10. Vite parallele

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«Aurora?» chiamava nel bosco una voce bianca, mentre una pallida mano spostava delle leggere fronde verdi dal volto giovane.

Con passo insicuro la figura si muoveva tra i cespugli di more e bacche, mentre si poggiava con le mani ai robusti tronchi degli abeti e delle querce presenti in quella vasta foresta.

«Aurora! Dove sei?» urlò per l'ennesima volta la ragazza, scuotendo i lunghi capelli dai riflessi celesti.
Non ricevendo risposta, continuò a camminare finché non arrivò al ruscello, dal quale era solita prelevare l'acqua per la sua famiglia.
Osservò le limpide increspature della superficie immergersi e scontrarsi tra loro in piccoli spruzzi vivaci, mentre le pietre bianche e grigie rimanevano visibili sotto il mutevole specchio trasparente.
Un fruscio proveniente dalle sue spalle la fece girare di scatto, portando una mano al petto per lo spavento. Eppure, non avendo visto nulla, cercò di calmarsi, ma più ci provava più sentiva il bisogno di osservare il buio tra le fronde del bosco di fronte a lei.

«Bu

D'un tratto una figura spuntò fuori e la travolse, facendola paralizzare e urlare di paura. Una volta cadute a terra, una forte risata pervase l'aria, mentre la giovane dai riflessi color del cielo si riprendeva dallo spavento.

La figura che le era piombata addosso si tirò su in piedi, scrollandosi l'abito rosa pallido dai residui di terriccio.
«È stato fantastico! Avresti dovuto vedere la tua faccia, Eutùmia!»

«Non osare fare mai più una cosa del genere!» gridò irritata la più giovane delle Thrierahl, mentre tentava di rimettersi a posto pure lei.
«Non si sa mai cosa si nasconde in questi boschi, Aurora»

Aurora ondeggiò la chioma color del grano dietro la schiena, cercando di ordinarsela, mentre sbuffando diceva «Oh, Mia, ti ho solo fatto uno scherzo...»

Ma Eutùmia sapeva che Aurora poteva correre molti pericoli: erano passati anni dall'ultima notizia riguardo a Moctèria, ma le Thrierahl sapevano che il giorno promesso sarebbe presto arrivato, e nulla avrebbero potuto fare a quel punto. Dovevano tenere la Principessa al segreto da tutti, perfino da se stessa.

Avevano fatto una promessa ai sovrani, ed intendevano rispettarla.

«Su, andiamo sorella, ci staranno aspettando per cucinare la cena» disse, chiudendo il discorso.

Ripercorsero la strada verso casa, mentre Eutùmia canticchiava e piroettava sulle radici sporgenti degli alberi.
Aurora osservava il bosco, coglieva qualche bacca per riporla nelle tasche e avvicinava il volto ai colori pungenti delle rose selvatiche, i suoi fiori preferiti, per assaporarne il profumo.

Una volta arrivate alla piccola casetta di legno e paglia, costruita in una minuscola pianura in cui gli alberi si diradavano giusto per far spazio al tetto, Eutùmia corse in cucina, mentre Aurora andò nell'orto sul lato ovest dell'abitazione, solitamente ombroso e fresco, per posare le bacche appena colte.

Le era sempre piaciuta la loro casa nel bosco, soprattutto per l'orto che lei e sua zia Fùsea curavano da quando ne aveva memoria.

A Floris, che aveva deciso di fingere di essere sua madre, non piaceva stare nella terra e sporcarsi troppo le mani, così si erano divise i compiti: Aurora e Fùsea curavano l'orto e coglievano le bacche, i funghi e tutto ciò che era buono da mangiare e commestibile, mentre Floris cucinava con l'aiuto di Eutùmia, che puliva la casa e preparava la tavola.

Floris e Fusea erano abbastanza invecchiate dal giorno in cui erano partite con la Principessa dalla Reggia di Vanaria, ma ciò non aveva influito molto sul loro aspetto fisico, anzi, quasi affatto. Di conseguenza, avevano dovuto adottare dei travestimenti al fine di sembrare davvero una madre e una zia per la Principessa Rosaspina: Floris, con l'aiuto della sua magia, si era tinta di rosso i capelli e si era trasformata in una donna di mezza età bassa e grassottella, mentre Fusea, usando delle foglie del profondo bosco, si era tinta i capelli di marrone scuro, lasciando dei filamenti argentei. Entrambe, già al momento della partenza dalla reggia, grazie alla loro magia avevano reso la loro pelle più rosea e le loro ciglia più folte, avendo così l'aspetto di due umane di mezza età. Eutùmia invece era rimasta praticamente identica, il tempo non aveva affatto mutato il suo aspetto fisico: era pallida, come tutte e tre le fate, ma dimostrava un'età attorno ai diciott'anni. Per sembrare più umana, dal momento che le altre due fate non le avevano permesso di utilizzare la magia su se stessa per paura che non riuscisse a gestirla a dovere, in quanto molto giovane, doveva bere ogni sera una tisana preparata con erbe di cui solo Fùsea conosceva la forma e l'origine, ma che le donava un incarnato roseo e sfumature più calde, tendenti al biondo, alle ciglia e ai capelli.

Sembravano davvero delle contadine che vivevano nel bosco.

Le Thrierahl avevano anche nascosto le loro bacchette in una botola sotto le assi del pavimento nella camera di Floris, promettendosi che fin quando Risaspina fosse rimasta con loro non le avrebbero usate per nessuna ragione al mondo.
Era necessario rimanere anonime e non destare sospetti.

«Madre, ho trovato dei mirtilli!» annunciò Aurora, entrando dentro casa salterellando di qua e di là. 

«Che fortuna, cara. Stasera zuppa di zucca e per finire una manciata di mirtilli col miele, allora» disse Floris, andandole incontro ed abbracciandola. Aveva maturato nei confronti di quella piccola bionda un affetto tale e quale quello di una madre, tanto che non doveva affatto fingere di volerle bene, le era naturale.

«Oh, grazie!» rispose Aurora poggiando il mento sulla morbida spalla della madre, avendo apprezzato l'annuncio del suo menù preferito.
A Fùsea piaceva crescere e curare le piante da frutto e i fiori, e ogni primavera Floris le chiedeva di poterne potare qualcuno per abbellire la casa. E ancora più puntualmente, le quantità che Fùsea donava non erano abbastanza, e la Thrierahl rossa ne chiedeva molti di più, così che in casa ci fosse una perenne confusione tra gambi tagliati, fiori nei vasi e fiori che aspettavano di essere invasati.
Di sicuro però, era apprezzabile la fragranza profumata che avevano fatto proprio le pareti legnose della casa.

La serata si svolse come al solito: mangiarono riunite al tavolo rotondo in legno al centro della piccola sala piena di fiori, cianfrusaglie e attrezzi, mentre Floris si lamentava di tutto quel disordine, causato in realtà proprio da lei, e subito dopo andarono a dormire per prepararsi alla sveglia di prima mattina.

Ma il giorno predestinato sarebbe presto giunto, e forse avrebbero dovuto godersi di più quei bei momenti, perché di certo sarebbero mancati a tutte loro.

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