Capitolo 5 - giocare col fuoco

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Namel le aveva ordinato di svegliarlo al sorgere del sole e così fece Kiral. La notte era trascorsa tranquilla, per fortuna: non sarebbe stata in grado di difendersi da nulla. Mentre Namel dormiva aveva anche provato a impugnare il suo arco, ma aveva avuto difficoltà anche solo a incoccare la freccia, quindi aveva capito di non essere in grado. Qualcosa, però, doveva pur imparare a fare, altrimenti non sarebbe sopravvissuta tanto a lungo. Doveva solo capire cosa.

Quando Namel si risvegliò, partirono senza indugiare troppo, si concessero mezza pagnotta a testa per riempire lo stomaco. Avevano ormai raggiunto il fiume, quindi era sufficiente costeggiarlo per giungere alla muraglia. Non dovettero camminare a lungo: proprio come le aveva detto Namel, se non si fossero fermati per quel compito disgustoso sarebbero arrivati la sera prima.

Kiral guardò colpita quell'immensa costruzione che si stagliava davanti a loro: era alta almeno venti braccia e scavalcarla sarebbe stato impensabile. Poi guardò il fiume: per superare la muraglia, si sarebbero dovuti immergere.

«Non so nuotare» ammise. «Come possiamo fare?»

«Fidati di me, la corrente non è forte, ciò che mi preoccupa è la parte successiva.»

«Perché, cosa viene dopo?»

«Dall'altra parte non sappiamo com'è il terreno. Potrebbe esserci un bosco, e sarebbe perfetto, ma potremmo trovare anche una distesa desertica senza nulla che ci possa nascondere.»

«Vuoi dirmi che non hai neppure una mappa?» domandò lei, stupita da una tale dimenticanza.

Lui scoppiò a ridere, ma era una risata amara. «Dove vivi? Mappe? Sei sicura di essere di questo mondo?»

«Cos'ho detto di strano? So cos'è una mappa e mi sembra di averne già viste, quindi credevo che fosse un oggetto di uso comune.»

«Forse al palazzo del tiranno, ma chi vive nella capitale non sa nulla sul mondo esterno. Non ci sono contatti tra la capitale e il resto del regno, quindi avere una mappa della regione sarebbe un'utopia.»

«Non sei mai stato all'esterno?»

«Oh, io ci sono nato, dall'altra parte. Non ero ricchissimo, ma stavo bene e avevo una moglie e una bella figlia. Ero un falegname, un giorno venne da me un soldato e mi propose di andare a vivere nella capitale, mi disse che il re aveva bisogno di gente come me.

«Quando venni qui, capii che gli abitanti della capitale sono trattati come bestie da macello. Prende i bambini per farne dei soldati, chiede l'impossibile ai sudditi, li spreme fino all'osso. Chi viene da questa parte, non può oltrepassare la muraglia vivo, è così che il re vuole che vadano le cose.»

La ragazza stava incominciando a capire il perché di tutto quell'odio verso un singolo individuo, ma non riuscì a provare compassione per chi accettava quella vita senza combattere. Se qualcuno avesse cercato di sfruttarla in tal modo, avrebbe cercato di ucciderlo nel più doloroso dei modi. Decise di tornare a concentrarsi sul problema principale. «Insomma, possiamo solo sperare che dall'altra parte ci sia un bosco o qualcosa del genere.»

«Esattamente, altrimenti potremmo ritrovarci a essere un bersaglio facile.»

«E la base dei ribelli dov'è?»

«Si dice che sia da qualche parte nelle montagne che ci sono a nord, ma nessuno sa di preciso dove. I casi sono due: o andiamo alla cieca oppure cerchiamo informazioni.»

«Quanto potremmo impiegare se non ci fermassimo a chiedere informazioni?»

«Decisamente troppo, a meno di non avere un colpo di fortuna.»

La memoria di un'ala dorataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora