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Mi chiamo Federico, ho ventiquattro anni e la mia vita è un agglomerato di mai una gioia.
Vi ricordate di quell’incontro con l’amico di Mika? Non mi presentai.
Sia chiaro: io volevo andare! Ma quando chiamai su messenger Mika per ringraziarlo, lui mi disse
di avere una fantastica notizia. Si era fidanzato. Stava con un cameraman che lo seguiva durante i
concerti.
Forse il mio comportamento fu infantile ma non riuscii a prendere bene quella notizia. Decisi di
chiudere con lui e con qualsiasi cosa gli riguardasse, compreso l’uomo che avrebbe potuto
cambiare la mia vita.
Inaspettatamente togliermi dalla testa quel bastardo questa volta mi risultò facilissimo.
Mi fidanzai con Giulia, la ragazza che frequentavo ogni tanto e andammo a vivere insieme. Avevo
trovato un lavoro in un’officina e non era niente male, mi aveva permesso di abbandonare il Good
Guys e con la paga riuscivo a vivere dignitosamente. Michael aveva tentato per mesi di
contattarmi ma io lo avevo ignorato totalmente. Tempo dopo ebbe il coraggio di scrivermi che con
il suo tipo era finita e che avrebbe tanto voluto parlarmi. Ormai ai miei occhi però lui valeva più o
meno quanto tutti quelli che giuravano di amarmi mentre mi davo da fare con loro.
Aprii un canale su youtube e iniziai a postare lì un po’ di musica mia. Non cercavo la fama, ero
rassegnato all’idea che non sarei mai diventato qualcuno, non che prima ci credessi molto ma nel
periodo “Mika” avevo un briciolo di speranza.
Poi la domanda che mi porsi anni prima trovò finalmente una risposta: no, non si può eliminare di
netto una propria parte di sé senza conseguenze.
Venni notato da un piccolo producer che mi permise di incidere un disco con una decina di pezzi.
Fu qualcosa di incredibile. Per me era un sogno già solo mettere piede in uno studio di
registrazione, tutto quello che mi stava capitando era surreale e fantastico. Mi dava anche molta
più soddisfazione il fatto di essere stato notato grazie alla mia musica e non per via di una
raccomandazione. Era importante.
Passai qualche settimana alternandomi tra il lavoro e lo studio e sì, era davvero dura ma fu uno dei
periodi migliori della mia vita! Arrivavo a fine giornata cotto come una pigna ma con un sorrisone
in viso. Giulia era felice per me, mi supportava. Lei intanto si era iscritta all’università per cui i miei
impegni extra erano solo tempo in più per studiare per lei. Mia madre aveva provato a chiedermi
se lei fosse l’amore della mia vita… Nonna fu molto più diretta e mi chiese se avessi intenzione di
sposarla e farci figli. Scoppiai a ridere e non risposi. Non sapevo che cosa volevo fare nel futuro e
non volevo pensarci. In un modo o nell’altro stavo costruendo finalmente qualcosa di decente, le
basi per un’esistenza più felice magari. Bastava dire così ai miei per farli smettere di lamentarsi.
Un mercoledì pomeriggio cambiò tutto di nuovo. Ero arrivato in studio in anticipo e mi stavo
prendendo una cioccolata calda alla macchinetta, e più che cioccolata sembrava latte e cacao,
quando nel salottino entrò un tipo sulla trentina che conoscevo fin troppo bene.
Era uno dei miei clienti al Good Guys e il figlio del mio produttore. Una sensazione di nausea mi
assalì non appena il suo sguardo si posò su di me.
Nella mia testa si stavano già proiettando le peggiori scene ma non successe nulla di tutto ciò.
Semplicemente, passando, mi palpò il fondoschiena con una mano. Rimasi lì, confuso ed
impietrito.
Me l’ero cavata decisamente bene e non potevo che esserne felice. Di certo non mi aspettavo che
quello fosse l’inizio di un incubo.
Ogni volta che arrivavo una decina di minuti in anticipo lo trovavo lì, pronto a toccarmi o a
strusciarsi “accidentalmente” contro di me. Non reagivo perché sapevo che quel suo perverso
giochetto aveva come obiettivo proprio il farmi alzare la voce contro di lui. E chi è il coglione che si
mette contro il figlio del proprio capo che può raccontare le peggio cose su di te?
Smisi di arrivare in anticipo. Per un po’ funzionò, poi ricominciai a trovare quel fottuto maniaco
anche durante le pause.
Una sera mi seguì in bagno e mi disse chiaramente cosa voleva: il mio corpo in cambio del suo
silenzio.
Il primo istinto fu quello di spaccargli la faccia con un pugno. Ma non potevo farlo.
La seconda idea fu di fargli notare che io avrei benissimo potuto fare lo stesso con lui, avrei potuto
raccontare al padre di come piacesse intrattenersi al suo pupillo.
E a questo punto uscirono delle foto. Erano degli scatti fatti durante un paio di rapporti e se
fossero finiti in mani sbagliate, io avrei anche finito di vivere. Per cui accettai quel malsano
accordo.
Inizialmente si limitava tutto al sesso orale in bagno. Limitava è una parola stupida perché non
rende nemmeno lontanamente l’idea di come io mi sentissi ma il punto è che le cose peggiorarono
drasticamente e in breve mi ritrovai ad essere la puttana personale del figlio del capo.
Come se non bastasse, a settembre del 2012 un album dal titolo “Origin of love” mi colpì
violentemente in faccia.
Ne seguì anche il coming out di Mika e pensai di odiarlo perché non solo diventava sempre più
famoso e aveva una vita fantastica, aveva anche trovato il coraggio per ammettere di essere
innamorato di un uomo.
Mi sentii un po’ un vigliacco. Giulia non immaginava nemmeno lontanamente di avere a che fare
con un bisessuale, ex drag queen e prostituto. Era meglio che nessuno lo sapesse mai.
Comunque comprai quel nuovo album e mi misi ad ascoltarlo una sera che Giulia era uscita con le
amiche. Come ho detto, quel cd mi colpì, metaforicamente, in faccia. Non avevo la certezza che
“Love you when I’m drunk” fosse stata scritta per me ma nella mia testa quello era il suo modo
poco carino di vendicarsi del fatto che lo avessi allontanato.
Un po’ me lo meritavo pure perché sì, lui mi aveva scritto del suo nuovo fidanzato e poi del fatto
che si fossero lasciati ma aveva anche scritto di un bruttissimo incidente accaduto alla sorella e io
non gli avevo mai risposto, nemmeno quando mi pregava di potermene parlare perché non sapeva
con chi potersi sfogare.
Forse il karma mi stava solo ripagando per questo.
Mentre i miei dischi iniziavano ad essere venduti sugli scaffali dei negozi di musica, la mia mente
ricominciò ad accusare seri problemi. Mangiavo molto meno, non dormivo, mi allenavo fino a non
avere più la forza nemmeno di alzare un dito ed evitavo il sesso con Giulia.
Naturalmente lei pensò che ci fosse qualcosa sotto. Mi chiese se avessi iniziato a prendere strane
sostanze, se mi fossi cacciato in qualche grosso guaio o cose simili. Più negavo più lei si faceva
sospettosa. Disse tutto ai miei genitori e loro decisero di mandarmi da uno psicologo.
Agli inizi di novembre decidemmo di fare una vacanza a Roma. Mi serviva un po’ di svago, lontano
da tutto il marcio di Milano. Era stata Giulia a decidere dove andare e aveva organizzato tutta la
vacanza. Ci divertimmo seriamente tanto. Con i miei problemi rimasti in un freddo studio, la vita
sembrava di nuovo poter dipingersi di speranza. Mi ero anche informato sulla sorella di Mika e
sapere che stava bene mi aveva tolto un gran peso.
La mattina del 10 novembre mi svegliai con il sole in faccia e un profumo invitantissimo di brioches
appena sfornate. Aprii gli occhi e vidi il vassoio che Giulia aveva appena posato sul mio comodino:
una tazza di cappuccino con molta schiuma e una spolverata di cacao, una brioche al cioccolato
ancora fumante, un paio di mandarini e due biglietti per il concerto di Mika che si sarebbe tenuto
quella sera.
Giulia aveva visto che avevo comprato l’album e che sembrava ci tenessi particolarmente, perciò
aveva ben pensato che mi potesse far piacere andare ad un suo concerto. Non potevo volerle
male, stava facendo di tutto per rendermi felice, per spronarmi a riprendermi.
Ma non ero psicologicamente pronto a rivedere Mika.

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