38° - Collera

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||Lauren||

Quando mi svegliai, mi ritrovai nel letto che condividevo con Dylan, ma ero sola.
Non ricordavo nulla della serata precedente, e mi venne un improvviso male alla testa, forte, che però durò per poco tempo.

La luce illuminava tutta la stanza, ed appena aprii gli occhi li richiusi subito, a causa della sua potenza.

Mi rigirai da un lato, tenendomi appena la testa. Poi vidi l'orario. Undici e mezza passate. Avevo dormito molto, forse anche troppo. Non ricordavo nulla di ciò che accadde la sera prima e, inoltre, notai subito che ero ancora vestita.
Decisi di alzarmi e di andare in bagno per sciacquarmi il viso con l'acqua fresca. Quando finii, scesi giù, per farmi dare spiegazioni da Dylan.

Scesi le scale e mi guardai prima a sinistra e poi a destra. Dylan era in cucina, che stava bevendo un bicchiere d'acqua. Mi avvicinai a lui: "Ehi" feci. Lui si voltò. Aveva un'espressione piuttosto seria, ma non ne seppi il motivo e non rispose neanche. Decisi di non insistere: "Sai perché sono ancora vestita? E perché non ricordo nulla di ieri sera?" domandai con una piccola risata finale. Era la prima volta che mi era capitata una cosa del genere, e forse stavo anche iniziando a preoccuparmi. Ma a quella domanda, la sua espressione sembrò farsi ancora più seria. Posò il bicchiere nel lavandino e si appoggiò al lavello: "Davvero me lo stai chiedendo?" fece. Forse avrei dovuto davvero preoccuparmi
"Sì..." risposi, confusa per quella sua domanda

"Ieri, alla festa, eri ubriaca da fare schifo!" mi rispose, alzando un po' la voce e facendolo suonare come un rimprovero. Non mi ero mai ubriacata prima, e quell'idea mi fece più che spavento. Non sarebbe dovuto accadere.
"Ma...dici sul serio?" domandai, incredula
"No, ti sto prendendo per il culo!" rispose lui, del tutto sarcastico. Forse c'era qualcos'altro sotto. Era arrabbiato per qualche altra cosa
"E...cosa ho fatto?" domandai, quasi spaventata dalla sua risposta

"Ah, vuoi sapere cosa hai fatto? Ora te lo dico subito" disse, venendomi incontro e mettendosi di fronte me
"Ti sei slinguazzata con un tipo mentre ballavate" ed a quella risposta, sbarrai gli occhi
"Ma aspetta, perché non è finita qui! Quello ti palpava il culo, e tu sorridevi, senza neanche dargli schiaffi, pugni o quello che avresti fatto da sobria in pratica!" continuò "E sono più che sicuro che quel ragazzo non lo avevi mai visto prima", ecco, era successo. Quello che non avrei mai fatto, l'avevo compiuto proprio la sera prima. Quello che più odiavo, baciare ragazzi sconosciuti ad una festa e farmi toccare, era successo.
Mi sentivo davvero...una puttana.
Abbassai lo sguardo, ancora stupita per l'azione compiuta. Non volevo davvero crederci.
"E...perché sei arrabbiato con me?" domandai, sempre a testa bassa. Avrei potuto biasimare di più se ad aver reagito in quel modo fossero stati i miei genitori. Ma lui, che non aveva nulla a che fare con ciò e che sicuramente l'avrà fatto minimo un trilione di volte, stava usando quel tono di rimprovero ed aveva quell'espressione di rabbia e, forse, anche di disprezzo
"Me lo stai chiedendo davvero?" fece lui, retoricamente "Lasciamo stare" mi disse poi, intento ad andare via
"No, aspetta" dissi io, afferrandolo per il polso, prima che potesse compiere ulteriori passi "Perché non ne vuoi parlare?"
"Lauren, quando ti tocco io il culo fai succedere sempre il finimondo, quando lo ha fatto quel ragazzo che non conoscevi, tu ridevi e continuavi a ficcare quella fottuta lingua nella sua bocca!" rispose, sempre con la stessa espressione, che mi faceva sentire ancor peggio
"Ero ubriaca, sai che non lo avrei mai fatto se fossi stata in un'altra condizione!" dissi, e lui avrebbe dovuto saperlo, oramai conosceva abbastanza aspetti di me
"Quello che so è che la ragazza che ho visto ieri, non eri tu" rispose infine, facendomi sentire davvero uno schifo. Abbassai lo sguardo, e qualche lacrima stava salendo, intenta a scendere e rigarmi la guancia
"Ma a te cosa importa se mi bacio con altri ragazzi? Lo avevi detto anche tu, che mi avresti aiutata per quando avrei avuto un fidanzato!" ribattei, ricordando l'aiuto che mi aveva offerto, ma lui sembrò solo innervosirsi di più
"Cazzo, tu non capisci!" urlò, per poi stopparsi e mettendo pollice e indice sugli occhi, stropicciandoli. E poi: "Voglio che tu vada via da questa casa, Lauren" disse. Quella frase fu come un pugno nello stomaco, come un pugnale nel cuore, come una forte bastonata in testa: un dolore atroce, che mi fece sentire piccola piccola.
Lo guardai: "N-non puoi dirlo sul serio..." dissi, quando una lacrima era già scesa

"Entro un'ora, voglio che tu vada via da qui" continuò, sicuro di quello che stava dicendo.
E così, col cuore a pezzi ed in lacrime, mi precipitai al piano di sopra e feci più in fretta che mai la cartella, preparando tutto e scendendo, successivamente, giù. Aprii la porta e andai via, sbattendola violentemente, senza neanche salutare Dylan. Volevo andare subito via da lì e non volevo farmi vedere piangere da lui.
Chiamai la mia migliore amica, e mi feci venire a prendere da lei e da sua madre, dopo avergli raccontato tutto e spiegato che sarebbe stato meglio se non avessi chiamato mia madre, evitando preoccupazioni da parte sua e frasi del tipo "Mi hai chiamata all'ultimo momento! Cosa è successo?" ed altre centomila domande che solo le mamme sanno fare.
E andai via da quella casa,con un pessimo ricordo impresso nella mente che si ripeteva, e si ripeteva.    

Nè amici, nè fidanzati. Semplicemente innamoratiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora