale, ma non stavo sempre con lei, avevo paura di farle male, stavo sempre in sala d'aspetto, non riuscivo a muovermi di lì, tornavo a casa per dormire e lavarmi.
-Papà, quando torno da casa di nonna passeremo tutto il tempo con la mamma?- chiese la mia piccola mentre era seduta sul suo lettino guardandomi sistemare la sua valigia. -Ma certo amore mio- dissi chiudendola e piegando le ginocchia e mettermi alla sua altezza.
-Anzi facciamo cosi, dimmi un posto in cui ti piacerebbe andare, qualunque posto.- le sorrisi dolcemente.
-DISNEYLAND- strilló entusiasta battendo le sue manine -poi voglio andare al mare!- continuo.
-Quando tornerai a casa andremo tutti e tre a Disneyland e cercheremo la spiaggia piu bella del mondo per andare al mare, va bene? Io, tu e la mamma.- le promisi accarezzandole la guancia facendola sorridere mostrando i buchini tra i denti che le erano caduti durante quei mesi e che pian piano stavano ricrescendo.
-Bene ora però andiamo, l'aereo parte tra un po e nonna insieme a zio Greg ti stanno aspettando.- dissi prendendo la sua minuscola mano tra la mia a dir poco enorme messa a confronto.

Arrivai i ospedale un ora e mezzo più tardi, mi sedetti in sala d'aspetto, come sempre un una seggiola in plastica blu, non c'era nessuno poiché non era orario di visite, anche se io essendo il marito sarei potuto entrare in qualunque momento.
Ero totalmente immerso nei miei pensieri, insomma, mia figlia era partita, cosi piccola, in un altro stato senza di me, senza la sua mamma.
Avevo fatto bene?  Era la scelta giusta per lei? Stavi fallendo come genitore?
Era tutto cosi maledettamente complicato.
Mi passai una mani tra i capelli frustrato -Hei- mormorò una voce poi, facendomi bloccare il cuore per poi farlo battere furiosamente, alzai lo sguardo e a pochi passi da me c'era Aurora che mi guardava, indossava un pigiama azzurro, quel l'ossessione non l'aveva mai persa, adorava quel colore in una maniera quasi maniacale.
-C-ciao.- dissi abbassando lo sguardo sulle mie mani.
-So che sei sempre qui, puoi entrare ne sarei piu che felice- sorrise teneramente mentre le sue guancie si soloravano di rosso, sembrava di essere tornati indietro nel tempo quando riuscivo a metterla in soggezione solo puntando il mio sguardo ghiacciato sul suo verde limpido.
-Non volevo disturbarti, sai?- mormorai una volta che si era seduta accanto a me.
-Non mi disturbi, e poi non é bello stare venti ore al giorno da sola e quattro ore scarse con Jessica e quelli che reputavo fino a pochi giorni fa i miei idoli. Mi sembra solo che siano usciti dai poster della mia camera, e non ricordavo neanche di essere a Londra.- disse lei alzando le spalle.
-Come mai stavi gironzolando per l'ospedale?- chiesi.
-Perché ero stanca di stare a letto, e poi Jes mi dice sempre che sei qui, stesso angolo, stessa poltroncina- rispose con un sorriso.
-Vuoi un caffé o qualcosa dal bar?-
-No, ti ringrazio, Liam ha fatto la scorta nel mio armadio.- disse trattenendo una risata -É strano quanto mi conosca.-
-Anche io ti conosco, sai?- ridacchiai.
-É una sfida?- sibiló lei assottigliando gli occhi.
-So quanto litighiamo perche continui a dire che il milka agli oreo é piu buono di quello alle nocciole anche se io continuo a sostenere il contrario, perche é così- dissi ridacchiando.
-Dio mio, Horan, io ero convinta che nella band fossi quello che se ne intendeva di piu di cibo, una cosa del genere me la aspettavo da Louis- esclamò fintamente indignata.
-Faró finta di non aver sentito. So anche che sei arrivata a Londra per cappare dalla tua vita in Italia, tormentata per colpa di tuo padre, e che qui credevi di poter realizzare i tuoi sogni di scrittrice e di incontrarmi.- dissi facendola arrossire per l'ultima frase.
-E so anche che nella parte finale della schiena hai un tatuaggio con scritto il titolo della tua canzone preferita di Ed 'Give me Love'- sorrisi guardandola sgranare gli occhi per poi sorridere.
-Si,mi conosci sul serio.- sorrisi annuendo semplicemente.
-Che ne dici se guardiamo un film nella mia camera mentre ti sbrani  tuo milka preferito?- chiese ridacchiando.
Senza pensarci due volte la presi per mano trascinandola nella sua piccola camera.

Amnesia •Niall Horan•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora