Capitolo 5

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Dopo una veloce doccia, i due giovani si rivestirono e andarono al mercatino arabo più grande di Tunisi, quello che si trova in centro. I due ragazzi passeggiarono fra le bancarelle coloratissime, ricolme di stoffe, tappeti, frutta e spezie dai profumi inebrianti, così forti da far girare la testa.

I venditori gridavano per attirare l'attenzione dei clienti. Andrea comprò la rosa del deserto, un minerale che presenta pieghe regolari, somiglianti a petali di rosa. Non è difficile trovarlo, appena sotto la sabbia del Sahara, ma è di sicuro un souvenir d'obbligo, per chi visita i paesi del Nord Africa.

Ad un'altra bancarella, un giovane arabo, con bellissimi occhi da cerbiatto, gli vendette due flaconi di profumo, “Eau dans le désert”, “Acqua nel deserto”. Andrea aveva aperto uno dei flaconi e annusato il profumo, acutissimo e molto penetrante, come erano un po' tutti i profumi arabi. Alessandro comprò una piastra per ardere l'incenso e diversi bastoncini aromatici da bruciare. Poi d'improvviso, su una bancarella vide una bella camicia bianca li lino, con un ricamo arabo. Contrattò in maniera estenuante, come è d'obbligo fare nei suk arabi, e per pochi dinari l'acquistò.

«Andrea, vorrei regalarti questa camicia. Penso che addosso a te sia stupenda», disse porgendo il pacco al ragazzo.

Andrea prese la camicia e sorrise: «Grazie Ale. Mi piacerebbe che accettassi questo profumo da parte mia», disse poi, porgendogli una delle due scatoline, contenente la boccetta con l'essenza. «Sono felice di essere qui con te», disse poi il ragazzo di Asti, guardandolo con occhi sorridenti.

“Dio mio... mi sto innamorando”, pensò Alessandro, non riuscendo a capire se era più felice o più preoccupato. «Sono felice anch'io, Andrea. Non hai idea quanto».

Tornati in albergo, i due uomini si baciarono ancora, ma decisero di risparmiare le forze per il giorno seguente.

Alessandro tornò nella sua camera, pulì i residui del suo incontro con Andrea e si mise sul letto. La sua mente si mise a fantasticare, immaginando di tornare in Piemonte, di vivere insieme con Andrea e magari un giorno, chissà, sposarlo. Si sentiva come sospeso a mezz'aria, in balia di un sentimento leggiadro di felicità. Si addormentò con molta difficoltà: era stato un giorno magnifico, di forti emozioni, l'adrenalina non si era ancora esaurita nelle sue vene.

Andrea tornò nella sua camera e rivide i suoi amici.

«Ma che fine hai fatto?», gli chiese Adele, una sua vecchia amica fin dai tempi delle scuole medie. «Guarda che lo dico a Miriam, che sparisci tutto il giorno, e magari te la fai con qualche bella francesina», sogghignò in tono scherzoso.

«Ma no, sono stato a riposare e poi sono uscito con un ragazzo di Torino, che viene alle gare di nuoto con me. Questo pomeriggio Siamo andati al suk di Tunisi, quello bello, in centro».

«Bhe, ce lo potevi dire, che ci venivamo anche noi, invece di starcene qui a perdere tempo in albergo», lo rimproverò Piero, il ragazzo di Adele.

Andrea si sentiva a disagio, odiava dover mentire ai suoi amici. Nella sua testa c'era tanta confusione, tanti desideri contrastanti e tanti sensi di colpa.

«E che tipo è questo di Torino?», chiese Antonella, l'amica di Adele, che col marito Ferruccio, costituiva l'altra coppia. «Presentacelo, così usciamo tutti insieme», propose Ferruccio con entusiasmo.

«Si chiama Alessandro, ha ventinove anni, fa lo steward».

«Cazzo! Allora è un figo della madonna!», esclamò Antonella, che – nonostante fosse sposata – o forse proprio perché era sposata, era sempre molto interessata alla bellezza maschile.

«Sì è proprio bello. Alto, moro, occhi scuri, viso regolare...», cominciò Andrea.

«Vabbè se è così bello è meglio che non ce lo fai conoscere», disse Ferruccio con malcelata invidia.

Ferruccio non era di certo un modello: alto, magro, aveva gli occhiali da vista con montatura metallica e stava perdendo i capelli davanti. Chi lo incontrava pensava che fosse un giovane intellettuale, benché avesse a malapena il diploma e lavorasse come operaio in un'industria dolciaria.

«E' qui con la morosa?», disse Piero.

«E' single, ma non parlerei di morosa: Alessandro è gay». Ci fu un attimo di silenzio, nessuno sapeva cosa dire. Perché Andrea aveva deciso di trascorrere la giornata con uno steward gay?

«Faccelo conoscere comunque», disse Antonella, per spezzare l'imbarazzo.

«Va bene, con piacere», rispose Andrea.

«Ma... c'è qualcosa fra di voi?», chiese cautamente la donna, che aveva sentito una nota di eccessivo entusiasmo nella sua descrizione.

Andrea guardò per terra, si rabbuiò, e dopo un po' alzò lo sguardo e parlò lentamente: «Sapete, mi succede una cosa strana. Quel ragazzo mi attrae fisicamente. Non sono gay, voi lo sapete, ma per la prima volta provo un certo interesse per un uomo. Parlo dal punto di vista fisico».

«A me non è mai capitato», disse Ferruccio. «Ma so di altri casi di “folgorazione sulla via di Damasco”, per così dire».

«Ma tu non provi niente per lui? A parte l'attrazione fisica?», chiese Adele, con tono serio.

«Non lo so...», rispose Andrea, soprappensiero.

«Hai intenzione di parlarne con Miriam?», sondò Adele.

«E che le dico? Ci penso un po' e poi, quando torno ad Asti, la vedrò e affronterò a questione», ribatté il giovane.

Prima di addormentarsi pensò ad Alessandro, ai momenti di tenerezza, ai baci e alle carezze. Sentì affiorare nella sua anima il desiderio di stargli vicino, di toccarlo, di fare l'amore con lui.

Negli altri letti le due coppie riposavano. Alzò la testa per scrutare meglio nella stanza buia. Adele dormiva e Piero russava già, vinto dal sonno. Gli sembrò di scorgere un movimento nel letto di Ferruccio e Antonella. Pensò che si stessero masturbando reciprocamente, in maniera silenziosa.

Ripensò ad Alessandro e alla scopata grandiosa del pomeriggio. Ebbe un'erezione; con la mano sistemò meglio il pene. Poi cominciò a masturbarsi piano piano, cercando di sfiorare la zona del filetto con il dito indice. Pensò alle sue spinte e al godimento che Alessandro aveva provato sotto i suoi colpi. Immaginò che il giovane di Torino gli stesse facendo un pompino e che lui stesse per venire nella sua bocca. L'orgasmo arrivò rapido e – non essendosi portato appresso dei fazzolettini di carta – si pulì col lenzuolo, sperando che non si sentisse troppo l'odore dello sperma nella stanza, l'indomani.

Placato il desiderio, il ragazzo ripensò ad Alessandro e alle sue parole: “Sono felice anch'io, Andrea. Non hai idea quanto”. Era vero: non ne aveva idea, aveva solo una gran confusione.

La mattina dopo, alle otto, Alessandro, ancora in dormiveglia, sentì bussare alla sua porta. «Sono io, Andrea», disse una voce dietro l'uscio. Si alzò di scatto e si rese conto di avere addosso solo gli slip. «Arrivo!», gridò, mettendosi al volo i calzoncini che giacevano per terra.

«Ciao», disse vedendo Andrea. Il sorriso ampio e luminoso denunciava la sua felicità per la visita inattesa. «Come mai qui a quest'ora?», chiese con la gioia di chi riceve un gradito dono.

«Volevo chiederti se hai già fatto colazione. Ma devo intuire di no: stai dormendo!», disse Andrea, ridendo.

«Vorrei che ti unissi a me e ai miei amici. Gli ho parlato di te e ti vogliono conoscere».

«Va bene. Vediamoci fra mezzora: il tempo di farmi una bella doccia. Mi vesto e vengo giù. Ci vediamo nella hall?».

«Ti aspetto», rispose Andrea a bassa voce, accarezzandogli la guancia. Alessandro lo guardò intensamente, con desiderio, poi – a malincuore – chiuse lentamente la porta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 24, 2016 ⏰

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