→ Creepypasta origins

Radioface

Era passato un po' di tempo da quando mi ero trasferito in una nuova città, una di quelle cose che uno ogni tanto fa per lavoro. Ad ogni modo, era piuttosto inquietante e strano qui, ma non era la zona, erano i suoi residenti. Ogni mattina quando andavo a lavorare incrociavo gli sguardi dei miei vicini. Quegli sguardi che erano pieni di disprezzo e di insicurezza. Non gli avevo dato molto peso e avevo cercato di ignorarli.
Una sera, mentre stavo tornando a casa dal lavoro, ho trovato un biglietto appeso alla mia porta. Lentamente mi sono avvicinato all'uscio per staccarlo.
L'ho aperto e ho letto: "Scat!*" scritto sulla nota. Pensai subito allo scherzo idiota di qualcuno, così l'ho appallottolato e l'ho gettato via.
«LUI è ancora qui...», disse una voce sinistra alle mie spalle.
Il mio respiro si era fermato per un secondo e mi sono guardato intorno. Ho visto una vecchia signora in piedi accanto alla mia macchina.
«Chi sarebbe... LUI?». Ho chiesto esitante, squadrando sospettoso la signora.
«Quello che uccise la famiglia che viveva qui prima». Rispose, scomparendo lentamente nel buio.
«Aspetta!». Mi affrettai a dire, ma prima che io me ne potessi accorgermene la donna era già scomparsa nel nulla.
Ho scosso con la testa e sono entrato in casa.

Quella notte, mi sono girato e rigirato più volte nel letto per svegliarmi infine intorno alle 4:50 ricoperto di sudore freddo. Avevo sognato quella signora e quello che mi aveva detto prima. Lui, chi era Lui? Volevo sapere chi era e cosa era successo a quella famiglia. Così ho deciso di investigare su quello che poteva essere successo alla famiglia che viveva qui prima di me.
Mi sono alzato e ho portato il mio laptop in cucina.
Dopo averlo acceso, mi sono messo a cercare su Internet delle informazioni. Ho usato i motori di ricerca, chiesto informazioni su alcuni forums e visitato il sito web della mia città.
«Oh andiamo... non ho trovato niente!». Ho sospirato dopo ore di ricerche.
Ci voleva sempre un po' prima di ricevere qualche risposta sui forum, così ho spento il laptop e ho aspettato un paio di giorni.
Dopo qualche giorno mentre stavo controllando la mia casella di posta elettronica quando ho notato di aver ricevuto una mail. Sono rimasto sorpreso e ho iniziato a leggere il messaggio.

"Ciao,
ho visto che stai cercando risposte su quello che è successo in quella casa, dove stai vivendo ora. Sfortunatamente, non posso raccontarti i dettagli, ma posso solo dirti che chi né fu responsabile abbandonò la casa. La maggior parte dell'equipaggiamento si trova ancora immagazzinato nell'attico, ma eventualmente potresti dare un'occhiata e trovare qualcosa di utile o addirittura trovare la risposta che stavi cercando".

Un po' insicuro ho chiuso il laptop e mi sono alzato dalla sedia.
Avevo un sacco di tempo prima di dover tornare al lavoro così sono salito nell'attico. Ho portato con me una torcia elettrica, ho aperto la porta e ho cominciato a salire le scale.
C'erano un sacco di scatoloni e di vecchie cose private che appartenevano alla famiglia che aveva abitato nella casa, ma non avevo trovato nessuna prova fino a quel momento.
Con delusione me ne sono tornato giù per le scale, finché il mio sguardo non si è posato su un vecchio computer e me lo sono portato di sotto.
L'ho messo nel soggiorno e ho spolverato quel velo di polvere che si era accumulato nel tempo.
Dopo averlo collegato e avviato, ho notato subito che qualcosa non andava.
Il disco rigido era vuoto, e non vi era nulla al di fuori di un file, rinominato 'Sound.mp3'.
Scettico, ho cliccato su di esso e ho avviato il lettore multimediale.
Continuava a sembrarmi strano che non vi fosse rimasto altro se non quel file. Quando il lettore aveva avviato la traccia non si sentiva nulla. Ho controllato le casse, ma erano accese e sembrava che tutto fosse nella norma. Dopo 30 secondi ho sentito un debole ronzio.
Sembrava lo stesso che faceva la radio quando non prendeva il segnale. Il suono aveva iniziato ad incrementare e altri suoni distorti avevano iniziato lentamente a farsi sentire. Il rumore aveva iniziato a diventare sempre più forte, quasi al punto da far male alle orecchie.
Ho provato a chiudere il lettore multimediale, ma non rispondeva ai comandi.
Si aprì una casella di testo:

"Non ci sono vie di scampo".

I miei occhi si spalancarono e ho continuato a tentare di chiudere il lettore multimediale. Il rumore era sempre distorto. Mi sono afferrato la testa tra le mani e mi sono alzato in piedi. Il suono si interruppe all'improvviso quando era crashato il computer.
Mi sono lasciato cadere sulla sedia fissando lo schermo nero.
Ho ancora sentito dei rumori, anche se in casa tutto era tranquillo. Quel misto di rumori, toni distorti e onde ad alta frequenza mi aveva portato un insopportabile mal di testa che aveva perdurato tutto il giorno. Al lavoro, ho raccontato ad una mia collega quello che era successo, ma lei rise dicendomi che dovevo aver fatto un brutto sogno e che sarei dovuto tornare a casa a riposare.
Quando tornai a casa, il mal di testa era diventato ancora più intenso. Mi sono trascinato fino al bagno e ho aperto l'armadietto dei medicinali. Ho preso una pastiglia da un flacone e ho richiuso. Quando ho spostato lo sguardo sullo specchio ho visto qualcosa alle mie spalle. Mi voltai subito, ma non vidi nessuno. Mi strofinai gli occhi e sospirai di sollievo, sebbene stessi tremando e avessi un fastidioso nodo alla gola.
«Buon Dio sto iniziando ad avere le allucinazioni... dovrei andare a letto», pensai mentre mi stavo dirigendo in salotto. Ho sentito il suono del file riecheggiare di nuovo nella mia testa, quindi mi voltai subito verso il computer, che trovai spento.
Scossi con la testa e lentamente, mentre scorrevo lo sguardo sulla stanza, notificai la presenza di qualcuno che se ne stava in piedi al centro del corridoio, fissandomi. Non riuscivo a distinguere i lineamenti del suo viso, perché la sala era poco illuminata e perché lui indossava una felpa col cappuccio. Mi sono affrettato verso la cucina senza perdere di vista l'uomo. Ho afferrato il coltello più grande che potessi trovare. Mentre mi stavo voltando indietro il ragazzo si era spostato e ora si trovava esattamente di fronte a me. La sua vista mi congelò per qualche frazione di secondo. Non aveva occhi. Al posto di quelli aveva due cerchi neri che parevano le manopole del volume di una vecchia radio. Alcune vene penzolavano fuori dai fori agli occhi dove erano incastrate le manopole. Ho impugnato il coltello e l'ho puntato su di lui.
«TU CHI SEI?! Vattene!!!». Gli ho urlato con un tono incerto e ho iniziato a minacciarlo con il coltello.
Lui non rispose. Semplicemente alzò una mano e iniziò a girare una delle manopole che aveva al posto degli occhi. Sul momento il rumore si fece più intenso e distorto nella mia mente, e i miei occhi si spalancarono lasciando cadere il coltello in terra.
«Basta... basta!». Urlai, mentre mi piegavo in avanti.
Non smise e continuò a girare la manopola. Il rumore si faceva sempre più intenso. Lo guardai implorante e notai che mi stava parlando, ma non riuscivo a sentire una parola di quello che mi stava dicendo perché il rumore nella mia testa sovrastava la sua voce. Era troppo forte.
Il mio corpo si tese come una corda di violino, diventando completamente rigido e paralizzato in quello stato. Sembravo appena sprofondato in uno stato di trance. Non avevo più il controllo.
Lui abbassò la mano e si chinò su di me. Mi porse di nuovo il coltello che mi era caduto in terra e mi aiutò a tirarmi su. Ora, mi trovavo lì fermo in piedi, davanti a lui, con il coltello serrato in mano e con libero arbitrio. Ancora una volta aveva iniziato a girare la manopola e lentamente, ho iniziato a muovere la mano, anche se non ero io a comandarne il movimento, e notai che si stava rivoltando contro di me. Nella mia mente ho cercato di lottare e di contrastarla, ma non riuscivo. Ho sentito la prima coltellata al petto e la lama ha iniziato a lacerarmi verso il basso dallo stomaco in giù. Il sangue scorreva copiosamente dalla ferita e il dolore era lancinante. Ho stretto l'impugnatura e ho diretto la lama verso la mia gola.
Ho cominciato a piangere, mentre lentamente quella lama affilata si piantava dentro la mia gola. Ho lasciato cadere il coltello e poi, ho iniziato a lottare disperatamente per respirare fin quando non sono caduto a terra annaspando il mio ultimo respiro.
L'ultima cosa che ho visto era l'uomo con le manopole al posto degli occhi sorridere verso di me.

Note:

*Scat = da Urban Dictionary, pare si tratti di una forma contratta di "Get Out Of Here!", ovvero "Vai via di qua!".