Capitolo 1 (pt.1): Solo una leggenda

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Undici anni prima

Lya, 7 anni

Se c'era una cosa che Lya Nolae odiava fare, quella era rubare.

Avrebbe preferito giocare con le bambine della sua età nella piazza principale di Li'yra piuttosto che scorrazzare seguendo i più grandi, ma da qualche anno si era ormai abituata ai suoi lavoretti. E poi lei era la più piccola, appena sette anni, e anche la più veloce, quindi non aveva molta scelta se non obbedire.

«Con l'onestà e la bontà non si vive, Lya. Quante volte te lo devo ripetere?»

La voce del Rostro suo amico, capo della "banda di mocciosi" - come la chiamava il vecchio storpio del paese - di cui faceva parte ormai da tempo, le arrivò alle orecchie con la solita litania, ricordandole il suo posto e costringendola a distogliere lo sguardo dalla bambina dai riccioli biondi e il vestitino rosa, che pettinava la piccola bambola bruna davanti alla fontana di marmo bianco, al centro della piazza. Quello era il giorno del colpo e Lya lo sapeva, ma non riusciva a fare a meno di lanciare occhiate cariche di desiderio verso quella che sarebbe potuta essere la sua vita, se solo fosse nata ricca.

Era tutta colpa dei genitori, diceva il Rostro suo amico. Era tutta colpa di quelle persone che avevano attaccato la casa di campagna in cui le loro famiglie erano vissute insieme, prendendo i bambini e portandoli lontani con il consenso dei genitori. Li avevano portati a Li'yra tanti anni prima, quando Lya ne aveva avuti solo tre, e avevano costretto Tremir e Baryon, i suoi fratelli maggiori, a seguire il Rostro e gli altri bambini per le vie del paese, derubando i più ricchi e i più poveri, senza distinzioni, riportando sempre il bottino a Klab, il padrone della vecchia topaia dove Lya aveva trascorso l'infanzia fino ai sei anni. Raggiunta quell'età, Klab le aveva ordinato di unirsi alla banda di mocciosi e iniziare a lavorare come tutti gli altri. A niente erano serviti i suoi pianti, lunghi e sommessi. Nessuno si era opposto per lei. Tremir era morto, le dicevano, annegato nel fiume anni prima. Baryon era fuggito, le ricordavano, e nulla era stato facile per lei a partire da quei giorni così sfocati nella sua memoria.

Ora erano passati anni, ma a Lya pareva una vita intera.

«Non metterete piede in questa casa finché non avrete rubato quelle spade» aveva detto Klab quella mattina, prima di cacciarli malamente fuori, dando ordine ai suoi due lupi bianchi d'inseguirli finché non fossero stati lontani. A quel punto il Rostro li aveva condotti fino in città, per recuperare informazioni su dove si trovasse il fabbro che stavano cercando.

«Weland non sta qui, ragazzino. Preferisce vivere da solo sulle pendici del Monte Pyr, il folle.»

«Perché?» aveva domandato il Rostro al primo passante che si era degnato di rispondere. Un uomo grosso e tozzo, dai radi capelli castani e che a giudicare dal puzzo doveva essere un macellaio.

«E che ne so io? Come se avessi tempo per fottermene. Ho già troppo da lavorare. Hai mai provato ad ammazzare un maiale impazzito, ragazzino? Lavoro duro, il mio. Non ho tempo per cazzate simili.» E con quello li aveva liquidati, zoppicando via dal loro gruppo e dirigendosi verso un vicolo poco illuminato.

La banda dei mocciosi era formata in tutto da cinque bambini: lei, Lya, era la più piccola, con i suoi occhi acquosi e il suo perenne caschetto nero tagliato alla bell'e meglio, che le causava sempre vergogna davanti alle belle bambine del paese. C'era poi il Rostro, che un tempo si era chiamato Pinyan ma aveva deciso di cambiare nome quando Klab aveva iniziato a prenderlo in giro. Aveva dodici anni, una testa pelata di cui andava fiero e un braccio completamente ustionato dall'incendio che aveva ucciso la sua famiglia. Il suo fisico imponente teneva a bada la maggior parte dei ragazzini, ma non poteva nulla di fronte al fisico ancora più grosso di Orin, nove anni, che aveva però sempre paura di tutto e nascondeva i grandi occhi grigi dietro lunghe ciocche castane che gli ricadevano sulla fronte. Nove anni li aveva anche Devor, chiamato il Biondo per via dei suoi capelli chiari come la luna piena. Lui anche era un fifone, ma ne aveva più motivo di Orin per via del suo corpicino che non faceva altro che farlo sembrare più piccolo. Uno dei più grandi era invece Tok, l'unico amico che Lya avesse mai avuto, che con i suoi dieci anni e i capelli rossi fiammanti, aveva fama di essere una peste. 'Il diavolo' lo chiamava Klab, e 'uno stupido' lo definiva il Rostro. Lya però sapeva che dietro quel sorriso riconoscibile per l'ampio spazio tra i denti, si trovava un bambino buono e gentile, che aveva sempre preso le sue difese.

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