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-No, okay, significa che Will ti si è dichiarato?!- strillò Reyna il pretore, che teoricamente doveva rappresentare ordine e serietà di fronte al Campo Giove. Ma quell'idea di pretore era morta da tempo. E, in quel momento, non si trovava al Campo Giove.
Nella Cabina 13 il freddo era più pungente che all'esterno, per motivi a Nico sconosciuti. Perciò non si faceva domande e si avvolgeva in strati su strati di coperte pesanti. Osservò la figlia di Bellona cercando di non ridere nel vederla imbaccuccata con due o tre felpe una sull'altra e molteplici coperte che le lasciavano scoperto solo il viso.
Reyna gesticolava a non finire mentre ascoltava Nico e lo interrompeva gridando infervorata la sua opinione. Il figlio di Ade non se la prendeva più di tanto: Reyna non aveva ancora trovato la sua dolce metà, perciò si immedesimava molto nelle storie d'amore altrui. Per fare un esempio, la sua. A molte persone, in verità, interessava la sua vita sentimentale.
Inquietante.
-Ti ha detto esplicitamente di essere gay?!
-Mmh. Sì?
-Sì!
-Già.
-Sì!
-Tu... che ne pensi?
Reyna si fece seria, anche se gli occhi le lampeggiavano di eccessiva partecipazione.
-Non so, Nico. Deve piacere a te, alla fine. Quindi, be': tu che ne pensi?
-È... okay- fece Nico. Poi, prevedendo lo sguardo ammonitore del pretore, aggiunse: -Cioè, magari è più di "okay". Insomma, lui è... più o meno tutto quello che non sono io, e questa cosa mi piace.
Reyna sorrise.
-Quindi... se ti piace...
-Non ho detto che mi piace!
-Sì, invece.
Nico non seppe cosa ribattere per un attimo. L'aveva detto?
-Se ti piace- proseguì Reyna, -perché non glielo hai ancora detto? E per quale assurdo motivo stai qui a parlare con me dopo che si è praticamente dichiarato?
-Perché... vedi, io sto bene ora, capisci?
Reyna, confusa dal cambio di argomento, scosse la testa.
-Ho degli amici, Reyna. Persone che parlano con me, e non perché sono obbligate, ma perché vogliono farlo. Era da anni che per me non era così. E sono felice. Le chiacchiere inutili migliorano le giornate di chi per anni ha parlato solo con dei morti. L'ha detto un dottore.
-Sicuro. Un dottore. Non so davvero immaginare chi possa...
Nico sbuffò. -Okay, l'ha detto Will. E allora? Dice un sacco di cose intelligenti.
-E allora non capisco il tuo discorso. Insomma, sei felice quando sei con lui. No?
Il figlio di Ade esitò.
-Non so. Insomma, sono felice anche quando parlo con te. Mi fa piacere. Con lui sono felice in modo diverso.
Reyna adorava quando Nico le parlava in quel modo. Quando lasciava cadere la maschera di indifferenza che soffocava le reali emozioni che provava. Non succedeva spesso, ma ogni volta era una piacevole sorpresa ascoltare le sue parole timide e sincere.
-Capito?- le chiese.
-Sì, ma ancora non capisco il tuo discorso.
-Be'... ho paura che... stare con Will mi porti via tutto questo. Queste chiacchiere inutili. Queste persone che mi salutano al mattino. Insomma, Will... mi piace, mi piace davvero davvero tanto. Ma anche vivere così mi piace.
-Nico...
-No! È un ragionamento sensato!
-Con tutto il rispetto, è una paranoia.
-Ma...
-Ho capito cosa pensi. Pensi di essere al capolinea. Di aver già raggiunto il tuo lieto fine. Be', magari non è così. Magari devi fare ancora un piccolo passo.
-Sono stanco di camminare. Penso che se finisce per non funzionare tra me e Will, poi perderò la sua amicizia. Non voglio che succeda. E non credo nel lieto fine.
Lei lo guardò con sufficienza.
-Dovresti. Fra tutti, penso che tu dovresti.
-Mi dispiace. Non posso. Non ora.
-Che cosa idiota. Che cosa stratosfericamentissimamente idiota! Almeno rispondi al biglietto!
Nico ci pensò. Poi scosse la testa. Reyna sembrava dover collassare di stizza da un momento all'altro. -Come sarebbe a dire no?!
-Fingo di non averlo visto.
-Oh! Credibile. Davvero. Che scusa nobile ed elaborata!
Nico scosse la testa.
-Senti, tra un po' ci chiamano per il pranzo. Meglio che cominci ad avviarmi- fece.
-Ehi, ma...
-Non ho intenzione di cambiare idea- la interruppe. Il pretore sembrava sul punto di alzarsi e tirargli un pugno sul naso.
Nico la guardò un attimo, poi la salutò con un cenno e uscì dalla Cabina 13. Lei rimase lì, seduta a gambe incrociate sulla scrivania di Nico. Le sembrava un discorso così inutile, quello del figlio di Ade. Sapeva di non avere il diritto di giudicarlo, ma in quel momento non poteva farne a meno.
Stupido, stupido, stupido.
Scese dalla scrivania con un balzo e, nel farlo, urtò un portapenne, rovesciandone il contenuto.
Esitò un istante. Un unico, forse fondamentale istante.
Si chiese, in un lampo, quando sarebbe arrivato il suo momento. Se, come Nico, avrebbe dovuto affrontare difficoltà e incertezze.
Diamine, se facessi una diavoleria come quella di Nico vorrei almeno che qualcuno mi avverta. Che rimedi.
E così raccolse una penna da terra, cercò un pezzo di carta; senza un solo attimo di incertezza, concluse il biglietto e lo indirizzò a Will.
Quando si presentò in mensa per il pranzo, aveva già fatto scivolare il messaggio sotto la porta dell'infermeria.

Quando I Biglietti Di Auguri Diventano PericolosiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora