Pensieri e confronti - 8

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Ecco un nuovo contributo anonimo al nostro viaggio. Trovo che l'esperienza raccontata in questo messaggio sia particolarmente interessante perché si  sofferma su stereotipi e ruoli di genere con cui un po' tutti possiamo ritrovarci a fare i conti.

Salve a tutti.
Da piccola volevo essere un maschio. Volevo vestirmi come un maschio, volevo i giocattoli dei maschi, volevo i capelli cortissimi, mi piaceva passare il mio tempo con i maschi giocando a pallone. Contemporaneamente, il paesino in cui vivo e in cui sono cresciuta è molto chiuso e legato alle tradizioni, quindi, nonostante fossi solo una bambina, mi è stato sempre ripetuto da tutti che dovevo essere più femminile, altrimenti "nessun uomo avrebbe voluto sposarmi". Non sto qui a elencare tutte le volte che mi è stata strappata una pistola giocattolo dalle mani e sostituita con una barbie. Così mi attenni alla volontà dei miei genitori, comprai la più bella delle bambole, iniziai ad indossare delle gonne, mi feci crescere i capelli, mi costrinsi a fare amicizia con le bambine della mia classe e smisi di giocare a calcio. Fu un processo molto più lento e doloroso di come sembra, c'erano giorni in cui piangevo per ore guardandomi allo specchio, e altri in cui perfino riuscivo ad amare il mio nuovo riflesso, tutto rosa e con portamento elegante. Sto parlando di me che avevo intorno ai 6-7 anni. Era come se dentro di me stesse cercando di rimanere vivo un falò sotto la pioggia. E ogni singola volta che pensavo di fare uno strappo alla regola, ogni volta che mi passava per la mente di fare un tiro a pallone o vedere una puntata di Yu Gi Oh, ripensavo alla frase che a mia nonna piaceva tanto ripetermi: "nessun uomo ti vorrà sposare così come sei". Per una bambina, e, nel mio caso, una bambina molto sensibile, la paura di morire da sola era straziante. Comunque, in risposta alla domanda che sono sicura molti di voi si staranno facendo, non ho la minima idea di che orientamento sessuale io sia. Sono molto confusa, e all'inizio mi rimproveravo quando mi scoprivo a guardare in modo osceno una ragazza. Superata la angosciante e disperata fase del "forse ho qualcosa che non va", ho deciso di aspettare di incontrare la persona giusta. Maschio o femmina, voglio sperimentare, e se la cosa non dovesse piacermi con uno dei due sessi semplicemente mi fermerei e avrei conferma del mio orientamento. Perché so che c'è un abisso tra reputare una ragazza o un ragazzo carina/o e l'attrazione sessuale, è il mio genere, l'aspetto con cui voglio presentarmi, che è il chiodo fisso con cui mi sveglio ogni mattina, il taglietto fastidioso sotto il palato che continuo a tormentarmi con la lingua. Sulla mia sessualità non sento di voler appartenere a un gruppo, non ho l'ansia di trovare qualcuno con cui stare, ho respinto ogni ragazzo che si era dichiarato, accetto volentieri di uscire quando capita che qualcuno me lo chieda, ma quando qualcuno provava ad "andare oltre", mi sono sempre sentita a disagio e ho semplicemente rifiutato. Quando si è piccoli non si pensa a queste cose, non pensavo a trovare un fidanzatino. Semplicemente, le sorprese del Pasqualone Boy mi piacevano di più di quelle del Pasqualone girl, mi piaceva fare a botte, mi piaceva arrampicarmi sugli alberi e sporcarmi le mani, tutte cose che le bambine che conoscevo non facevano, quindi mi piaceva definirmi in modo del tutto candido e spontaneo un maschio. Ciò non significa che trovassi una qualche precoce attrazione nel corpo femminile, o che alcune delle mie amiche più femminili non piacesse giocare a pallone. Ma la mia famiglia non era d'accordo.
Forse, se mia madre non avesse spento la televisione ogni volta che mi scopriva a guardare Dragon Ball o Naruto, oggi non resterei ore a fissare l'armadio la mattina. Ripeto, forse. Capisco che non è tutto riconducibile a ciò che mi è stato vietato o imposto di fare da bambina. Così, ho vissuto per molto tempo in quei vestiti rosa. Feci promemoria di frasi del tipo "le signorine sono calme ed educate" "le signorine sono sorridenti e calme" "le signorine fanno i servizi e aiutano la mamma a cucinare". Mi costruii un rifugio, al riparo dai pregiudizi, lontano dai rimproveri e gli insulti.
Solo qualche tempo fa, in quella fase adolescenziale in cui si cerca di guardare oltre il proprio riflesso, in cui ci si volta e si guarda con rimpianto la propria infanzia, ho provato a scavare in profondità. Ho provato a ripercorrere i miei passi, a soffermarmi davanti ad ogni vetrina in cui vedo uno smoking, a concedermi qualche lacrima quando infilo una gonna.  Tutt'ora sono in quella fase. Sentirei di star mentendo, se omettessi che, ogni volta che i miei genitori fanno un commento disgustato quando si parla di matrimoni gay o omosessualità in generale in televisione, non desideri di farla finita. Letteralmente. Parlo a voi, piccoli omofobi curiosi che siete finiti a leggere questa storia, pensate bene alle conseguenze che le vostre parole potrebbero procurare, prima di pronunciarle.
E magari non pronunciatele.
Adesso, che indossi una gonna o una felpa, non posso evitare di sentirmi a disagio con entrambe.
È dura, dio mio, è un casino. Ma so di non essere l'unica e so che in qualche modo ne uscirò. E ci tenevo a dire, a tutte le persone che si trovano nella situazione in cui ho vissuto da bambina, che non dovete fare ciò che la televisione suggerisce facciate, non dovete farvi condizionare dall'ambiente in cui vivete, non dovete essere ciò che le persone che vi circondano si aspettano che siate.
Quello che siete va ben oltre quello che avete tra le gambe o il corpo da cui vi sentite più attratti.
Sono certa che in futuro anche il pensiero generale del paese in cui vivo cambierà, magari un giorno in una pubblicità di Ciccio Bello vedremo un bambino, chi lo sa.

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