Capitolo 11 -La confessione

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Noctis, seguito dai quattro amici, scese dalla macchina sotto il diluvio facendo appello a tutte le sue forze.
Non si curava affatto della pioggia che gli scivolava addosso, era come insensibile, inebetito.
Già zuppo, prese a camminare lungo una scalinata in granito con passo fermo e deciso.

Dietro di lui Stella cercava di tenere il passo, voltando la testa da una parte all'altra. La sua vista andava a posarsi su scheletri di case vuote, distrutte dalle bombe e invase dai rampicanti, ruderi e cippi sparsi un po' dovunque.
Il terreno era bagnato, lucente.

Di colpo udì le grida di terrore dei fuggiaschi e i gemiti dei feriti.
Chiuse gli occhi per l'orrore, e un lamento le uscì dal petto.
Si fermò, con la braccia stese davanti a sé e le dita allargate.
Se ne stava impietrita come se la furia della guerra, diventata persona, si rovesciasse contro di lei.

Prompto, che le stava a fianco, per caso la guardò e pensò che la delicata, ipersensibile Stella fosse così spaventata da essere sul punto di svenire.
L'abbracciò, e lei trovò conforto e sostegno nel suo abbraccio e nella sua solidarietà.

Stella osservò i ragazzi davanti a lei.
Si trovavano dietro ad un muro, e un clangore di ferraglia proveniva proprio aldilà della parete.

«Eccoli. Li sistemiamo tutti?» domandò Gladio.

«Si. Quelle teste di latta rimpiangeranno di non avere un armistizio a proteggerle» rispose astioso Noctis.

Stella ascoltava il fragore di spada contro i fucili.
Il rumore di crani che si fracassavano e pallottole che si conficcavano nei corpi metallici erano insopportabili, ma si sentiva terribilmente sollevata dal calore che emanava il petto di Prompto.

«Calmati Stella» disse Prompto.

Lei lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi e premette il capo contro il suo petto. Sentì le spalle sussultare e la rabbia avvampare.

«Voglio andare via di qui! Se non c'entro nulla con questo mondo, allora perché ho tutti questi incubi!? Non voglio vedere morire più nessuno» gridò in tono appassionato.

Lui la strinse ancora di più a sé, e si guardò intorno.

«Cosa intendi con non c'entro nulla con questo mondo, quali sarebbero questi tuoi incubi?» gli mormorò cauto Prompto.

"Devo sentirmi dire da qualcuno che tutto questo ha un senso... E se nemmeno lui mi crede... almeno lo saprò" pensò lei.

«Bene... ecco io, io faccio degli incubi e...»

«Questo lo hai già detto»

«Penso che siano veri» affermò lei sollevando il viso.

«Cosa?»

«Gli incubi che faccio, le cose che sogno... succedono. Si verificano per davvero»
«All'inizio non ne ero sicura, ma dopo quello che è successo al re...» riprese lei balbettando.

«Tu lo sapevi?» una nota di delusione colse il tono sconvolto di Prompto.

«In qualche modo... La notte scorsa ho sognato qualcuno che moriva nel bel mezzo di una stanza sontuosa. Penso fosse la sala delle cerimonie.
Il suo corpo era steso a terra sopra una pozza immensa di sangue... Non sapevo si trattasse del re, mi dispiace» lei sentiva qualcosa pizzicargli gli occhi.

«Stella...» la voce di Prompto era incrinata da una segno di apprensione.

Lui non proferì parole.

«Non dici nulla? Non lo trovi strano? Non pensi che sia una pazza?» la voce di Stella era incline ad uno stridio.

«Se proprio vuoi saperlo, sí. Lo trovo strano. Ma penso ci possa essere una spiegazione...»

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