Nessuno aveva mai considerato Ian un bell'uomo. Nemmeno sua moglie Lynesse, non una volta in tutta la loro lunga relazione.
I capelli biondi gli erano diventati più radi con il passare del tempo, e la vecchiaia aveva cominciato a disegnarli solchi sulla fronte e intorno agli occhi azzurri e limpidi, ancora pieni dell'amore che provava per lei. A dire il vero però, a lui non era mai interessato granché essere bello. Gli bastava essere amato, e questo era sufficiente a compensare ogni cosa.
Tutto ciò finché non conobbe una ragazza: Emilia Marthe King. Colei che aveva davvero cambiato le cose, in quel momento in cui tutto sembrava fallito.
Lei aveva almeno vent'anni meno di lui, e non sembrava infastidita dalla sua presenza come lui lo era dalla sua. Era infatti la ragazza più fastidiosa dell'intero universo, una vera palla al piede.
Tutto ebbe inizio in un giorno come un altro: Ian era al mercato, come ogni giovedì mattina. Aveva comprato tutte quelle cose che prendeva sempre, e che piacevano tanto alla cara Lynesse. Le mancava sempre, ogni giorno di più, e sapeva che nulla e nessuno avrebbe mai più preso il suo posto. La amava, la amava e la amava. Quella sera era il sesto anniversario dalla sua scomparsa, e come ogni anno lo passava allo stesso modo: come il giorno in cui se ne era andata. Lei era l'unica ragione per la quale la mattina si alzava e si impegnava a fare del suo meglio. Per la quale andava al lavoro e si radeva con cura ogni giorno. Ma da quando se ne era andata tutto era cambiato. Nulla gli dava la stessa forza. Aveva smesso di andare a camminare, di farsi la barba, aveva tagliato i ponti con ogni persona amica e si era rinchiuso nel suo angoscioso senso di apatia fino a quel giorno.
Si lasciò alle spalle il mercato carico di borse della spesa, e cominciò a camminare in direzione della stazione degli autobus. Non aveva più nemmeno preso la macchina, perché Lynesse era morta proprio lì dentro.
La pesantezza delle borse gli gravava assieme a tutto quel folle desiderio di malinconica solitudine che si ritrovava a possedere, che gli faceva crescere la barba incolta ai lati del viso squadrato e rovinato dal tempo, come l'edera che cresce in giardini abbandonati.
E proprio come un muro ricoperto di edera, anche lui portava i suoi segni: i peli non crescevano più in quei punti del viso o delle braccia dove sorgevano cicatrici biancastre ormai risanate dal tempo; non indossava più completi e camicie con cravatte colorate, ma solo gli stessi vestiti grigi e logori. Ma a lui non importava, perché non aveva nessuno per cui curare il suo aspetto.
Mentre camminava per tornare alla sua sicura routine, qualcosa attirò la sua attenzione, e sembrò spezzare quella monotonia per qualche istante: un poliziotto sembrava in gravi difficoltà nel fermare una lite tra un giovane ragazzo e il proprietario di un negozio, mentre le persone si accalcavano attorno a loro per vedere ciò che succedeva.
Ma mentre Ian si avvicinava per osservare, una ragazza dai capelli castani e una collana iridescente gli andò addosso, facendogli perdere l'equilibrio. Le borse della spesa finirono a terra, rovesciando parte del contenuto.
"Le chiedo scusa" disse in fretta la ragazza, senza nemmeno guardarlo e correndo via trafelata.
Ian non si lamentò dell'accaduto, si sentì soltanto infastidito, e perse presto interesse per tutto ciò che stava accadendo al negozio. Si sentiva stanco e annoiato, e quei 40 anni sembravano pesargli come un macigno sulla schiena.
Sprofondò presto nel sedile sudicio del bus, quello vicino alla finestra della quarta fila che prendeva sempre, e si mise a guardare il paesaggio.
Quella mattina il lago era calmo e grigio, e come uno specchio enorme rifletteva il cielo cinerino. Dall'altra parte del porto le piccole case dei pescatori e degli abitanti erano inondate da una nebbiolina rada e amichevole, come un mantello posato gentilmente sulle spalle di una persona infreddolita. Aveva sempre amato la Scozia, sopratutto il suo piccolo paese di pochi abitanti, seppure con quel suo calmo e triste colore che spesso i turisti non apprezzavano.
L'autobus si mise in moto, fece qualche salto e partì. Era perso in quei suoi pensieri tristi quando qualcuno lo destò.
"Ehi, scusa" La ragazza con la collana iridescente era lì, di fronte a lui. "Posso?" La giovane dai capelli castani aveva il fiatone.
Ian annuì soltanto, tornando a guardare fuori dal finestrino. Si sentì particolarmente infastidito dal fatto che proprio la ragazza che si era comportata tanto maleducatamente al mercato, ora gli chiedesse distare lì. Oltretutto l'autobus era vuoto, non poteva sedersi da un'altra parte? Rimasero in silenzio per un po' ma poi la ragazza si mise a parlare: "Volevo scusarmi per prima". Era salita sul bus apposta per scusarsi? "Sai, ho combinato proprio un bel guaio oggi".
Ian la ignorò, tenendo lo sguardo fisso sul lago che gli scorreva accanto.
"In pratica ho rubato in un negozio una cosa che mi serviva e il proprietario ha incolpato il mio ragazzo e poi è arrivata la polizia. Un bel casino insomma".
Quindi era stata lei a scatenare quel putiferio fuori dal negozio, ecco perché correva: stava scappando. A Ian però non interessava e rimase a fare quel che stava facendo.
"Come ti chiami?" Insistette la ragazza. Lui non rispose e così lei continuò: "Io mi chiamo Emilia Marthe King. Mi piace il mio nome, lo trovo molto regale".
Si domandò quali problemi poteva avere quella ragazza, che sprizzava energia da tutti i pori. Ian bofonchiò il suo nome: almeno così sarebbe rimasta zitta, pensò.
"Figo! Quanti anni hai Ian? Cosa fai nella vita?"
"Non devono interessarti le cose che faccio, okay?" sbottò lui. Gli sembravano passati anni dall'ultima volta in cui aveva perso la pazienza con qualcuno. E probabilmente era davvero così.
"Perché no? Sembri un tipo interessante! Quelle cicatrici come te le sei procurate?" Disse toccandogli la faccia e passando le dita sopra la barba ispida.
Lui le afferrò la mano: "Smettila!".
Lei rimase con un espressione stupita nel volto, ma il rude modo di fare di Ian non le impedì di smettere con le sue chiacchiere.
"Sai Ian, potresti essere mio nonno. Però mi piaci. Mi piace parlare con le persone che non conosco" lui si rassegnò e lasciò che lei parlasse senza sosta. La guardò solo un attimo: aveva gli occhi chiari e la fronte contornata da un ciuffo di capelli castani, corti e in disordine, e i denti bianchi e dritti che facevano capolino tra le labbra carnose e rosee.
"Casa mia non è grande, però mi piace perché posso permettermela anche se non lavoro granché e poi dai, a ventidue anni avere già una casa propria è una figata! Posso fare quello che voglio, anche se la maggior parte delle volte è un macello. Poi il mio ragazzo, Mark, dice che sono disordinata, ma secondo me non è vero, io non credo nel disordine. Sai, come le persone non credono in Dio o non credono nei fantasmi io non credo nel disordine. Tu credi nel disordine, Ian? Secondo me il disordine in realtà non esiste. E tua moglie come si chiama? O sei single? Mark è normale e noioso, però gli voglio bene e poi è bellissimo. E a letto... è una bomba"
"È morta" replicò Ian, senza guardarla. Fissava ancora fuori dal finestrino.
"Chi è morta?"
"Lynesse" disse lui in tono basso e gutturale "Mia moglie".
"Oh" disse Emilia "Mi dispiace".
Ian si alzò e passò oltre Emilia. "Dove vai Ian?"
"Scendo"
"È perché sono stata invadente? Ti giuro che non volevo, non l'ho fatto apposta!" Disse lei allarmata.
"No. Casa mia è laggiù" disse indicandone una poco più avanti. "Addio, ragazzina".
Uscì senza dire una parola e non ascoltò ciò che la ragazza diceva mentre sene andava.
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La ladra e il vecchio
RomanceIan è un uomo che non ha più nulla: la sua felicità se n'è andata assieme a sua moglie. Emilia è una ragazza completamente pazza: ha abbandonato la scuola per vivere alla giornata passando da un ragazzo all'altro. Cosa hanno in comune queste due per...