1.

377 20 3
                                    

Good Guys

I bravi ragazzi sono quelli che quando escono non toccano alcol perché sanno di dover riportare gli amici sani e salvi a casa.
I bravi ragazzi sono quelli che cercano una relazione seria, una fidanzata da sposare e con cui avere figli da far diventare persone di successo.
I bravi ragazzi sono quelli che le superiori le hanno finite e hanno preso anche la laurea, magari in medicina.
Milano è covo di finti bravi ragazzi.
In periferia però c'è un altro tipo di "good guys", quello a cui appartengo.

Non vi accorgereste nemmeno della sua esistenza perché prima delle due di notte neppure l'insegna è accesa. Il suo sembra un ingresso di servizio tanto è piccolo e anonimo. Ma al suo interno c'è quella parte di Milano che ha voglia di staccare dal solito mondo grigio. L'attrazione principale del Good Guys siamo noi, i "bravi ragazzi" della notte. Non ci prostituiamo, non veniamo pagati per avere contatti fisici con i clienti.
Spesso ci finiamo a letto, è vero, ma non c'è nulla di illegale.
E' che i ragazzi sono curiosi e noi sappiamo suscitare molto interesse.
Una volta questo posto era semplicemente un gay club, una sera si presenta una drag queen e d'improvviso l'atmosfera cambia e il barista inizia a vendere molto di più. Siamo nati così.
Io sarei potuto essere l'orgoglio della mia famiglia: figlio unico, maschio, di bell'aspetto, almeno ora, e abbastanza intelligente.
Il mio piccolo problema è composto da vestiti femminili, trucco, parrucche... In generale: Pamela.Mi chiamo Federico di solito, solo quando sono al Good Guys c'è Pamela.
Vi verrebbe da ridere al sapere che in realtà io una fidanzata ce l'ho. Non so definire quello che provo per lei ma non è solo una copertura. Il fatto è che lei non mi basta.
Il fatto è che sembra tutto più eccitante quando Federico lascia il posto a Pamela ed è lei ad essere sbattuta contro la parete e non Federico.
Voi ne siete già disgustati, non è così?
Ma va bene, non è importante, racconterò la mia storia comunque.
Dicevo, mi chiamo Federico e abito a Milano. Ho vent'anni, una fidanzata e un lavoro che mi permette di vivere. Sono una drag queen e un assiduo frequentatore del Good Guys.
Il destino ha deciso di dare una scossa alla mia vita in una tiepida sera di maggio.

Era più o meno da un anno che esisteva Pamela. Ero arrivato al punto di tingere i miei capelli di un colore rosato tendente al lilla. Decisamente osceno. Fortunatamente se lavori in un negozio di tatuaggi nessuno ti dice niente.
Era molto più comodo non dover morire sotto ad una pesante parrucca. Mettevo le lenti a contatto azzurre, la matita, l'ombretto, il rossetto e un po' di fondotinta e il gioco era fatto. Certe volte, quando mi permettevano di fare dei pezzi rap, indossavo una semplice maglia bianca e dei jeans. Volevo essere coerente.
Era in una di quelle serate che entrò lui, uno spilungone tutto ricci sparati e un ridicolissimo accento. Era entrato da solo e, nonostante la giacca dorata urlasse "notatemi", sembrava desideroso di rimanersene per i fatti suoi.
Sorrisi istintivamente. Probabilmente era nuovo di questo mondo ed era intimorito. Mi avvicinai a grandi passi prima che potesse farlo qualcun altro.
-Ciao, dolcezza! Non sei di qui, vero? - chiesi e nel frattempo lo squadrai meglio. Doveva essere più alto di me di una ventina di centimetri. Rimpiansi di non aver messo i tacchi quella sera.
Il riccio mi sorrise e scosse il capo. Si morse il labbro e si guardò furtivamente intorno.
-Sono da Londra ma sono Libanese! - mi spiegò e dovetti trattenermi per non scoppiare a ridere. Era decisamente uno straniero appena arrivato. Mi porse la mano con la più innocente delle espressioni e per un attimo ne rimasi stordito. Dopo un anno di misere presentazioni atte solo a portarmi nel bagno per scoparmi, quella genuina dolcezza sembrava qualcosa di surreale.
-I'm Mika! Ma tu non dire in giro, ok? Io non... Dovrebbe...? -arricciò il naso, rendendosi conto dell'errore ma non sapendo come sistemarlo. -Dovrei! -lo corressi io. -Non dovresti essere qui, giusto? - domandai. Lui annuì, silenziosamente grato per avergli semplificato la frase.
-Come hai trovato questo posto? Non mi sembri uno che vive a Milano da molto...- Ridacchiai. Intanto ci spostammo su un divanetto e prendemmo due birre.
-My friend Giulio, lui mi ha deto che c'era questo club... Io sono qui solo per poco... Tu proprio non conosci me, right? - rise dolcemente e si scostò i ricci dalla fronte con un gesto delicato della mano.
Aggrottai la fronte e lo guardai meglio. Doveva ricordarmi qualcuno?
Non era un tipo di cui potersi dimenticare ed ero certo di non averlo mai visto in vita mia. Scossi lievemente il capo e lui ne sembrò deluso. Bevve un sorso di birra e tornò a sorridermi.
-Tu come ti chiami? - chiese, gli occhi puntati nei miei.
Per un attimo esitai a rispondere. Avevo l'impressione che fosse più interessato a Federico che a chi ero in quel momento. - Pamela...- mormorai in imbarazzo.
Non mi ero mai sentito a disagio lì dentro e invece ora quel riccio stava riuscendo a farmi sentire totalmente sbagliato. Mi osservò attentamente e inclinò il capo da un lato.
-You're so cute, Pam! - commentò con tenerezza, come se stesse parlando ad un barboncino.Strinsi le labbra in quella che sembrò più una smorfia che un sorriso.
-In genere mi vesto meglio...- provai stupidamente a giustificarmi. -Questa è la serata in cui posso rappare e... Non avrebbe senso con un bel vestitino addosso...-mormorai. Mi sembrò di tornare davanti a mia madre, quel giorno che dovetti spiegarle perché stavo indossando un suo vestito da sera.
-A me piace così! Sei più.. Real! Sei più tu! Penso...- si morse ancora il labbro e persi un battito.
-So.. Sei un rapper? - Mi chiese mentre si sfilava la giacca, accaldato. Io presi un sorso di birra e annuii.
-Sì, mi piacerebbe cantare anche da qualche altra parte... Ci sto lavorando! - ammisi in un lieve sospiro.
Lui mi guardò con un sorrisetto furbo e in un attimo riuscì a mandarmi in crisi.
Mi ero sbagliato su di lui? La sua innocenza era tutta una farsa?
Appena aveva varcato la soglia della porta ero certo di volermi far sbattere da lui, adesso ero abbastanza titubante. Poteva anche essere un serial killer per quello che ne sapevo.
-Fai sentire qualcosa! - mi pregò. In un batter di ciglia era tornato il cucciolo di labrador che mi aveva attratto.
Pensai che la birra mi stava già dando alla testa e che dovevo semplicemente rilassarmi un po'.
-Tra poco salirò sul palco! -alzai le spalle. -Mi raccomando, non fischiarmi se non ti piaccio o non ti pago la birra! - lo minacciai scherzosamente. Lui rise piano e annuì.
Una decina di minuti dopo venni chiamato ad esibirmi. Mi sistemai il rossetto e mi sporsi a dare un bacio sul collo al mio nuovo amico. Sentii Mika irrigidirsi e fremere sotto alle mie labbra. Sospirò lievemente e mi seguì con lo sguardo.
Mi diede la giusta carica per fare un'esibizione da professionisti. Non penso di aver mai ricevuto così tanti applausi.
E Mika era lì, in piedi, ad applaudire, felice come una vecchia zia orgogliosa.
Di solito, dopo la mia esibizione, mi trovavo un tipo con cui passare la notte. C'erano alcuni che potrei definire scopamici. Quella sera non cercai nessuno di loro. Tornai da Mika, che mi inondò di complimenti in Inglese. Non ero proprio un drago e capii ben poco, mi bastava sapere che erano belle parole.
Tra una birra e l'altra, trascorremmo ore a parlare di tutto. Io gli confessai il mio sogno di diventare un rapper e la paura di essere costretto ad una vita monotona, lui mi raccontò della sua famiglia, delle sue tante sorelle, di quanto gli mancasse il Libano e di come fosse bella Parigi con la neve. Evitò sempre di spiegarmi perché si trovasse a Milano e io mi rifiutai di dirgli il mio vero nome.
Alle sei del mattino, quando ormai il locale era completamente deserto, il proprietario ci cacciò abbastanza in malo modo. Scoppiammo entrambi a ridere e ci abbracciammo. Eravamo ubriachi fradici. Gli stampai un bacio sulla guancia e uno sul colletto della camicia. Mi aveva detto di adorare il segno del rossetto addosso.Mi strinse a sé e mi sussurrò un "grazie" sulle labbra. Si sporse quel tanto che bastava per baciarmi e rimanemmo così, uniti in quel casto bacio, per un buon minuto. Separarsi fu come smettere di respirare.
-Bye, beauty! - mi salutò e se andò, lasciandomi da solo in mezzo al marciapiede, ubriaco e con lo stomaco in subbuglio. Non era passato nemmeno un minuto e già mi mancava. E cosa sapevo di lui? Nulla. Probabilmente Mika era uno pseudonimo. L'unica cosa che potevo fare era sperare in un suo ritorno al Good Guys. Ero irrimediabilmente cotto di lui.

Good guys |AU!Midez|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora