Capitolo 12

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Mi resi improvvisamente conto, qualche mattina dopo, che Settembre non era poi così lontano come il mondo voleva farmi credere.
Mi ero auto convinta che Settembre non sarebbe mai arrivato. Ma, con un’uggiosa giornata, si era infiltrato nelle nostre vite, aveva colorato di grigio il cielo che per troppi mesi era rimasto azzurro. Le nuvole erano tornate, il vento era tornato, la pioggia era tornata.
Mi sembrava tutto così dannatamente romantico.
Mi faceva venire voglia di innamorarmi, o di dichiarare il mio amore segreto mai svelato in diciotto anni di vita. Ma no, stavo solo divagando. Quale amore, io non ero fatta per l’amore, e l’avevo dimostrato in più di una occasione. Dannato amore, dannatissimo amore. Quanto avevo sofferto per amore. La pioggia mi ci faceva pensare. La pioggia mi faceva riflettere sulla mia stupidaggine e mi faceva pensare che forse avrei potuto sistemare le cose anziché mandare tutto a puttane ogni volta.
Settembre, inizio dei dannati test universitari, inizio della palestra, inizio di una nuova vita? Speriamo.
Maledetti test d’ammissione. Dovevo andare lì a dimostrare chissà cosa a chissà chi. La demenza del numero chiuso. Come potevano valutare la mia capacità di sopravvivenza all’università e la mia possibilità di riuscita da un dannato test a crocette? Non era fattibile come cosa. E come ogni cosa demente, riuscivano in essa solamente i dementi. Ovviamente.
Era un pomeriggio caldo, e io continuavo a divagare. Settembre si era proposto così bene, pioggia, vento e freddo. E ora, era iniziato solo da pochi giorni, ma il mio ventilatore era nuovamente acceso. Un caldo soffocante era tornato e tenerci compagnia nelle nostre umili e inutili vite.
Con quel caldo quella sera decisi che sarei tornata in palestra. Due mesi di pausa erano più che sufficienti, era ora di riniziare!
Un pensiero all’improvviso mi travolse, nel vero senso della parola.
Il vecchio!
Il mio vecchio! Andava ancora in palestra? Mi avrebbe ancora guardato? Almeno di sfuggita, almeno un secondo, giusto per poter osservare i suoi profondi occhi scuri belli da morire.
Durante l’allenamento ero eccitata ed emozionata all’idea di rivederlo, ma la cosa mi preoccupava un po’. Non avevo più ripensato a lui, e rivederlo l’avrebbe fatto tornare tra i miei pensieri, e io avrei continuato ad immaginare storie impossibili tra noi, passioni travolgenti, matrimoni finiti. Alla fine dell’allenamento, uscendo dalla sala, lo vidi e tutti i pensieri dell’ora precedente sparirono in un lampo. Non mi importava più di niente. I miei pensieri cominciarono per l’ennesima volta a fantasticare sul Vecchio, sul suo corpo perfetto, sulle sue labbra sottili, sui suoi occhi penetranti. E non mi importava. Anche se rimanevano solo fantastiche fantasie mi piacevano.
Mi persi nuovamente nei suoi occhi, mentre, sognante, mi dirigevo nello spogliatoio.
Dio quanto era sexy.
Indossava dei jeans scoloriti e una camicia a quadri stile boscaiolo. Avevo voglia di strappargliela via quella camicia. Sfogliava le pagine del quotidiano in un modo dannatamente sensuale. E poi alzava gli occhi scuri, con indifferenza, per vedere se vi erano novità in palestra. Salutava qualcuno, e sorrideva. Un sorriso bellissimo!
La sua immagine mi abbandonò solo una volta che, tornata a casa, mi addormentai felice.
La mattina dopo chiamai Stefano. Era da molto che non ci sentivamo ed erano tante le cose che gli dovevo raccontare, ma soprattutto non avevo ancora avuto occasione di raccontargli la notte passata con Corrado e Michele. E Stefano lo doveva assolutamente sapere.
L’avrei raccontata solo a lui quella notte. Nessun altro l’avrebbe mai saputo. Erano cose private che non si dovevano sapere. Ma di Stefano ci si poteva fidare, sapeva tenere i segreti, sapeva ascoltare le persone e non criticava nessun comportamento. Ma, cosa ancora più importante, non giudicava nessuno.
Gli raccontai tutto e lui sembrava particolarmente sorpreso ma comunque felice per me. Dopo un attimo di silenzio iniziò con le domande. E io, con calma rispondevo.
“Bello?”
“Devo dire di si…” Dissi ridendo. “Non ricordo molto, ma ciò che ricordo è particolarmente piacevole.”
Stefano rise dall’altra parte.
“Anche a lui piacciono le sorprese?” Chiese ad un tratto. “Ti ha detto esattamente così?”
“Si. Perché?”
“Vuole che gli organizzi una cosa a tre con una pivellina!”
“Ma dai, non dire cazzate.” Ero sbalordita.
“Vedremo mia cara.”
Risi. E poi gli raccontai del Vecchio. Non c’era molto da dire, infatti mi limitai a raccontargli quanto fosse bello e quanto mi eccitasse. 

Tutte le cose che avrei voluto direDove le storie prendono vita. Scoprilo ora