Capitolo IV

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"Cosa ci fai qui?" Un'Emilia spettinata e assonnata aprì la porta di casa. Gli occhi erano rossi e stanchi.

"Hai pianto?" Fu la prima cosa che le chiese Ian. Erano passati due giorni dall'ultima volta che l'aveva vista e non riusciva a smettere di pensare a lei. Dopo la sera in cui l'aveva accompagnata a casa era rimasto a pensare ad Emilia per tutta la notte, era preoccupato che le potesse succedere qualcosa di brutto mentre lui era lontano da lei. Non capiva come mai, ma la sua presenza cominciava a sentirla quasi vitale. O forse era semplicemente il bisogno di sentire vicino a sé una presenza umana. Una qualsiasi. Una che non fosse turbata dal suo aspetto così brutto e dal suo comportamento così rude.

"Che ti frega a te?" Rispose la ragazza strofinandosi gli occhi con la manica del pigiama. "Pensavo non ti interessasse nulla delle altre persone".

Ian rimase in silenzio. Era vero, non gli interessava niente delle altre persone. Ma di lei sì.

La porta rossa era spalancata, così si avvicinò a lei.

"Di te sì" e prima che Emilia potesse dire qualcosa le afferrò il viso e la baciò. Perché lo stava facendo? Nemmeno lui lo sapeva, ma la ragazza non fece domande e si lasciò baciare. La sua lingua era ardente di desiderio ma era così tanto tempo che non baciava qualcuno che aveva paura di quel che stava facendo, motivo per cui la lasciò andare dopo solo pochi secondi.

"Perché lo hai fatto?" Emilia aveva stampata in volto un'espressione di gioia mista a rabbia e stupore. Si passò una mano davanti alla bocca. Aveva fatto davvero così schifo?

"Non lo so".

Rimasero in silenzio, come alsolito. Lei si morse il labbro inferiore e poi disse: "Vuoi fare una cosa fighissima?"

"Cosa?"

"Lo scoprirai".

Lo fece entrare e andò in un'altra stanza, mentre lui si guardava intorno.

Il salotto era piccolo e si divideva con la cucina, ma l'arredamento faceva risultare la stanza più grande di quel che sembrasse. Alle pareti c'erano foto e disegni in cornice, e a fianco del divano sulla quale si era seduto Ian c'erano diverse pile di libri. Uno era appoggiato ancora aperto sul divano: "La chimica segreta degli incontri", Marc Levy. "Ironico" si trovò a pensare Ian riponendolo dove lo aveva trovato. I mobili erano pochi e non particolarmente nuovi, ma la disposizione e il modo in cui venivano utilizzati denotavano un gusto in fatto di arredamento niente male. Accanto alla porta c'erano alcuni scatoloni con oggetti di vario tipo all'interno. Forse la roba di Mark. Ian si convinse a smetterla di sorridere quando Emilia riapparve sulla porta del salotto. Ora indossava una camicia bianca sotto ad una felpa grigia, la sua collana e i suoi soliti jeans. Afferrò il parka e disse: "Andiamo?"

"Ma dove?"

"Lo scoprirai" disse nuovamente lei, con tono misterioso.

Presero l'autobus e andarono in città, senza dirsi quasi nulla durante tutto il tragitto. Si scambiarono solo qualche sguardo dolce e imbarazzato, come se fossero dei ragazzini alle prese con la prima cotta.

Quando scesero lei gli strinse forte la mano e disse: "Seguimi".

Ian deglutì per il contatto: la sua presenza lo rilassava e irrigidiva al tempo stesso, ma si convinse a stare tranquillo. Cosa sarebbe potuto andare male, dopotutto?

Entrarono in un negozio di alimentari e la ragazza prese un pacco di biscotti, nascondendoselo sotto il giubbotto.

"Ma che stai facendo?"

"Ti faccio tornare giovane"

"Senti, rubare non è giusto, lo capisci, vero?" disse a bassa voce. "Oh, ma certo che non lo capisci, sei una ladra! Pagherò io per te se proprio ti manca qualcosa!"

"Non sono una ladra! E non mi manca assolutamente nulla!"

"E allora perché lo fai?"

"Perché è divertente!" lo disse come se fosse la cosa più naturale del mondo "Hai mai fatto qualcosa di assolutamente stupido ma che ti fa salire l'adrenalina a mille? Hai mai infranto le regole almeno per una volta?".

Ian rimase in silenzio ed Emila lo riprese: "Non hai mai rubato nulla, sul serio? Lo fanno tutti i ragazzini!"

"No, non ho mai rubato nulla, va bene?"

"È questo il bello" disse lei per tutta risposta.

Si diressero verso l'uscita, Ian che non riusciva ad opporsi a quella cocciuta di Emilia, e il proprietario che si accorse del furto: "Ehi, dove credete di andare?!", ma i due stavano già uscendo di corsa.

"Corri più veloce che puoi, Ian!" gli disse Emilia afferrandogli la mano. L'uomo li seguì ma i due erano più veloci e si infilarono in un vicolo, scappando alla sua vista. Si ritrovarono a cercare la fermata dell'autobus ansimando, e quando furono al sicuro cominciarono a mangiare i biscotti.

"Quindi è questo che fai tutto il giorno, piccola ladra?" Ian non era più agile come un tempo, e mentre Emilia aveva già ripreso fiato, lui ancora ansimava per la fatica.

"Sì vecchiaccio, e mi diverte un sacco! Dovresti farlo più spesso".

Sgranocchiava rumorosamente i biscotti conquistati mentre Ian la guardava ridendo.

"Mi piace vederti sorridere" disse la ragazza appoggiando la testa alla sua spalla.

"È colpa tua" rispose lui "Mi farai venire un attacco di cuore un giorno o l'altro"

"Mi piaci, vecchio"

"Anche tu, ladra".

La ladra e il vecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora