Helena
Aprii gli occhi, facendo entrare con violenza acuminate lame di luce nella fessura fra le mie palpebre. Avrei dovuto imparare a essere sveglia e pronta il prima possibile visto e considerati che oramai non son più nella calma e pacifica Londra, ma a Neverland, un luogo tanto oscuro quanto ineffabile, effimero, passeggero. Prontezza di riflessi e capacità di pensare velocemente mi avrebbero salvato la vita, e già da allora l'avevo intuito.
Mi misi seduta facendo leva sulle braccia per sollevare il busto. Solo allora mia accorsi di una benda avvolta intorno all'avambraccio sinistro. La garza chiara era avvolta di sangue. Allora mi ricordai del giorno precedente: l'instancabile caccia all'uomo durata tutta la giornata, Pan che mi incideva il suo nome sul braccio con il coltello per testimoniare che io appartenevo a lui, l'ultima, inutile, fuga che mi aveva definitivamente prosciugato tutte le energie.
Scattai in piedi in pochi istanti e feci una rapida analisi del luogo in cui mi trovavo: un pavimento di terra brulla, alcuni pali di legno conficcati nel terreno sorreggevano la volta di un qualche tessuto naturale, la branda composta da poche lenzuola ripiene di paglia e una coperta tutta toppe, una cassa di legno rovesciata a mo' di comodino e una sagoma armata di un lungo bastone che passeggiava con fare annoiato fuori dall'unica uscita della tenda, una lunga spaccatura verticale che si muoveva in lievi onde sospinta da una leggera brezza. Nessuna arma, o almeno apparentemente.
Frugando fra l'ammasso di paglia e stoffa che costituiva il mio giaciglio estrassi un lungo lembo di tessuto, ne saggia la resistenza, poi mi mossi con uno scatto fulmineo e in un istante ero fuori dalla tenda, con lo straccio avvolto al collo della giovane guardia che, presa alla sprovvista, agitava convulsamente le braccia ed emetteva rantoli soffocati. Dopo pochi istanti cadde a terra privo di sensi e io raccolsi il cencio di tessuto che ancora circondava il collo del giovane svenuto.
-Mi stavo proprio chiedendo quando ti saresti svegliata.- disse con il suo solito tono provocatorio quella voce che avevo già imparato ad odiare. Non avevo bisogno di girarmi per riconoscere il mio interlocutore, ma lo feci lo stesso, inquadrando la sua figura che si stagliava sopra di me fendendo la luce tiepida del primo pomeriggio. Mi affretta ad accovacciarmi nuovamente fino al corpo esanime del ragazzo a terra e afferrai con l'altra mano il lungo bastone dalla punta acuminata con cui, teoricamente, si sarebbe dovuto difendere da me.
-Che vuoi, Pan?- gli chiesi scocciata alzandomi finalmente in piedi, per rendermi definitivamente conto del fatto che fosse troppo vicino a me e che la lancia sarebbe comunque stata inutile .
-Mi stavo chiedendo... che hai intenzione di fare ora, insomma, avrai una lista di priorità, di cose da fare...- insinuò con noncuranza.
Sì, avevo una lista di quel genere e al primo posto lampeggiava grande come i grattacieli dello skyline newyorkese la parola SCAPPARE.
-Certo che ce l'ho, e credo che sarai ben contento che al primo posto si trovi la parola SCAPPARE a caratteri cubitali!- lo attaccai con scarsi risultati.
-Non ne dubito dolcezza, ma... vedi, scappare di qui non è un'opzione, solo io posso decidere chi va e chi viene e tu non sei esattamente in cima alla lista, anzi diciamo che non ci sei proprio...- aveva detto con nonchalance appoggiando la schiena ad uno dei pali che reggeva la tenda ed estraendo un coltello dalla cintura, per poi cominciare a farlo roteare in aria riprendendolo appena ricadeva -a questo punto suppongo che tu debba un po' rivedere le tue priorità...-
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Lost Heart || Peter Pan
Fiksi PenggemarPeter Pan esiste. Ma non è il bambino che si rifiuta di crescere, il ragazzo buono e gentile di ogni fiaba che si rispetti. No. Lui è un demone. E come tale porta solo guai. "Sapevo che quella sera avrei dovuto chiudere la finestra." DAL CAPITOLO 3...