2. Obbligo o verità

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Scesi le scale con la mia amica, trovando i miei amici –non tutti lo erano– già seduti in cerchio, sul pavimento, con al centro una bottiglia di birra vuota, sicuramente avevano appena finito di bere.
Rivolsi un'occhiata verso la chioma rossa di Silvia, sembrava tranquilla come se non fosse successo nulla e ne fui contenta.
«Dai iniziamo!» urlò Giada ficcandosi tra Jacopo e Elisabetta. Io mi intrufolai tra Giovanni e Riccardo: volevo stare il più lontano possibile da Michele, che proprio in quel momento mi guardò, mi fece pure un sorrisetto e io dovetti stringere i denti per non saltargli alla gola.

Dopo svariati turni dove non capitai mai, iniziavo ad infastidirmi, nonostante mi facesse morir dal ridere che capitava sempre Riccardo; che puntualmente doveva mangiare qualche schifezza preparata al momento o dire qualcosa imbarazzante, e fu anche costretto a farsi la ceretta a una gamba.
Quando la bottiglia punto me, dovetti prenderla e girarla a mia volta, speravo con tutte le mie forze che capitasse Michele, ma non successe... la bottiglia si fermò dritta dritta su Ivan «Obbligo o verità?» chiesi di rito «Obbligo» rispose portandosi le mani dietro la nuca –ovviamente–, seccata, pensai a qualche scemenza da fargli fare ma poi mi cadde l'occhio su Silvia: Oh oh oh. «Devi baciare-» feci una pausa in cui sbiancò un pochettino «Silvia» dissi tranquilla sfregandomi le mani, sorrisi perché vidi la mia amica arrossire e non poco. Partirono commenti divertiti da ogni parte del cerchio, ma io fissai Ivan con sguardo incoraggiante «Dai, su, baciala. Un bacio serio» specificai, lui fece spallucce e io risi. Silvia si mise proprio al centro del cerchio mentre Ivan si alzò in piedi, la rossa guizzo in piedi anche lei – e per poco non cadde– lo guardò, potevo quasi sentire il battito del suo cuore da dove stavo. Ivan poggiò una mano sulla sua guancia e la baciò subito, senza aspettare neanche un secondo, non riuscì ad interpretare cosa volesse dire: gli piaceva oppure voleva finire la cosa infratta?
Mi cadde l'occhio su Giada stava; Fissando Michele?! Sbarrai gli occhi, lo fissava troppo intensamente e senza mai distogliere lo sguardo, corrugai la fronte perché non era possibile, ero paranoica, a lei piaceva un certo Federico di 5A, anzi, gli piacevano parecchi ragazzi diversi... E "andava" con parecchi ragazzi diversi. Si girò a guardarmi e io le chiesi che aveva, lei sorrise e quel suo sorriso non mi piacque affatto – cosa avrà mai in mente?–.
Guardai attentamente il momento esatto in cui Ivan si staccò dal bacio con Silvia, aveva lo sguardo perso e io mi sfregai le mani un'altra volta: ero davvero una buona amica.
«Ragazzi!» richiamò tutti la nostra attenzione Giada «Ho una bella idea. Che ne dite di una scommessa?» sembrarono tutti pronti a sentirla, ma io già sapevo che non mi sarebbe piaciuta «Girerò la bottiglia e i due che capiteranno avranno la comodità di poter dormire nel letto a una piazza e mezzo di Maria» spalancai la bocca, io non le avevo dato alcun permesso, mi alzi velocemente, tutti sembravano entusiasti di avere l'occasione di non dormire sul pavimento nei sacchi a pelo «Giada vieni un'attimo in andito» la chiami e forse avevo l'espressione di una mamma ma non me ne preoccupai, sapevo di essere troppo dolce e buona per dirle di no, ma volli lo stesso chiedere il motivo «Perché una cosa simile? Potevi almeno chiedere» mi guardò con gli occhi da cucciolo «Scusa e che mi è venuta quest'idea e non ho aspettato per proporla» scossi la testa «Ma con chi vuoi dormire scusa?» chiesi con l'accenno di un sorriso sulle labbra «No ma. Io. Con nessuno e che pensavo che avrebbe fatto piacere a certe persone» non la bevvi, ma non feci domande mentre tornavo di là.
«Ma vale anche per me?» chiesi quando Giada stava per far girare la bottiglia «Ehm, certo» disse prima di farla partire.
«Michele» No, proprio lui doveva contaminare il mio letto con i suoi germi da deficente? Era possibile che la serata andasse peggio: a quanto pare si... «Maria». «No! Allora qualcuno può prendere il mio posto!» scossi immediatamente la testa guardando la faccia soddisfatta e divertita di Michele. No, mai. «Dai Mari, mi vuoi dire che ti faccio così schifo?» sgranai gli occhi «Si, eccome! Domattina mi sveglio con qualche strana malattia se ti dormo affianco!» risero tutti, quelli stronzi non avrebbero preso il mio posto, solo per farmi un dispetto così grande. Sbuffai, non era possibile... Sembrava l'inizio di uno dei miei libri. Michele mi si avvicinò cercando di cingermi le spalle «No, giuro che vado a predente la mia racchetta da tennis e te la spacco in testa!» lui rise di me –ma perché non gli facevo mai perdere il controllo– a lui io facevo solo ridere e questo mi irritava più di tutto.
Io non ero una scorbutica, non lo ero per niente.
I miei amici amavano la mia dolcezza e il fatto che conoscendomi meglio mi rivelavo anche un po' più dura, molto "maschiaccio": mi piacevano i videogiochi e lo sport, così come la le scampagnate e il campeggio. Essendo cresciuta a pieno contatto con la famiglia di mio padre, ovvero, con i miei zii, mio nonno e i miei tre cugini (Federico, Luca e Francesco i miei migliori amici nonché le persone a cui tenevo di più) avevo ricevuto l'esempio da un numero maggiore di maschi.

Andai in cucina con la scusa di portare del cibo, ma in realtà volevo solo calmarmi un attimo. Non mi stavo divertendo molto ed era tutta colpa di Michele, dovevo trovare una soluzione: dovevo prendermi gioco di lui, come lui faceva con me.
Era davvero stupido il modo in cui reagivo, se mi fossi mostrata più tranquilla e più menefreghista nei suoi confronti, forse sarei riuscita a condurre il gioco... Per una volta.
Tornai dai miei amici con un vassoio pieno di dolcetti e caramelle: halloween era il giorno perfetto per strafogarsi di dolci. «Io no grazie, sono a dieta» mi disse Elisabetta quando le misi il vassoio davanti «Amore mangia e stai zitta, sei bellissima» Giovanni e Elisabetta erano la coppia del gruppo, stavano insieme da più di nove mesi ed erano davvero innamorati. Elisabetta aveva una corporatura parecchio robusta, e anche i suoi genitori erano così, quindi si trattava di una questione di geni e non poteva farci più di tanto, ci stava male ma per fortuna aveva al suo fianco un bravo ragazzo come Giovanni che la vedeva bellissima per quello che era. E di questo la invidiavo molto.
Avvicinai alla bocca il dolcetto che aveva fatto mia madre per mangiarlo, quando lo ritrovai spalmato su metà faccia. Mi immobilizzai, sentendo tutti i miei amici ridere. Respirai a fondo: dovevo mostrarmi indifferente e dovevo stare al gioco «Ma io volevo mangiarlo» mi lamentai facendo ridere ancora di più tutti quanti, osservai Michele che con un gran sorriso in volto mi stacco il dolcetto dalla faccia, ne prese un po dalla mia guancia con il dito «Volevo solo incoraggiati a mangiarlo» si leccò il dito, poi io mi leccai le labbra. Risi ancora fintamente, trattenendo la furia omicida dentro di me.
«Dai andiamo a metterci i pigiami, così poi guardiamo il film» propose Silvia «Va bene, noi femmine su voi maschi qui giù, nel bagno del soggiorno» ordinai. Cercai di alzarmi dal tappeto senza sporcarlo della crema che avevo su tutte le mani, se solo non avessi cercato di pulirmelo dal viso. Goffamente cercai di alzarmi con i gomiti, poi ripensai a chi mi aveva fatto lo scherzo. Allungai le mani e mi sollevai aggrappandomi alla sua maglietta «Ehi!» cominciai a ridere, ti sta bene. Mi guardò per poi prendere le mie mani e leccarne una, scossi la testa, anche se sentii brividi attraversarmi tutto il corpo quando le sue labbra toccarono le mie dita. Sali di corsa le scale per raggiungere le altre.

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