Primo incontro

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Sto correndo più veloce che posso, rischiando di scivolare sul pavimento di marmo dell'ospedale. Quando ho chiamato mio padre ero appena uscito da scuola. Il display mi indicava undici chiamate perse, ma io non potevo sentirle: avevo messo il silenzioso. Come uno stupido non avevo pensato che sarebbe potuto succedere da un momento all'altro, ma mi sembrava ancora troppo presto.
Chiedo informazioni ad un dottore, che mi indica una stanza in fondo ad un corridoio proprio davanti al reparto maternità. Faccio un ultima corsa in quella direzione, finché non vedo finalmente mio padre. Sta andando avanti e indietro per il corridoio, non l'ho mai visto così nervoso. 
Guardo attraverso il vetro che mi separa dalla sala operatoria. I due piccoli neonati sono già al sicuro in una strana teca. Lei invece sembra avere una brutta cera. I dottori le ronzano intorno frenetici e agitati. Guardo l'elettrocardiogramma e vedo che la sottile linea sta diventando meno frequente e sempre più lineare. Passano i minuti e la situazione non fa che peggiorare. Mio padre è disperato, come anche i medici là dentro. Uno di loro sta ancora frugando in giro cercando chissà cosa, ma ormai la linea del display è piatta, come la mia vita senza di lei. Il rumore snervante dell'elettrocardiogramma mi fa impazzire e, disperato, mi metto a gridare, finché non mi accorgo di essere nel mio letto.

Ogni notte faccio un incubo. È incredibile come il sogno si ripeta vivido e reale nella mia testa, come se lo stessi davvero vivendo, come se mia madre morisse ogni notte.

E in effetti è andata proprio così: è morta di parto in una squallida stanza d'ospedale, e io non ho nemmeno potuto dirle addio.

Sono fradicio di sudore e ho ancora il fiatone, quando mi alzo e mi dirigo in bagno per prepararmi ad un nuovo, noioso e monotono giorno di scuola. No, non sarà un giorno qualunque: oggi arriverà da noi una nuova alunna. Sempre che non sia la solita voce di corridoio. In effetti, ora che ci penso bene, è meglio se non ci spero troppo, altrimenti andrà a finire come l'ultima volta.

Caccio via i brutti ricordi e, dopo essermi vestito, scendo al piano di sotto e mi dirigo in cucina. Ad attendermi trovo mio padre, Christopher, ai fornelli e i miei fratellini che litigano.

Sì, sarà di sicuro un giorno come un altro.

<<Buongiorno>> dico, prima di sedermi a tavola.

<<Buongiorno figliolo>> saluta mio padre, piazzandomi davanti il piatto della colazione. Appena lo posa sul tavolo mi avvento sul cibo.

<<Brutti sogni?>> chiede premuroso.

<<Sempre i soliti incubi>> rispondo con la bocca piena.

Nonostante siano passati sette anni ormai, fa ancora male parlare di mia madre. Ero molto legato a lei.

<<Papà, Michael ha rubato la mia fetta di bacon!>> si lamenta Susan.

<<Te la sei cercata! Questa è la mia vendetta per quando ieri hai finito tutta la mia parte di gelato mentre ero in bagno!>> ribatte Michael.

Pensavo che essendo gemelli sarebbero andati d'amore e d'accordo, ma a quanto pare mi sbagliavo. Non si sopportano e si fanno continuamente i dispetti. Del resto però è normale alla loro età.

Nostro padre sospira. <<Smettetela voi due. Forza sbrigatevi a mangiare che siete già in ritardo.>>

I due marmocchi si spintonano e si guardano in cagnesco, ma non dicono niente. Nostro padre è fin troppo indulgente con loro, anche quando le combinano grosse non si arrabbia più di tanto e ci passa sopra. La mamma invece...
È incredibile come qualsiasi argomento mi riporti a lei. Non riuscirò mai a dimenticare e credo che anche papà non l'abbia fatto. Dopo la sua morte non si è più visto con nessuna, e quando ne abbiamo parlato, ha semplicemente detto che lei era l'unica, la sua metà, e che nessun'altra avrebbe mai potuto rimpiazzarla o renderlo felice come faceva lei.

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