Chapter 54

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"I'm gonna buy a gun and start a war, if you can tell me something worth fighting for"
A rush of blood to the head,
Coldplay


Il giorno successivo era sabato, un sabato che aveva con sé un vento fin troppo silenzioso e denso per poter portare a qualcosa di buono.

La mattina mi svegliai tardi e, dopo aver messaggiato per una buona mezz'ora con Shawn, decisi finalmente di alzarmi dal letto.

Mio zio, Nash e Gwen erano a casa di questi ultimi a recuperare le ultime cose che non avevano ancora portato nella nostra casa attuale. Ero stranamente felice di poter considerare anche il mio amico e sua madre parte di quel nostra, casa nostra. Non mi dispiaceva vedere mio zio sorridere più del solito e, tantomeno, non mi dispiaceva la compagnia di Nash quando sia sua madre che Zio Ben avevano fitti turni di lavoro. La casa era meno vuota.

Dopo aver fatto una colazione leggera, recuperai le chiavi di scuola e mi diressi verso la sala prove. Ne uscii soltanto dopo l'ora di pranzo, sudata e con la mente più svuotata e rilassata.

Dopo essere tornata a casa e aver fatto una doccia, mangiai un panino e mi lasciai cadere di nuovo sul letto alzando al massimo il volume del secondo album dei Coldplay, il mio preferito.

"Hey piccola, allora ci vediamo dopo da Grayson?" Lessi il messaggio di Shawn.

Mi ero quasi dimenticata di dover andare a casa di Gray per la serata film con tutti i miei vecchi nuovi amici. Questo non mi dissuase comunque dall'arrossire per quel piccola. Scritto o detto, da lui, mi faceva sempre lo stesso effetto.

"Certo, a che ora?" Digitai velocemente sulla tastiera del telefono.

"Alle 20. Non vedo l'ora di vederti."

"Ci siamo visti soltanto ieri sera." Sorrisi fra me e me.

"Fa lo stesso." Disse allegando un imbarazzante smile che mi fece ridacchiare.

Mi alzai dal letto con l'intento di sistemare il disastro che era camera mia per ammazzare un po' il tempo e, nel mentre liberavo la scrivania da inutili cartacce, i miei occhi ricaddero su una cornice. Era messa in orizzontale, sdraiata a pancia in giù, in modo che la fotografia non potesse essere vista da nessuno. La sollevai e con delicatezza la sistemai nel verso corretto. Il sorriso di mio papà, ampio e rassicurante, si affiancava al mio, ingenuo, di una bambina di dieci anni.
Sorrisi di quel ricordo e, nonostante il buco nel petto non smettesse mai di fare male, pensai a quanto papà sarebbe stato fiero di me in quel momento, di come stavo piano piano ricostruendo la mia vita. Di come me la stessi cavando anche senza il suo aiuto.

Spolverai la cornice e la poggiai nuovamente sulla scrivania, sorridendo alla piccola me.


*

"Cosa diamine significa che hai invitato Daisy?" Chiesi a Nash strabuzzando gli occhi.

"Ho bisogno di parlarle. Non ne abbiamo mai avuto l'occasione in queste settimane." Rispose a testa bassa mentre percorrevamo la strada verso casa di Grayson.

"Ma perché proprio stasera?" Mi lamentai sbuffando.

"Non volevo farlo da solo. Ho bisogno dei miei amici." Ammise.

Mi avvicinai a lui cingedogli la vita con un braccio e poggiando la testa sulla sua spalla. Strofinai una mano sulla sua schiena mentre camminavamo nel freddo pungente.

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