Capitolo 7

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Forse il mio rifugio non è del tutto definibile una vera e propria reggia, come avevo invece giurato solennemente a Hemmings. E, forse, quell'idiota aveva ragione a sostenere che avrei dovuto scegliere una zona dell'isola meno umida per evitare attacchi indesiderati da parte di qualche animale feroce che, purtroppo, non sarei in grado di sgozzare per avere qualcosa da mettere sotto i denti, ma penso sia meglio non pensarci proprio adesso.

Ho finito di costruire il mio riparo da talmente tante ore da aver perso ormai il conto e in realtà non è poi così male - o, almeno, non lo è se si considera che a costruirlo è stata una persona del tutto incapace che si è ritrovata a farlo per la prima volta nella sua intera esistenza - ed è anche abbastanza spazioso da non dover dormire rannicchiata in posizione fetale per evitare che i miei piedi non siano coperti dal tetto di legno e foglie secche, ma per renderlo sufficientemente resistente sono stata costretta a legare i rami al tronco di un grosso e basso albero, trovandomi fin troppo esposta alle innumerevoli creature che popolano la foresta di quest'isola. Legando con i restanti pezzi della mia sacca il tutto, potevo sentire alla perfezione la voce di Hemmings rimproverarmi per essermi esposta di mia spontanea volontà ad un pericolo così grande, ma lui non mi stava affatto guardando e Dylan, da parte sua, non faceva altro che riprendermi con la sua telecamera e rivolgermi un grande sorriso di incoraggiamento. Così, non potendo mostrarmi insicura della mia scelta di fronte all'intera America e, chissà, al resto del mondo che guarderà la puntata di questo inutile programma, ho deciso di proseguire per la mia strada, per così dire, ma ci sono ben poche cose di cui mi sia pentita così tanto, dato che adesso mi ritrovo sola, le gambe comunque strette al petto per scaldarmi il minimo necessario a non morire assiderata, con i rumori sinistri della foresta e dei suoi animali che rimbombano nelle mie orecchie, mentre il buio mi impedisce di vedere a un palmo dal naso.

David Garfinkle voleva che registrassi con la mia videocamera qualcosa come un diario giornaliero, così da informare gli spettatori che vedranno la puntata di ciò che è successo in questi ventuno giorni mentre loro erano tranquillamente a casa, conducendo la vita di sempre, e la troupe si chiudeva nella sua comoda e calda tenda, ma ogni singola cellula del mio corpo si rifiuta categoricamente di fare una cosa simile: non solo trovo che sia stupido riprendermi in queste pessime condizioni e raccontare quanto sia poco piacevole dormire con la sabbia infilata nella fessura delle natiche, ma è anche un inutile spreco di energia e una pericolosa dispersione del calore che ho con molta fatica accumulato nello spazio fra le mie gambe e le braccia che le circondano in una presa ferrea.

«Ovunque tu sia, spero ti stia andando di traverso la tua insulsa cena calda e abbondante, Dave,» borbotto, sentendo un brivido lungo la schiena al solo pensiero di un piatto fumante da mandar giù. Magari il delizioso pollo alle mandorle di Derek e-

«Con chi stai parlando?»

Alzo il busto di scatto, mandando letteralmente all'aria quel poco calore racimolato, per poi ricordarmi all'improvviso della poco gradita presenza di Luke Hemmings su quest'isola. Ovviamente si tratta di lui, visto che la troupe si sta ancora abbuffando, e riconosco il suo profilo - ahimè - perfetto grazie al pezzo di legno infuocato che tiene in mano, a poca distanza dalla faccia, per illuminare lo spazio intorno a sé.

Sbuffo, tornando a rannicchiarmi. «Parlo con le piante. Sai, sono talmente socievoli che rispondono pure,» ribatto, sarcastica.

Il ragazzo sbuffa, ma evita qualsiasi commento altrettanto sarcastico e si limita a un semplice "mh" in risposta, per poi fermarsi a guardarmi.

«Perché sei qui?» gli chiedo, cercando in tutti i modi di risultare abbastanza infastidita da farlo andare via, ma il tremore nella mia voce dovuto al freddo me lo impedisce.

Hemmings continua a guardarmi e sotto il suo sguardo mi sento ancora più nuda e fragile, una sensazione a dir poco sgradevole. «Facevo un giretto,» risponde, stringendosi nelle spalle. «Hai fatto il videodiario di oggi?» chiede poi, casualmente, mentre i suoi occhi finiscono dritti sulla mia videocamera, seppellita in mezzo alla sabbia a pochi metri da me come un valoroso eroe morto in battaglia. «Direi proprio di no.»

Two Survivalists || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora