La Bramasangue si stava pian piano facendo largo in lui, lo prostrava e lo lasciava senza fiato ogni volta che una stilettata di fame lo colpiva al petto.
Aveva cercato in lungo e in largo un Maliardo che fosse in grado di aiutarlo, ma come aveva temuto, tutti avevano risposto, con lo stesso sguardo triste e compassionevole negli occhi, che solo chi aveva imposto l'incantesimo avrebbe potuto spezzarlo.
Intanto Aren aveva allontanato Cyril, con la scusa di essere malato. Senza sentire costantemente il suo odore, anche la sua fame era meno famelica. Un leggero, profumo, però, continuava ad aleggiare nell'aria, un fantasma che lo tormentava nei momenti in cui aveva meno controllo di sé.
La scusa non era nemmeno troppo lontana dal vero: si sentiva sempre più debilitato, disfatto e affamato, era diventato ancora più pallido e smunto, profonde occhiaie scure gli solcavano gli occhi mettendo in risalto l'azzurro glaciale delle iridi, si trascinava penosamente dal letto alla poltrona e spesso non aveva nemmeno la forza per lasciare le lenzuola. Soprattutto nelle notti di luna piena, quando gli effetti della Bramasangue erano più forti, la fame si faceva più acuta e il bisogno del sangue di Cyril più impellente e insistente, minando seriamente il suo autocontrollo e la sua sanità mentale, si ritrovava prostrato a tal punto dalla lotta contro i propri istinti da aver accarezzato l'idea di togliersi la vita pur di far terminare quella tortura.
Fu proprio in una di quelle notti che Cyril tornò.
La Bramasangue aveva affinato i sensi di Aren, in particolare il suo olfatto, per questo percepì l'odore del ragazzo prima ancora di sentirlo bussare.
«Andatevene, non voglio essere disturbato» gridò con voce roca, ma un colpo di tosse lo costrinse a troncare le parole a metà.
«Sono io, Cyril. Sono venuto a vedere come stavi» rispose la voce ovattata del ragazzo, al di là della porta.
«Vattene Cyril, non voglio vedere nessuno» ripeté Aren. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era proprio avere quel ragazzo tra i piedi, non avrebbe potuto scegliere momento peggiore. Il suo odore si era già insinuato nella stanza e ne impregnava l'aria, Aren non si ricordava di quanto fosse dolce e delizioso, pur essendo flebile e tentennante.
«Sono preoccupato per te!» piagnucolò il ragazzo.
Il Vampiro alzò gli occhi al cielo, odiava quando la voce di Cyril prendeva quel tono lacrimoso, non riusciva a resistergli.
«Sono malato, non ti conviene entrare, potrei contagiarti» tentò Aren.
Dal ragazzo non giunse risposta, e il giovane si permise di tirare un sospiro di sollievo, se n'era andato.
«Non mi importa» rispose, invece, dopo un momento di silenzio.
Merda pensò Aren, Cyril era tornato alla carica, il suo tono di voce aveva perso ogni sfumatura patetica prendendo un'intonazione decisa e ferma «Mi ammalerò comunque a stare qui fuori al freddo. E ho proprio intenzione di rimanere qui fuori al freddo fino a quando non aprirai la porta»
«Dannazione Cyril! Non voglio che ti ammali anche tu!» esclamò Aren. Perché doveva essere così dannatamente testardo?
L'odore del ragazzo si era fatto più intenso e penetrante, invitante. La sua fame ebbe un guizzo.
La parte ancora lucida di Aren cercò di fermare quella ormai sotto il dominio della Bramasangue che si era alzata e si era diretta verso la porta.
«Stupido ragazzo cocciuto e infantile» borbottò mentre l'apriva. Cyril aveva appena firmato la sua condanna a morte. Non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito a tenere sotto controllo la Bramasangue, che aveva iniziato a ruggire e scalpitare dentro di lui alla vista del ragazzo: Cyril stava saltellando da un piede all'altro sui gradini di marmo dell'ingresso, battendo i denti, nonostante fosse intabarrato in una cappa di lana blu notte, il cappuccio calato a coprirgli il viso, solo gli occhi lampeggiavano sotto quel trionfo di tenebre. Aren si era dimenticato di quanto fossero luminosi, ipnotici e belli e non ricordava che avessero così tante sfumature di verde, e non ricordava nemmeno le piccole efelidi disseminate sulle guance, rosse per il freddo.
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Incubi Sereni
VampireAren è un reietto, un escluso: è stato cacciato dal Circolo per aver osato innamorarsi, di un Umano, per giunta, rischiando di compromettere la sicurezza del Circolo stesso che da anni protegge e nasconde le creature della notte agli sguardi degli A...