Light

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Quanti giorni erano passati, ormai?
Da quanto andava avanti quella solfa?
Bloccato senza ricordi in quel girone infernale che era stato costruito intorno a lui, senza mai ottenere risposte, camminando a vuoto guidato da voci fino a poco tempo prima sconosciute.
L'unica cosa che aveva in testa in quel periodo d'inferno, era catturare Kira.
Nonostante avesse perso ogni tipo di rimasuglio di memoria legato al quaderno, il senso di giustizia che pervadeva l'animo di Light non era cambiato.
Dopotutto, era sempre lo studente modello che, poco meno di un anno prima, aveva ottenuto il massimo dei risultati nell'esame di ammissione alla facoltà di legge, modello d'ispirazione per gli scolari piú giovani che gli passavano accanto durante la ricreazione, figlio e fratello, amico per pochi, giovane promessa per la polizia giapponese e oggetto del desiderio di numerose coompagne di università.
Questo era Light Yagami.
E fra tutti i soprannomi che aveva ricevuto nel corso della propria vita, fra tutte le cariche di cui era stato investito, Kira non era presente.
Perché ad ogni menzione del nome Kira l'intera Task Force ruotava il capo verso di lui, gli occhi ridotti a punte di spillo in laghi bianchi dalla forma vagamente ellittica, e guardava verso di lui come se accanto ad L non fosse seduto il giovane aspirante poliziotto ma un ricercato per omicidio?
E, di tutti gli sguardi che si posavano su di lui, quello che piú lo turbava era quello di L. A volte si sentiva pervaso da uno strano senso di ansia, quando guardava L negli occhi troppo a lungo. E questa cosa lo metteva in imbarazzo, o meglio, gli dava fastidio.
Gli capitava di non sentirsi in grado di sostenere quello sguardo, fisso e profondo, che lo squadrava dall'interno e lo faceva sentire costantemente sotto esame.
Per la prima volta nella sua vita, Light temeva di non essere all'altezza.
Ma non aveva ancora identificato bene con chi stava paragonandosi, chi stava deludendo, chi pretendeva troppo da lui. Chiunque fosse, lo stava lentamente uccidendo.
Il caso Kira lo stava stremando. Gli stava portando via ogni goccia di vita rimasta dai tempi del liceo, non cosí remoti eppure cosí distanti dal mondo in cui si era trovato a vivere.
Cercó di ricordare.
Lo faceva tutti i giorni, e tutti i giorni la sua mente proiettava immagini distorte e frammentate dei mesi precedenti, interrote fra loro da spazi vuoti, come bande nere di raggi assorbiti dallo spettro di luce.
La scuola, Takada che si sedeva accanto a lui durante diritto, casa, sua madre che preparava la cena, Sayu che chiedeva aiuto con i compiti di matematica, suo padre che a tavola parlava stremato di questo fantomatico L, l'inizio delle indagini (la testa pulsava, non riusciva ad andare avanti) l'osservazione e-
Qui la memoria si interrompeva bruscamente. La testa iniziava a fare male, e Light era costretto a smettere di provare a ricordare per qualche momento.
Sentiva il distacco con il mondo umano farsi sempre maggiore, mentre le immagini sbiadivano dietro i suoi occhi.
Si sentí mancare un attimo, prima che un familiare suono lo riportasse alla realtà.
Un *click* di ferro sul pavimento.
Catene.
Ecco l'altra grande novità nella vita di Light.
Come se l'aver perso la memoria non bastasse, ora era anche incatenato ventiquattr'ore su ventiquattro alla propria nemesi, L, con cui era costretto a collaborare.
Effettivamente, dopo qualche settimana, Light aveva imparato a convivere con la persona che fino a pochi momenti prima considerava estranea. Conosceva gli orari da seguire per vivere una vita tranquilla al quartier generale, si era abituato a svegliarsi alle sei e mezza precise e ad addormentarsi avvolto dall'alone di luce bianca emessa dal computer dal quale L non si separava mai, almeno fino ad una cert'ora nel cuore della notte, molto probabilmente mentre Light stava già dormendo. Certo, effettivamente, tenere costantemente le manette risultava un po' scomodo a volte, ma a Light interessava soltanto provare la propria innocenza, anche a costo dell'uso di un arto.
Inizialmente, L aveva reso la situazione un po' difficile per entrambi. Spesso trascinava Light con troppa veemenza per i corridoi, costringendolo ad affrettare il passo per non cadere a terra, e non sembrava preoccuparsi troppo del conforto fisico/psicologico del ragazzo, reduce da mesi di isolamento dal mondo esterno.
Pensandoci, la situazione non era cambiata di tanto.
Mentre era rinchiuso sotto osservazione, l'unico contatto che Light aveva con la civiltà era la consapevolezza di essere guardato.
E lo spettatore giudizioso era sempre lo stesso, per un motivo o per l'altro.
L

e manette c'erano ancora, e collegavano sempre due polsi, tenendo a freno non solo i movimenti ma anche i pensieri di Light.
*click*
L si trascinó pesantemente verso Light. La catena che strisciava sul pavimento emetteva quel fastidiosissimo suono metallico che accompagnava costantemente le giornate dei due.
<Non ti vedo molto bene, Light.>
Questo suo finto tono di preoccupazione, accompagnato dal solito sguardo vuoto e fisso, mandava Light su tutte le furie.
Avrebbe voluto colpirlo, dargli un pugno, ma si trattenne. Non aveva la minima voglia di scatenare una zuffa come generalmente succedeva. Sarebbe stato soltanto uno spreco di tempo e di energie che meritavano di essere conservati per lavorare al caso Kira.
<Ho solo un po' male alla testa. Grazie di esserti interessato alla mia salute, per una volta, Ryuzaki.> rispose Light, in tono di rimprovero.
L non rispose nemmeno. Forse la sua mente aveva già elaborato una risposta a tono, se non ancora piú d'effetto, ma molto probabilmente non aveva intenzione di gettarsi nell'ennesimo battibecco, esattamente come Light.
Che senso aveva vivere cosí?
Essere costretti a tenersi le parole e i gesti soppressi all'interno, arrivare a mentirsi a vicenda, per non causare dolore a nessuno dei due.
Ma, per sostenere queste condizioni, sono necessarie furbizia e intelligenza. Per esternare i propri sentimenti, invece, é necessario coraggio, niente di piú.
Ma questo non vuol dire che nessuno dei due sia uno stile di vita sano. Le sofferenze possono variare in entrambi i casi, ma in qualche modo non cesseranno mai di esistere se non si collaborerà in maniera civile.
Light si poneva una serie di domande da tempo, iniziando con
"È meglio un genio codardo, o un impavido sciocco?"
E finendo con
"Quale dei due casi é il meno doloroso da scegliere?"
Una risposta ancora non esisteva, anche perchè un terzo sentimento affiorava in entrambi i corpi: Orgoglio.
E sia L che Light erano troppo orgogliosi per lavorare serenamete fra loro.
Questo era doloroso per entrambi.




[Nota dell'autrice]
Oi!! Ho passato molto tempo a rimuginare su un'idea per una fanfiction, e credo finalmente di averla. Spero che non risulto essere troppo OOC nei capitoli successivi.
Ad ogni modo, vi avviso di una cosa: questa storia non sarà breve. E la situazione impiegherà abbastanza tempo a svilupparsi. Ma, hey! Che cosa ci posso fare, inserire scene forti fra 'sti due cretini nel primo capitolo? Ahah da un lato vorrei, ma non lo faró: voglio che questa lettura vi coinvolga psicologicamente.
Questa é la prima storia che scrivo, quindi non siate crudeli, perfavore ^.^'
Ciao!! ~Fanny

Untitled - LawlightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora