Capitolo 18 (pt.3): Sensi di colpa

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Entrambi vennero congedati senza altre parole, e per tutto il tragitto fino alle loro stanze Tok continuò a parlottare con tono stupito, come non potesse credere di stare veramente per lanciarsi in un'avventura commissionata da uno degli uomini più famosi e importanti di Lyede: il visionario Delayé, il misterioso benefattore che, si diceva, un giorno avrebbe sfidato il regno di Chev, riportando Lyede al suo antico splendore.

Lya aveva sempre visto con scetticismo certi folli pensatori; non era la prima volta che sentiva parlare di quel Delayé in particolare, ma era la prima volta che prendeva seriamente in considerazione i suoi vaneggiamenti. In fondo, si sarebbe ritrovata presto in prima persona nel bel mezzo di qualcosa che non comprendeva del tutto... sarebbe potuta rivelarsi una passeggiata, così come un folle atto suicida.

Quelle erano tutte preoccupazioni che non parevano sfiorare Tok, più felice che mai all'idea di poter incontrare Delayé, di poterlo vedere con i propri occhi.

«Fantastico, assolutamente strepitoso! Hai sentito delle sue ultime imprese? Ha rilevato un insediamento di Re Luiss al confine con i Cancelli*, è sfuggito alle guardie reali inviate personalmente da Chev e si dice abbia addirittura radunato dalla sua alcuni dei guerrieri più noti del regno! Ho sentito parlare addirittura dello Spadaccino dell'antica Corona.» Si voltò verso l'amica con foga, sorridendo a trentadue denti. «Dici che potrebbe prenderci con sé? Se facciamo un buon lavoro, se gli dimostriamo il nostro valore potremmo andarcene una volta per tutte da questo postacc...»

«Siamo ladri, e lo saremo sempre – anche ai suoi occhi» lo interruppe Lya, tagliando corto con una scrollata di spalle. «Non farti illusioni, Tok. Gli eroi non esistono.»

«Non sto parlando di eroi» replicò lui, piccato. «Delayé è un uomo con obiettivi, che si è messo in gioco, che potrebbe fare la differenza.»

La speranza celata nella sua voce le fece scrollare la testa con veemenza. «Così dice, ma nessuno fa nulla senza un possibile ritorno. Dai, Tok, non essere maledettamente ingenuo!»

Il rosso le si parò di fronte, tagliandole la strada prima che se ne potesse rendere conto. Lya gli andò a sbattere contro, sbottando una mezza maledizione.

Ma che diamine...?

L'amico la fissò con cipiglio severo, puntandole un dito contro. «Tu non vorresti andare via da qui? Dopo tutto questo tempo, non pensi valga almeno la pena prenderlo in considerazione?»

Se se ne fosse mai andata da lì, non sarebbe stato di certo grazie a un folle pensatore e aspirante rivoluzionario. La sola idea le sembrava assurda, così tanto che la risposta naturale e schietta fu: «No

Ma dopo che l'ebbe pronunciata, quella maledetta parte di sé che sempre titubava, che sempre si opponeva, le stuzzicò la nuca.

Davvero lo pensi? Non c'è soluzione, oppure Delayé potrebbe...

Tok dovette leggerle in viso la verità, perché indurì l'espressione, riprendendo a darle le spalle. «Non ti credo, Lya. Ci speri tanto e forse anche più di me.»

"Con l'onestà e la bontà non si vive."

La giovane strinse le labbra e gli andò dietro, senza più parlare. Stavolta anche l'amico non pronunciò parola, palesemente stizzito dalle risposte per nulla entusiastiche ottenute da Lya. Tra i due calò un silenzio teso, spezzato unicamente dai loro passi affrettati.

Pochi minuti e i due raggiunsero l'interno dell'abitazione, l'ala della casa riservata ai mocciosi e a chi, come loro, in quel posto c'era vissuto per anni. Fecero il loro ingresso nella sala comune venendo subito accolti da gridolini e risatine divertite, e dalle figure di tre bambini intenti a correre attorno a un tavolo di legno all'angolo della sala: la piccola Miky, la ragazzina dai folti capelli biondicci e le iridi del colore dell'autunno, vivaci e pestifere; l'irriverente Kat, sua sorella di un anno più grande e terribilmente simile alla più piccola, ma dal carattere calmo e sereno; e infine il piccolo Tomas, un bambino di appena cinque anni giunto nella mansione di Klab da pochi mesi, intento a saltellare dietro alle due sorelle con i lunghi capelli lasciati sciolti sulle spalle, castani e ribelli.

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