- Capitolo 23 -

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Gli ospiti arrivano alle tre e mezzo in punto. Ovvero la famiglia di Leo, tranne suo fratello che aveva un importante compito di "biologia" ( anche se la scuola è finita). Tommy ci avrebbe raggiunto dopo, anche se ne dubitavo. 

Poi arrivano anche i miei zii, che vedo solo nelle occasioni come Natale, Capodanno e i Compleanni. Poi per gli altre 362 giorni spariscono e non si hanno più rapporti. 

Mentre entrano in casa e mi abbracciano sento il loro sguardo fisso sul mio ventre. Non ho decisamente fatto nulla per nasconderlo. Perché dovrei. Ormai l'ho accettato: diventerò madre a diciassette anni. E sinceramente non ho voglia di rovinarmi il compleanno per sentire i loro commenti su " sei troppo giovane per diventare madre". 

Così mi metto accanto a Leo, seduta al tavolo in modo da avere un accesso continuo alle merendine e stuzzichini vari, riempendomi la bocca di patatine in modo da non rispondere a domande, a mio parere, inadeguate. 

« Non doveva esserci anche tuo padre? »chiede Leo, giocando con i miei capelli. E' qualcosa che ha iniziato a fare da poco, ma mi piace parecchio. E' rilassante e in qualche modo il suo continuo contatto è un calmante. 

Alzo le spalle, osservando mio zia Rosina mentre parla con mia madre, ricordando di quando era nata sua figlia Margherita, anche lei probabilmente impegnata in qualche lezione di "biologia" con il suo nuovo ragazzo. Lei probabilmente è quella che mi ha lanciato più occhiate di disapprovazione da quando è entrata. Ci godrei se anche sua figlia rimanesse incinta! 

« Doveva, forse ha deciso che una figlia adolescente incinta era troppo per la sua vita monotona e tranquilla » sbotto, facendo ticchettare le dita sul ventre e sentendo che la bambina inizia a muoversi. Dove io colpisco con i polpastrelli poco dopo sento un calcetto dall'interno. All'inizio era strano, quasi inquietante, poi è diventato bellissimo. Posso comunicare con mia figlia. 

Non vedo che nasca, anche se sono solo al sesto mese non ne posso più. La voglio vedere fra le mie braccia, voglio sapere da chi ha preso il colore dei capelli, dove quello degli occhi. Se ha il nasino a patatina. 

«Mi dispiace » mi sussurra all'orecchio, continuando a giocare con i capelli. 

Sofia si gira verso di noi, tenendo Andrea in braccio e facendolo giocare con alcuni cubetti di plastica colorata. Continua a metterseli in bocca, riempendoli di saliva, e poi li lancia lontano da lui. 

« Senti già la bambina scalciare? »

Le sorrido, anche perché mi ricordo bene il pranzo di qualche settimana prima. Sorrido, provando a cancellarmi dalla mente le sue parole. «Si, ogni tanto. Soprattutto quando attorno a me c'è rumore »

«Hai già deciso il nome? »

Scuoto la testa, rivedendo nella mia testa la lista delle cose da fare. Scegliere il nome non è la priorità, anche perché mia madre mi ha sempre detto che io dovevo chiamarmi Sara. Ma quando sono nata mi ha guardato negli occhi e ha detto che il nome Melissa le era venuto spontaneo. 

Spero solo che anche a me succeda. Scegliere un nome è veramente difficile, anche perché non voglio che venga presa in giro. Di certo non la chiamerò Assunta, Licenziata, Natalina, Pasqualina o con nomi del genere.

« Ma io non ho capito una cosa > commenta zia Rosina, alzando lo sguardo da Sofia e Andrea. « Ma Leonardo è il padre del bambino? »

< No, zia > per la centesima volta < Leo non è il padre. Maurizio, il mio ex ragazzo è il padre >

< E perché non è qui con noi? >

< Perché ci siamo lasciati e ora io sto con Leo > spiego, sentendo la pazienza prenotare un biglietto aereo dritto a "quel paese". 

Leo le sorride, anche se so quanto gli costi. Starmi accanto sapendo che partorirò una bambina non sua, ma qualcosa che mi ricorderà sempre Maurizio, non deve essere facile. Eppure lui lo fa sembrare come la cosa più normale al mondo, e credo di amarlo veramente per questo. 

Il citofono suona, salvandomi da mandare a cagare una zia che non vedo da sei mesi e mezzo. Ma chi si pensa di essere per fare tutte queste domande! Va bene, mia nonna era la sorella di sua madre, ma questo per me non vuol dire nulla. Ho sempre creduto che la famiglia fosse più che semplici legami di sangue. La genealogia è una cosa, l'amore che lega delle persone rendendole una famiglia è tutt'altra cosa. Almeno a mio parere. 

< E' tuo padre > annuncia mamma, con un sorriso dispiaciuto. Probabilmente nemmeno lei ci sperava alla sua presenza, eppure si è presentato. 

La mano di Leo si fa strada nella mia e la stringe forte, dandomi più coraggio di quanto tutto l'alcool del mondo possa fare. 

Aspetto con il cuore in gola di vedere mio padre varcare la soglia, le immagini della nostra catastrofica cena che si affollano come api ( e io sono allergica alle api) nella mia testa. 

E poi finalmente accade. La porta si apre e lui entra, serio. Non mi ricordo più nemmeno com'è il suo sorrise. 

Il suo sguardo gelido si dirige verso di me. < Buon compleanno Melissa >

< Grazie papà > dico, nel silenzio che è piombato nella stanza. Tutti, qui dentro, sono a conoscenza del mio rapporto con lui. 

Antonio gli va incontro, sorridendogli e stringendogli la mano in gesto di saluto. E' così strano che sia venuto. 

Eppure è proprio davanti ai miei occhi e sta parlando con mia madre e con il suo compagno, con i genitori di Leo. Sembra tutto così normale da far male.

Dopo mezz'ora si avvicina a me, la testa china e le mani in tasca. < Come.. Come stai Melissa? >

Mi irrigidisco, anche perché mi mette sempre ansia parlare con lui. < Bene, grazie. >

< Il... il bambino? >

< e' una femmina > lo aggiorno. Lo avrebbe saputo se fosse stato più presente nella mia vita. Almeno una volta ci sentivamo, anche via Skype o coi messaggi. Ma almeno parlavamo. 

< Tua... tua madre mi ha detto che tra due settimane partirai per la casa al mare dei Rozza >

Annuisco, distante. < Si, esatto. Per le prime due di luglio >

< Ti.. ti va di passare da me un giorno? Così possiamo andare a pranzo fuori e parlare. Solo noi due >

Lo guardo, come se non riuscissi a credere a quello che aveva appena detto. Annuisco, sentendo un sorriso di speranza farsi strada sul mio volto. < Molto volentieri >

Lui annuisce, accennando un sorriso scarso. < Ah, questo è il tuo regalo. Spero che.. bhe, usali per te e la bambina > dice porgendomi una busta. 

Lo ringrazio con un sorriso e apro curiosa la busta. Quando vedo un assegno da mille, e dico 1000, euro per poco non inizio a gridare per la gioia. Seriamente, mi alzo e corro ad abbracciarlo.

Con questo ha decisamente rimediato a tutti i regali schifosi degli anni precedenti, dove non c'era nemmeno la maggior parte delle volte. 

Forse non sta andando poi così male. 

Out of love - Tutto per amore - In PausaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora