Capitolo 23

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Si svegliò tra le morbide coltri del suo letto, la testa dolorante abbandonata su soffici cuscini.
       La sua prima sensazione fu di dolore, la seconda di gradevole senso di pulito. Tastandosi debolmente percepì che indossava una tunica liscia e fresca di bucato. Sorrise, si voltò e già sapeva chi ringraziare: «Ben fatto Alyn.»
       Lo scudiero, seduto su una poltrona al suo capezzale, gli rimandò un sorriso nervoso e arrossì di imbarazzo: «Ho immaginato voleste sentirvi pulito dopo le fatiche dello scontro, così... ecco... mi sono fatto aiutare dai servitori per darvi una rinfrescata. Eravate zuppo di sangue, non potevo lasciarvi in quello stato. Ho fatto solo il mio dovere.»
       Il re gli posò una mano sul braccio: «Non sminuirti Alyn, tu vai oltre il tuo dovere. Sei un bravo scudiero, hai fatto un buon lavoro. Mi sento davvero molto meglio.»
       «Gradite fare un bagno completo? Vi preparo la tinozza.»
       «No, Hal, va bene così. Piuttosto portami del vino leggero.»
       «Subito Sire.»
Magett attese che uscisse dalla stanza, poi andò verso la finestra, a piedi scalzi e trascinandosi dietro una coperta. Fuori il sole splendeva, anche da quelle strette finestre filtravano ben pochi raggi. Però era una bella giornata, una di quelle che avrebbe volentieri passato a cavalcare per le campagne, a caccia nei boschi o a tirare con l'arco sopra colle Melthon. Invece doveva stare a letto, si sentiva troppo debole per fare più di qualche passo.
       Guardò fuori, verso il verde della foresta e dei giardini del castello, la cui vista meravigliosa poteva godere dalla sua stanza e specialmente dal terrazzo. Proprio allora alcuni degli avvenimenti precedenti irruppero con prepotenza nella sua mente. Elber, la profezia dell'oracolo, quel bastardo di Bastian, il crescente attrito con la casa Goldwin e Tarn, la testardaggine e l'orgoglio di Rud, la testa mozzata del messaggero di Garen Silver. Tutto questo gli rodeva nel petto; erano tutti avvenimenti che avrebbe dovuto saper evitare, invece si ritrovava a dover ritrovare tutti i pezzi e rimetterli a posto, un compito affatto semplice.
       Aveva risolto alcune questioni, certo: Mey era al castello, Tarn aveva pagato il prezzo salato della sua insolenza, Vincent aveva ricevuto la giusta punizione, ma la pace del regno era minata dalla maggioranza di tutto questo. Erano questioni risolte, ma non definitivamente, e purtroppo era certo che presto o tardi ne avrebbe avuto ancora a che fare.



* * *


4 giorni dopo.


Mey scese in ritardo per la colazione. Era passata nelle stanze del re, ma non l'aveva trovato. Uno dei suoi servitori le aveva detto che poteva trovarlo nella sala grande, così vi si diresse insieme alle sue ancelle.
       Arrivata lì, infatti, vide il re seduto a sbocconcellare svogliatamente alcune pallide polpette. «Pollo e formaggio?» chiese avvicinandosi.
       Il re si volse di scatto, l'espressione sorpresa e confusa. «Mey? Cosa...»
       «Le polpette» disse sorridendo, «sono di pollo e formaggio? Sembrano un po' chiare per essere di cinghiale.»
       Lui ne prese una tra le dita e se la rigirò con sguardo interrogativo: «Mah, credo sia una polpetta e basta. Cos'abbia dentro resta un mistero.»
       Mey si accomodò accanto a lui e si fece servire pane, formaggio e olive su un piccolo tagliere. Assaggiò il formaggio; odorava di muffa e il sapore lasciava a desiderare.
       «È disgustoso questo formaggio! Ma hanno cambiato cuoca per caso?»
       Suo fratello annuì, sorseggiando del vino. Posò la coppa: «Cuoca Adalia è in vacanza e il suo apprendista, Dario, non userebbe un coltello nemmeno se il cinghiale stesso saltasse dentro il forno. È un totale incapace. Pensa che ieri mi ha mandato la colazione destinata a ser Claude, che poveretto ha dei forti dolori allo stomaco e problemi... ehm, in quel senso. Una sottospecie di brodaglia che ha fatto andare me alla latrina! Inetto che non è altro...»
       «Non potete licenziarlo?»
       «Se potessi l'avrei già fatto Mey, non credi?» Il re strinse le labbra; una goccia viola di vino gli scese lungo il mento e lui la asciugò con un dito.
       Mey si accigliò: «Siete il re, perché dite di non poterlo fare? Non ha senso.»
       «Sì che ha senso. Dario è il figliastro di Adalia e non vorrei offenderla. Ci tiene che anche lui lavori nelle cucine. Il problema è che non le somiglia per nulla, si nota molto bene che non è stata lei a metterlo al mondo. È un disastro, mentre Adalia è senz'alcun dubbio una brava cuoca. Era la preferita di nostro padre per i suoi pasticci di carne.»
       «Non lo ricordo» ammise Mey. «Comunque spero che torni presto, altrimenti io non mangio più.»
       Il re indicò con un cenno del capo gli altri lord che giocherellavano con il loro cibo. «E non sarai l'unica a fare lo sciopero della fame, sorella.»
       Mey adocchiò il grasso Patrick che si ingozzava di noci e formaggio e sorrise divertita: «Beh, al nobile Patrick farebbe un gran bene, oserei dire, fratello.»
Lui sorrise, mettendo da parte l'ennesima polpetta. Era molto pallido, sembrava non mangiare da giorni.
       «Forse dovreste sforzarvi un poco, non mi sembrate molto in forze.»
       «Sto bene, sono solo stanco.» Nei suoi occhi però un velo di tristezza era sceso ad adombrare il blu profondo delle sue iridi.
       «Allora dovreste riposare. A causa del duello, intendo. Deve essere stata dura, per questo siete stanco, fratello.»
       «Non preoccuparti sorella, lo sai che ho riposato abbastanza. Sono stato a letto quattro giorni.»
       Mey tacque, abbassando la testa e preferendo non insistere. Avrebbe voluto chiedergli che cosa aveva intenzione di fare con Nolan Bastian, ma non lo fece per evitare di turbarlo con pensieri poco gioiosi e per nulla rasserenanti. Avrebbe anche voluto scusarsi per il suo comportamento durante il duello, quando era intervenuta e gli aveva chiesto di arrendersi; però il re non le pareva risentito, perciò penso fosse meglio non parlarne. Di certo in quel momento non ne aveva bisogno di quegli spiacevoli argomenti.


L'undicesimo ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora