2009
Dio non esiste.
Tre lunghi anni erano passati tra delusioni, pianti, vita precaria e tanti altri disagi che avevano contribuito a cancellare da quell'innocente bambino qualsiasi traccia di felicità ed allegria.
Per Rosalie, quel bambino era ormai abbastanza grande da intrattenere i loro ospiti. Dunque anche a lui fu ordinato di fare ciò che da anni il fratello già eseguiva.
Il bambino non aveva ancora compiuto l'ottavo anno d'età quando, un giorno, la madre lo prese per mano e lo invitò ad entrare nella stanza dei giochi:
Austin, titubante, fu costretto ad entrarvi e uno scenario di totale follia gli si parò davanti: la stanza rossa era composta di un letto a baldacchino rigorosamente rosso e tantissimi oggetti, di cui ormai aveva scoperto nome e funzionalità.
Tutti accessori che riguardavano la sfera sessuale, alcuni davvero strani, altri davvero orribili secondo il suo gusto: immaginava spesso il fratello nell'atto di usarli e ogni volta veniva pervaso da una sensazione talmente orrida da fargli accapponare la pelle. Non avrebbe mai voluto tutto ciò: desiderava una vita tranquilla e si malediceva ogni giorno di più per non averla avuta. Lottava contro un Dio a cui ormai aveva smesso di credere da tempo; le preghiere che una volta dedicava all'onnipotente avevano lasciato spazio ad oltraggi e bestemmie. Dio non esisteva; se ci fosse stato, non avrebbe mai permesso che la sua famiglia sfiorasse l'oblio e si circondasse di degrado e frustrazione.
Il giorno seguente, Rosalie lo riportò dentro la camera con la sola differenza però che, dopo averlo accompagnato, uscì lasciandolo solo e spaesato.
Dopo un po' entrò un uomo, con un ghigno sul volto rugoso, il quale pareva la brutta copia di Babbo Natale.
Austin notò subito la risata maligna del vecchio e questo lo fece rabbrividire.
L'uomo cominciò ad armeggiare frettolosamente con la cintura, facendo poi cadere i pantaloni sul freddo pavimento. Dopo si tolse le scarpe, i calzini ed infine la sudicia maglietta giallastra.
Rimase solo con un paio di mutande striminzite, che mettevano grossolanamente in risalto una voluminosa protuberanza posta nelle parti basse.
Si avvicinò al piccolo, rimasto immobile per la troppa paura, e iniziò a spogliarlo lentamente, facendolo rimanere senza indumenti.
Austin, dal canto suo, non sapeva come reagire: non gli era mai capitato che qualcuno, oltre il fratello e la madre, lo spogliasse e rimase fermo mentre il depravato si dilettava nel togliergli i pochi indumenti.
Quel giorno, la sua innocenza fu violata da un uomo che assomigliava tanto a Babbo Natale per aspetto, ma d'indole così cattiva da poter essere paragonato a un orco. Un essere immondo, senza criterio, un pervertito, un pedofilo: ecco l'uomo che la madre gli aveva offerto in cambio di una manciata di monete. Il figlio valeva così poco per lei.
La cosa più grave, in realtà, fu il fatto che l'episodio non si limitò ad essere circoscritto in un'unica occasione, bensì i soprusi subiti vennero ripetuti talmente tante volte nel corso del tempo, da diventare un'amara routine per il piccolo, che doveva subire senza mai lamentarsi.
Austin, però, tentava di tenere duro, di sopportare quell'orrenda situazione perché aveva la sicurezza di aver al suo fianco il suo migliore amico, suo fratello.
«Non so come avrei fatto senza te, Damian» esordì una mattina; la madre era andata a prendere da mangiare e per qualche ora i due avevano un po' di tranquillità.
«Già» rispose secco il fratello, gli occhi fissi nel vuoto.
«Che hai?» domandò Austin, che si era accorto della sua assenza.
«Niente. Fai colazione e vatti a vestire. Dobbiamo essere presentabili, non ci ha raccomandato altro la mamma.» concluse Damian, con la mente in chissà quale mondo.
Austin finì la sua mesta colazione e fece come gli aveva ordinato il fratello. Fu l'ultima volta che parlò con lui.
Al compimento del suo ottavo compleanno, Damian infranse la promessa di una vita: se ne andò, lasciandolo solo in mezzo ai guai.
"Bugiardo", pensò quando scoprì che il fratello era sparito. "Sono tutti bugiardi". E in quel momento comprese davvero che, alla fine, nessuno resta mai per davvero.
Il suo amato eroe lo aveva abbandonato, tradito.
Adesso chi lo avrebbe aiutato ad andare avanti? Chi lo avrebbe confortato la notte, dopo aver fatto un incubo? Chi gli avrebbe più cantato la loro canzone?
Nessuno.
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Close Your Eyes
General FictionEra buio, il pavimento freddo e umido, la porta dipinta di rossa mi guardava, udiva e dava ascolto alle mie sofferenze. Il mio viso venne alzato aggressivamente mentre scrutavo la bianca barba di cui tanto avevo paura. Le sue urla e il suo corpo si...