- Capitolo 1 -

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12 anni prima. – Il nostro primo incontro.

Andava tutto bene fino a quando Martina non mi aveva spinto a terra, facendomi cadere di sedere e scatenando un mio pianto silenzioso, ignorato da tutti. Come se non bastasse aveva preso la mia bambola preferita, Asia, e non me la voleva più restituire, sventolandomela davanti al naso e facendomi la linguaccia.

La rincorsi, pregandola fra i singhiozzi di ridarmi il mio giocattolo, ma lei non sembrava minimamente interessata a questo particolare. Non era la prima volta che succedeva, Martina rubava giocatoli a tutti e sua madre non le diceva mai nulla. All'epoca mia madre aveva usato parole come " disadatta" e " Pessimo esempio", seguiti da un " non oso immaginare cosà diventerà quella bambina". Ero ancora troppo piccola per capirne il significato ma ero abbastanza certa che non fossero di elogio e ammirazione.

« Melissa faccia di maiale! » mi prese in giro, facendomi la linguaccia e poi correndo via con la mia bambola.

Presa dalla rabbia, si fin da piccola avevo un bel caratterino, iniziai a inseguirla dicendole che era lei quella con la faccia da maiale. Oltre a " Culo da gallina" espressione che avevo sentito da mia zia e che mi piaceva, e che continuavo a ripetere.
Praticamente senza fiato riuscii a raggiungere Martina, che avendo qualche mese in più di me e le gambe più lunghe era decisamente più veloce, e la spintonai.

Martina si girò indignata, fissandomi e digrignando i denti, iniziando a piangere come una fontana per attirare l'attenzione.

« Ridammi Asia! » strillai, sovrastando il suo pianto da attrice nata. Seriamente, già all'età di cinque anni, o quasi, Martina poteva già definirsi stronza e troia. All'epoca non sapevo cosa volessero dire quelle due parole, erano solo termini che mi era vietato pronunciare o mia madre si incavolava e io non guardavo la televisione per un paio di giorni. Ma crescendo, e apprendendone il significato, posso dire con assoluta certezza che Martina aveva tutti i requisiti per esserlo anche all'età di cinque anni.

Martina mi fece la linguaccia e alzò Asia per poi lanciarla lontano e in alto. I genitori, troppo impegnati a parlare fra di loro, non notarono nemmeno l'accaduto e la mia baby-sitter era presa da Tamara, la figlia di una sua amica appena nata. Io passavo in secondo piano.

La mia acerrima nemica, soddisfatta, fece un sorrisetto beffardo prima di correre via saltellando.
Io invece mi misi vicino all'albero e provai ad arrampicarmi, per recuperare Asia rimasta incastrata, ma l'unica cosa che riuscii ad ottenere fu una seconda caduta sul sedere e un palmo sbucciato.

Piangendo per la rabbia, principalmente, provai a farmi notare dalla mia Babysitter, ma come ho già detto prima, Tamara era più importante.

« Perché piangi? » domandò la voce di un bambino che non avevo mai notato. Sapevo che veniva spesso al parco, ogni tanto lo vedevo tirare la palla con un bambino poco più grande, ma non ci avevo mai scambiato una parola e il mio interesse non era mai stato molto.
Lo guardai attraverso le lacrime notando gli occhi azzurri e il cappellino dei Loney Toones.
Era perplesso.

Tirando su con il naso indicai la bambolina sui rami. « Martina mi ha lanciato la bambola e io non riesco più a prenderla » spiegai, pulendomi le lacrime con la mano. Sapevo che Paola, la mia Babysitter, mi aveva messo un fazzoletto in tasca quando era venuta a prendermi all'asilo, ma non avevo voglia di prenderlo.

Lo sconosciuto bambino alzò lo sguardo e si tolse il cappello. « L'ho visto fare ha mio fratello » spiegò, posizionandosi sotto l'albero e iniziando a lanciare il pezzo di stoffa.

Improvvisamente non mi importava più della bambola, almeno, non così tanto. Mi tolsi anche io il mio cappello, sentendo il freddo di ottobre, e iniziammo a lanciarlo insieme. A volte toccavano l'albero, facendo traballare il ramo, mentre altre volte finiva lontano metri e allora noi correvamo a prenderli ridendo.

Out of love - Tutto per amore - In PausaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora