Buio

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Ogni cosa, anche la più banale, era diventata difficile.
Dal respirare al muoversi, tutto veniva reso quasi impossibile da quel senso di osservazione costante.
E persino il sonno, nel quale Light sperava di trovare conforto, era un'ennesima tortura psicologica, in quanto frammentato e dilaniato dalle solite voci intrusive e moleste.
Si svegliò nel cuore della notte, madido di sudore, esausto senza aver fatto altro che vivere come una persona normale avrebbe fatto.
Il dolore non accennava a passare.
Light si portò una mano sulla fronte, e sentì un leggero calore sulle nocche. Forse l'aspirina stava iniziando a fare effetto.
Non aveva idea di che ore fossero, ma saperlo non avrebbe avuto comunque nessuna importanza.
Il materasso sembrava più duro e freddo del solito quella notte. Da uno spiraglio tra le larghe finestre, che L doveva avere aperto mentre Light era ancora incosciente, filtrava aria fresca, a metà tra il piacevole e il fastidioso sulla pelle.
Lentamente, il mondo si ricostruì intorno a Light. Le manette tornarono a tirargli il polso sinistro, e fu quella sensazione ormai familiare a infondergli un immediato senso di sicurezza.
Mai l'avrebbe detto, ma la consapevolezza di essere ancora incatenato a L era l'unica àncora salda al mondo umano, che Light sentiva sempre più contorto e lontano.
La sua attenzione venne rivolta a L, adagiato accanto a lui, e il volto nascosto dal buio e dalla prospettiva.
Che stesse veramente dormendo? La risposta era molto probabilmente negativa, ma comunque Light dubitava che si sarebbe preso la briga di voltarsi e aiutarlo.
Avrebbe fatto meglio a sdraiarsi e fingere di dormire, avrebbe fatto meglio a fuggire di nuovo da quel senso di attaccamento che cercava di reprimere nel proprio cervello.
Ma era diventata un'abitudine ormai fare la scelta sbagliata, o meglio, la più dolorosa.
Light sospirò pesantemente, sentendo il proprio respiro caldo e affannoso. E come se fosse stato quell'unico movimento dei muscoli della gola a risvegliare le voci, le accuse tornarono ad eccheggiare nella scatola cranica, instancabili e ripetitive.
<Voglio morire.>
Le parole uscirono debolmente dalla bocca di Light senza preavviso.
Si nascose il volto fra le mani, sentendo il metallo più caldo contro il polso. Respirò attraverso le fessure tra le dita, aumentando di proposito la velocità, come per avvicinarsi sempre di più alla propria morte.
<Ti credevo più intelligente, devo ammetterlo.>
Light si voltò.
L si era girato sul fianco destro, e si sedette lentamente in una posizione non proprio più confortevole avvicinandosi un poco al ragazzo dall'altro lato del letto.
<Non avrei mai pensato di vederti così. Così rassegnato, scialbo, non sembri neanche tu.> iniziò il detective. <E soprattutto, mai avrei pensato di sentirti dire una cosa tanto stupida.>
Il cerchio d'isolamento venne spezzato, e Light si sentì invaso nel profondo della propria esistenza da quelle parole, indeciso se accettare il complimento o l'offesa.
<Capisci che è anche colpa tua se mi sento così?> Light manteneva un tono di voce abbastanza alto, nonostante il respiro si facesse sempre più affaticato ad ogni rapido movimento del petto.
L non rispose. Si limitò a guardare dinnanzi a lui, e Light fu felice di essere al buio, consapevole del fatto che non sarebbe stato in grado di sostenere quello sguardo.
<Sono stanco di vivere così.> continuò Light, acquistando a poco a poco fiducia nelle proprie parole. <La mia salute sta peggiorando, e credo la colpa sia da attribuire in parte a Kira e in parte a te, Ryuzaki. Non credere che sia facile vivere con addosso questo dannato senso di colpa per cose che non ho fatto, o che almeno non sono consapevole di aver fatto. Se la mia vita in questo momento s'interrompesse, non potrei che esserne felice.>
La stanza venne debolmente illuminata dai riflessi della luna, alta nel cielo grigio blu reso opaco dai vetri delle finestre.
<Capisco il tuo punto di vista.> L parlava a testa bassa. <Ma dubito che tu intenda veramente ciò che stai dicendo. Non fraintendermi, capita spesso anche a me di sentirmi depresso e giù di morale, ma arrivare a questi livelli mi pare veramente esagerato.>
Si fermò un attimo, come se stesse aspettando una risposta. Light riuscì soltanto ad aprire leggermente la bocca per formulare un insulto, che venne ricacciato in gola prima di diventare una vera e propria parola.
Ancota una volta, la logica ebbe la meglio, e il ragazzo decise di rimanere zitto.
<Secondo la mia opinione, per quanto futile tu la voglia ritenere,> continuò il detective <Tu non vuoi morire, Light, vuoi solamente smettere di esistere come umano.>
Immobile.
Come se il mondo avesse smesso di girare.
La luce bluastra gettava ombre fredde e spigolose sul viso di L, attirando l'attenzione sulle guance incavate e l'incarnato cinereo, dello stesso colore della fonte di luce che lo rendeva visibile dal cielo terso.
Light tossì. Non potè fare a meno di ritenersi d'accordo con le parole dell'investigatore.
Il mondo umano era un posto orribile, e essere umani esasperante.
Se soltanto ci fosse stato un modo, un modo per innalzarsi ad un livello superiore, per cessare di esistere come pedina del mondo e iniziare una vita libera, come un...
Gli occhi di Light si spalancarono.
Dio.
Chiuse entrambe le mani a pugno e le catene tintinnarono argentee.
Quel senso di giustizia che pervadeva il suo animo non era scomparso con i ricordi legati al quaderno; era semplicemente sopito in un angolo, desideroso di risalire di nuovo dietro gli occhi nocciola e tingerli di rosso.
Non poteva essere d'accordo con Kira.
Era contrario a tutti i suoi principi morali, contrario a ciò per cui stava combattendo, contrario a tutto ciò che gli era stato insegnato e per cui aveva vissuto fino a quel momento, o almeno così credeva.
Kira non era altro che un assassino con un complesso di superiorità o qualche altro disturbo incurabile. Non sarebbe mai riuscito ad attuare i propri piani, e non si sarebbe mai innalzato a status di suprema divinità.
Eppure, essere un Dio sarebbe stato bellissimo. Da quanto tempo Light sognava di cambiare il mondo? Da quando si alzava in piedi durante le assemblee di classe per urlare contro i soprusi, da quando sbirciava tra i fogli che trovava nella valigia del padre per leggere qualche notizia di cronaca nera, per poi parlarne coi compagni, da quando da piccolo sognava di diventare poliziotto e indagare insieme agli uomini in divisa blu che lo salutavano con la mano per strada e che a volte gli facevano provare un berretto di stoffa rigida, elogiando il suo spirito di iniziativa tra sorrisi e risate generali.
Ma la polizia aveva mai fatto il suo dovere?
Quando Light era solamente il numero 27 dell'appello, e vedeva il padre tornare stremato dal lavoro, lo aveva sempre immaginato rincasare reduce da avventure epiche contro il male, lo immaginava già sui giornali come il salvatore del Giappone dal crimine e non vedeva l'ora di vantarsi del proprio straordinario papà poliziotto con gli altri ragazzini. Poi Light crebbe, e iniziò ad avere sempre meno fiducia nel sistema giudiziario, fino a quando non giunse alla conclusione che sarebbe stato quasi impossibile recuperare dalle ceneri questo mondo contorto.
Poi la memoria s'interrompeva, lasciando vuoti dolorosi nel cervello, e nella vita di Light entrava Kira, spettro manipolatore che gli sibilava colpevolezza nell'orecchio.
Ma mai, mai nella vita Light avrebbe avuto modo di essere d'accordo con quest'entità che sentiva più vicina che mai, a volte più tangibile delle persone con cui interagiva.
Perfino più vicina di L, seduto poco lontano eppure apparentemente irraggiungibile.
L'intera situazione risultava alquanto surreale.
I due seduti a breve distanza l'uno dall'altro illuminati debolmente dal chiaro di luna. Uno scenario tanto poetico quanto irritantemente banale.
Anche se questo aggettivo non avrebbe mai accompagnato giustamente i due soggetti, totalmente non convenzionali, eppure muti tra le proprie insicurezze umane.
Perchè umani era tutto ciò che sarebbero stati in eterno.
Guidati dalla logica a farsi del male a vicenda sia col silenzio che con le parole.
<Mi pare evidente che tu non abbia intenzione di parlare con me, nostante ti stia distraendo dal dolore e mi sia dimostrato così disponibile a offrirti il mio aiuto sebbene sia così tardi.>
Il suono della voce tanto familiare risuonò nella stanza così silenziosa.
Light avvertì un'ennesima fitta alla testa. Sentì la catena muoversi accanto a lui, più vicina.
<Non mi aspetto che tu mi dia ragione. Voglio soltanto che tu ti renda conto di quanto ciò che hai detto poco fa sembrasse stupido. Ma sembra che non ti importi più di tanto.>
L si prese un'altra pausa, piantando gli occhi neri su Light. Sembrava cercare un contatto, un po' come tendono a fare i cani, e ciò non faceva altro che contribuire alla stranezza generale della situazione.
<Mi importa eccome, Ryuzaki. Dammi solo il tempo di riprendermi.> disse Light. <Se è vero che capisci, allora smettila di applicare tutta questa pressione su di me. Non puoi semplicemente continuare a manipolarmi fino a quando cedrò e confesserò quanto vorrai. Inizio a dubitare delle tue doti investigative.>
Forse stava esagerando con le accuse. Reggere una discussione con L era difficile, e l'unico modo che Light aveva per difendersi dalle parole del detective era attaccare.
<Non è questo il punto. Il problema è Kira, e tu lo sai meglio di me. Non intendo accusarti adesso, sebbene rimanga fermo sulle mie ipotesi, per il semplice fatto che mi sembri veramente stremato in questo momento, e non ritengo sia il caso di sparare sulla croce rossa. Ma lascia che ti ricordi della situazione in cui ti trovi.>
L sollevò la mano.
Click.
Le manette tintinnarono ancora, e Light sentì di nuovo una leggera pressione al polso.
<Finchè siamo incatenati insieme, condivideremo lo stesso destino.> mentre L parlava, una nuvola grigia offuscò momentaneamente la luna. <E non ho la minima intenzione di trascinarmi dietro il tuo cadavere durante il corso delle indagini. Se tu cessassi di...Esistere, diciamo, per me sarebbe una dolorosa perdita. Sei troppo prezioso per il caso, e per quanto mi dolga sembrare così egoista, mi sento di dirti che mi servi.>
Light sapeva il vero significato di quelle parole, ma parte di lui desiderò interpretarle nella maniera sbagliata. La meno dolorosa, meno logica, meno convenzionale.
Era davvero ridotto così? Patetico.
<Ti servo solo quando ti fa comodo. Se in questo momento stessi dormendo, sono certo che staresti scrivendo a Watari una lista di motivi per cui secondo te potrei essere Kira. Ma ho capito quello che intendi, e credo sia meglio per entrambi chiudere qui la conversazione.>
<Non credo che tu sappia esattamente cosa sia "meglio per entrambi"> fece L, quasi sarcastico.
<Almeno quando parlo al plurale parlo di noi due ai capi delle catene, e non dell'intera squadra investigativa> Light alzò leggermente la voce. <Non capisci che siamo un caso diverso? Ci isoli e ci incorpori alla Task Force a tuo piacimento, critichi tanto Kira ma ti comporti come un Dio. Ti dirò che sono stanco di questo tuo atteggiamento, Ryuzaki, e mi chiedo quale sia la vera idea che tu ti sia fatto di me. Sei così bravo a dare ordini e parlare a vanvera, ma dubito che tu intenda la maggior parte delle cose che esterni. Quando dici che ti servo, cosa intendi, che appena finito il caso Kira getterai via le manette e mi rimanderai a casa a pezzi, segnato a vita da quest'esperienza per poi chiudere i contatti con me e mio padre per "il bene della nostra sicurezza"?>
E c'era così tanto che avrebbe voluto dire. Così tante parole rimaste all'interno della propria gola, che mai avrebbero raggiunto l'aria.
Light smise di parlare, ansimante, la bocca impastata di saliva. Attendeva soltanto il colpo di grazia. Quella notte stava durando fin troppo.
Per tutta risposta, L gli si avvicinò leggermente, e gli posò una mano sul retro del collo.
<Sta diminuendo. Dovresti essere stanco.>
La schiena di Light venne percorsa da un brivido gelido. Sentì di nuovo quel senso di stanchezza che aveva provato sull'ambulanza, un misto di rassegnazione e delusione che l'avrebbe lentamente condotto al sonno.
Sentì un lungo sospiro provenire dall'altro lato del letto, nel quale percepì qualche tipo di emozione che non riuscì a decifrare.
L mise l'altra mano sulla schiena di Light, nel tentativo impacciato di un abbraccio.
Nonostante la febbre avesse fatto salire la temperatura corporea del ragazzo, il calore del contatto lo investì all'improvviso simile a un'ustione.
L infondeva sicurezza tramite quel tepore, così strano in contrasto con la sua attitudine generalmente fredda.
Light ricambiò titubante l'abbraccio, avvolgendo le braccia intorno alla persona che stava silenziosamente maledicendo pochi minuti prima.
Perse leggermente il controllo delle proprie azioni quando arrivò a strofinare la fronte contro il collo di L, sentendosi patetico e sereno al tempo stesso.
Si separarono dopo poco, e nessuno dei due mostrò alcun segno di emozione, aspettando la sconfitta dell'altro. Light era ancora scosso e sorpreso dall'improvvisa manifestazione d'affetto da parte di L, che non riteneva del tutto capace di amare.
Il suo cervello era riuscito ad elaborare un prototipo di L da idealizzare, odiare e ammirare, costruito con dettagli che aveva avuto modo di notare nel corso delle indagini, un'idea che ora veniva stravolta da un semplice abbraccio.
Light sentiva il petto alzarsi e abbassarsi sempre più velocemente, ed era quasi certo che non fosse soltanto per la febbre in quel caso.
Non potè fare a meno di pensare al dialogo avuto poco prima, e a quelle parole dai mille significati che vagavano instancabili tormentandogli la mente.
Mi servi.
E, per la seconda volta, Light fu felice di trovarsi al buio.
Non avrebbe avuto il coraggio di mostrarsi ad L com'era in quel momento, scosso da emozioni umane e incapace di sostenere uno sguardo.







Nota dell'autrice: Oi!!
Non so quando stiate leggendo questa roba, ma in questo momento sono le 23:59 del 3 Febbraio 2017 e ho scritto davvero pochissimo (sono arrivata a "Voci intrusive e moleste").
Mia madre si è fissata con Attack on Titan e stasera mi sono guardata 5 episodi. SHIPPO EREN E ARMIN UN CASINO OK
È una di quelle shipping pure e dolci :3
Non una tortura fisica e psicologica come la mia Otp, ovvero la Lawlight lmao
Ma, lo dico da sadista, dove sarebbe il gusto senza la sofferenza??
Aaaa ennesimo attacco d'ansia di notte. Soltanto scrivere questa fanfiction mi impedirà di pensare alla mia imminente morte.
Attack On Sanity - starring: Fanny Jeager
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7/02/2017 - ore 22:04
Sto guardando Scarface ma devo andare a fingere di dormire, per cui mi perdo Arancia Meccanica :C (come se non l'avessi già visto 1000 volte)
Ne approfitto per dire che questo capitolo è dedicato a ChiaraDavolio che mi segue sempre e a Matsuda-kun che è la mia migliore amica ciao Nate
E scusate se vi ho fatto aspettare ere geologiche per questa parte, odio avere i blocchi dello scrittore.
Ah! Se volete seguitemi su Instagram, posto principalmente miei disegni brutti. Mi chiamo _mihaelkeehl__
Questo pezzo pieno di sentimenti contrastanti vi ha reso felici? Madonna mi sono ammazzata per riuscire a scriverlo.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Commentate plz
~Fanny

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