-Revisionato-
Era ormai più di un'ora che camminavo senza meta per le strade di New York, era senza soldi e inevitabilmente senza speranze.
Prima di incamminarmi però, al fidanzato di mia madre, quello stronzo, rubai una pistola calibro 9, non per farci qualcosa di particolare, sia chiaro, non avevo intenzione di usarla, era solo per scopo personale, per legittima difesa.
Non l'ho mai sopportato, ho sempre nutrito nei suoi confronti un sentimento di forte antipatia. Ho sempre suggerito a mia madre di rifarsi una vita, felice e spensierata, ma non avrei mai pensato che si sarebbe imbattuta in un tipo simile. È proprio vero che l'amore rende ciechi, ma oserei dire anche stupidi.
L'aria di novembre era secca e fredda, le labbra mi erano diventate ormai viola, tremavo e i jeans strappati non aiutavano affatto. Iniziavo già a sentire la mancanza di casa mia, delle mie abitudini, la mia routine, ma presi la decisione di non voltarmi e di proseguire dritta per la mia strada. Mia madre avrebbe dovuto scegliere me, piuttosto che quel bastardo del suo fidanzato. Sentivo la mancanza di mio padre, ma nonostante non fosse con me fisicamente, sentivo in modo costante la sua dolce e confortante presenza.
Continuai a camminare con la testa colma di pensieri e dubbi, con gli occhi ormai pieni di lacrime, ma nonostante ciò mi sono sempre reputata una ragazza forte, o per lo meno ci ho sempre provato.
Il cellulare emise un suono, minacciò di spegnersi <Non adesso, ti prego!> Dissi ad alta voce sperando che il telefono accogliesse la mia richiesta di farmi chiamare Sophie, la mia migliore amica.
Spento.Morto.Cazzo.
'Come faccio?!' Pensai 'Dove dormo? E come raggiungo Sophie a piedi e, soprattutto, senza soldi?'
<Sono un'incosciente.> Bisbigliai.
In un parchetto lì vicino notai un gruppo di ragazzi intenti a fumare erba, la riconobbi per il fumo denso e l'odore inconfondibile che invase le mie narici e, senza pensarci, ovviamente, mi avvicinai.
<Ehy bellezza, ti serve aiuto?> Uno dei quattro mi rivolse un sorriso malizioso e scattò in piedi avvicinandosi a me. <Potete prestarmi un cellulare, per favore? Il mio è scarico e devo fare una chiamata urgente.> Ero in imbarazzo, ma cercai di non farlo notare adottando il mio classico atteggiamento spavaldo. Mi incantai a guardare, nel frattempo, il più taciturno del gruppo, moro, occhi verdi, un accenno di barba, sul metro e ottanta.
Un figo, insomma.<Allora dolcezza?> La voce del ragazzo di prima mi riportò alla realtà, dato che mi ero imbambolata e isolata dal resto del mondo. <Allora cosa?> Lo fissai per capire cosa volesse.<Ho chiesto 'Come ti chiami?'> Si avvicinò sorridente. <Mi chiamo Alyssa, ma questa cosa è secondaria, mi prestate o no un dannato telefono?> Sbottai improvvisamente e il tizio senza preavviso mi accarezzò la guancia invitandomi a stare calma.
<Tieni quelle mani lontane da me.> Indietreggiai impaurita, iniziai a penare che non era stata per niente un'idea brillante. <Ho capito.> Iniziai ad andare via all'indietro <Me ne vado, gentilissimi eh.> Provocai senza rendermene effettivamente conto.
<Tieni, ma sbrigati.> Il ragazzo taciturno dagli occhi verdi mi passò il suo smartphone e notai sul polso un tatuaggio interessante. Lessi 'Adrenalina' e affianco c'era raffigurata una corona. Carino.<Grazie.> Chiamai immediatamente Sophie, mi intimò di non muovermi e che sarebbe arrivata in quel posto in una mezz'oretta.Restituii il telefono al ragazzo ringraziandolo. <Vuoi che ti faccia compagnia?> Mi rivolse nuovamente la parola, sempre serio e composto. <Chi mi dice che sei affidabile?> Affermai sedendomi su una panchina, seguita dal ragazzo. <Più di loro> indicò i compagni sballati <lo sono sicuramente.> Accettai la sigaretta che mi stava offrendo sfilandola dal pacchetto per poi portarla alle labbra, prontamente avvicinò l'accendino accendendola. <Comunque, io sono Dylan. Tu come hai detto che ti chiami?><Alyssa.>
<Bene, Alyssa. Cosa ci fai tutta sola a quest'ora? Non è sicuro.?> Scosse la testa rimproverandomi. <Non sono cose che ti riguardano, Dylan.>
Mi alzai dalla panchina e, a passo sostenuto, incominciai a girare intorno a tutto il parco. I suoi amici erano andati via, ma lui continuò a fissarmi per tutto il tempo.
<Cosa fai con una pistola nei pantaloni?> Domandò nel momento in cui gli passai davanti, mi prese per un braccio fermandomi. <Ma non sono cazzi tuoi, ma come ti permetti di farmi la morale, chi ti conosce.> Mi staccai dalla sua presa, sedendomi tremante sulla stessa panchina di prima.
<Ho la macchina qui dietro, ti accompagno a casa, se vuoi.> Propose vedendomi in quella condizione disperata. <Stanno venendo a prendermi.>
<Come vuoi, non insisto, ma stai attenta. Sei una ragazza sola, giovane, bella e armata. Potrebbe succederti qualsiasi cosa. Di notte questo posto cambia. Prendi almeno la mia giacca, stai andando in ipotermia.> Mi raccomandò porgendomi la giacca che sfilò prontamente mentre pronunciava quella frase, ma il suono di un clacson distolse la mia attenzione, era Sophie. <Vedi, problema risolto. Non sono più una ragazza sola. Devo andare.> Presi la felpa e salutai il ragazzo e, salendo in macchina, avvertii un senso di sollievo e di calore mai provato prima.
<Grazie al cielo sei arrivata.> Mi stesi praticamente sul sedile poggiando i piedi sul cruscotto dell'auto ricevendo un'occhiataccia dalla mia migliore amica. <Leva quei piedi Collins!> Tentò di farmi cambiare posizione, ma quel suo gesto servì solo per farci finire contromano.
<Pensa a guidare, io ho bisogno di relax.> Chiusi gli occhi e l'odore della felpa mi inebriò.
<Agli ordini capo.>
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Adrenalina.
RomanceAlyssa Collins è una ragazza semplice e con i piedi per terra, ma a 18 anni decide di andare via di casa e di vivere con la sua migliore amica Sophie. Alyssa è una ragazza alta 165 cm, con gli occhi color nutella e i capelli mossi e castani, ha un b...