VI

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Aren abbassò lo sguardo sul suo bicchiere, di nuovo vuoto, con un cenno della mano chiamò il cameriere e chiese che gli fosse riempito.

Questi giunse con il bicchiere nuovamente pieno, ebbe appena il tempo di posarlo sul tavolo prima che Aren lo prendesse e lo vuotasse in un unico sorso. Iniziò a tossire per la gola che gli andava a fuoco e la testa che iniziava a girargli. Aveva perso il conto di quanto avesse bevuto, ma non era ancora riuscito a soffocare quelle maledette parole del Conte che continuavano a riaffiorare nella sua mente, assieme al suo sorriso divertito. Avrebbe tanto voluto prenderlo a pugni e strappargli quel risolino dalla bocca, assieme a tutti i denti.

Mi ha concesso di rientrare nel Circolo, il bastardo, ma a che prezzo! Mi ha chiesto di uccidere Cyril, con un sorriso benevolo e compassionevole, e quella semplicità e candore irritanti. Come se fossi capace di fare una cosa simile.

«Ho bisogno di un altro bicchiere» mugugnò, e il cameriere tornò prontamente a riempirglielo.

Come se non bastasse Valentine è rimasto a guardare, senza dire o fare nulla, senza intervenire, senza muovere un dito, lasciando che il Conte mi condannasse a morte. Lui, che si professava mio amico.

Bell'amico! Si è mostrato null'altro che un vile traditore, che trae godimento solo nel farsi inculare dal suo caro Conte. Un fetente leccaculo, fatto della stessa merda del compare, ecco cos'è!

Aren emise un verso a metà tra uno sbuffo e un grugnito, alzò il bicchiere in un gesto automatico, ma lo trovò desolatamente vuoto, ancora una volta.

Tastò le tasche, ma trovò solo qualche banconota sgualcita, bastante appena per pagare quello che aveva bevuto fino a quel momento; non avrebbe potuto permettersi un altro bicchiere nemmeno volendolo. Con un sospiro frustrato gettò il denaro sul tavolo e si alzò a fatica dal tavolo, barcollando.

Uscì incespicando dal "Papavero nero", un locale tetro e sordido dove andavano a rifugiarsi i disperati come lui, che cercavano di soffocare i propri pensieri e i propri dolori in un sorso d'oblio; un ritrovo per oppiomani, dove una marmaglia di diseredati accasciati contro le pareti di legno chiaro, cercavano di soffocare le loro sofferenze in una sorsata fumosa di droga o alcol, dall'odore acre e penetrante.

Aren non era mai stato attratto da posti simili, non aveva mai sentito il bisogno di rifugiarsi in essi, fino a quel momento. In quella notte di disperazione e desolazione, l'insegna arrugginita e cigolante era stata come un'isola di salvezza in mezzo al mare, o così aveva creduto.

Con i sensi ottenebrati dall'alcol cercò di raccapezzarsi in quel dedalo di stradicciole di periferia, dove i condomini popolari si accalcavano gli uni sugli altri, opprimenti e soffocanti, lasciando appena uno spiraglio perché la luce fosca dei lampioni vi penetrasse a illuminare il sudiciume che invadeva le strade. Riemerso dalla semioscurità del locale, persino quella luce così flebile e incerta gli ferì gli occhi e lo costrinse a socchiuderli. Fortunatamente era ancora abbastanza lucido da riuscire a orientarsi, e con passo malfermo, imboccò uno dei vicoli che portavano ai quartieri occidentali della città. Lo attraversò a passo di carica, gli edifici di mattoni sconnessi che gli scorrevano davanti agli occhi in un susseguirsi ubriaco di chiazze sui toni dei bruni, macchiati della luce pallida dei lampioni.

Aren si maledì: solo allora si era reso conto di quanto fosse stato sciocco, di quanto non avesse soppesato bene i pro e i contro della faccenda, delle conseguenze fatali della sua decisione.

La sirena dell'"Arsenic in the shell" gli sorrise grottescamente dalla sua insegna in ferro all'angolo del vicolo, deridendolo.

Era stato uno stupido e un arrogante: aveva preso una decisione avventata, aveva seguito le sue pulsioni, il suo istinto, nella sciocca presunzione di poter sostenere una condizione del genere, di poter vivere delle sue scorte fino a quando non si sarebbe deciso a nutrirsi di Cyril, e invece si era rivelata tutta un'enorme stronzata. Non aveva preso in considerazione tutte le implicazioni, e ora ne stava pagando il prezzo, un prezzo troppo alto da sostenere.

Incubi SereniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora